Roberta Miraglia, Il Sole 24 Ore 3/3/2011, 3 marzo 2011
SATELLITI RUSSI PERSI NELLO SPAZIO - È
toccato al vicepremier Serghei Ivanov, putiniano di ferro, strigliare quelli dell’agenzia spaziale. «Non è possibile commettere errori tanto infantili e dalle conseguenze così gravi!» è sbottato due giorni fa. Poi l’avvertimento che, sulla bocca di un componente della fazione siloviki (gli ex colleghi di Kgb di Putin), deve essere suonato sinistro. «La ripetizione degli errori del recentissimo passato non sarà più tollerata».
Mosca ha un problema e arriva dallo spazio: satelliti che si tuffano per sbaglio nell’oceano o perdono l’orientamento diventando incontrollabili, produzione di navicelle in grave ritardo. Piccoli flop, inanellati però nel giro di poche settimane. In un momento che più inopportuno non avrebbe potuto essere: il 12 aprile la Russia celebra i cinquant’anni del primo volo spaziale di un essere umano, un cittadino dell’Urss; il paese ricorda il trionfo della tecnologia sovietica su quella americana nella corsa spasmodica alla conquista dell’Universo mentre sulla Terra è in corso la Guerra Fredda e il conflitto riecheggia nel buio profondo del cielo.
In rampa di lancio quest’anno, con decine di veicoli spaziali, ci sono gli sfarzosi festeggiamenti per Yurij Gagarin, sepolto nelle mura del Cremlino tra gli eroi della patria. Eventi, mostre, immagini dell’astronauta con il casco bianco in fibra di vetro sormontato dalle quattro lettere, CCCP. Icone di una grandezza che vanno scolorendosi sotto gli occhi irritati del governo. Il 2011 è stato dichiarato l’anno dello spazio a Mosca che, a mezzo secolo dal primo successo made in Urss, vuole ridare alla Russia un posto d’onore nello spazio.
A gennaio Vladimir Putin ha annunciato con orgoglio il massiccio programma di ricerca che coprirà i prossimi venticinque anni. Solo quest’anno i finanziamenti ammontano a 3,8 miliardi di dollari. «Programmiamo di lanciare 50 veicoli nell’orbita terrestre - ha detto il capo del governo - fisseremo inoltre gli obiettivi per il sistema Glonass fino al 2020». Glonass, appunto. Qui cominciano i guai per l’Agenzia spaziale. È il network russo di navigazione satellitare che deve garantire al paese una "sovranità" nel campo e rivaleggiare con lo statunitense Gps. Il 5 dicembre scorso tre satelliti del programma Glonass si sono inabissati nell’Oceano Pacifico provocando alla Russia una doppia ferita: alle casse statali (danno da 168 milioni di dollari) e all’onore, con i preziosi prodotti tecnologici affondati nel mare di fronte alle americane Hawaii. L’inchiesta ha concluso che erano stati effettuati errori nel calcolo della quantità di carburante.
Non si era ancora spenta l’eco del triplo fallimento che un altro problema era già nell’aria. Ad andare in tilt, nei giorni scorsi, è stato un satellite militare di nuova generazione, il Geo-Ik-2 costruito per misurare la forma della Terra e immagazzinare dati sulla forza di gravità, potenzialmente utile nella guida dei missili balistici. I tecnici di Roskosmos, l’agenzia spaziale russa, hanno perso il contatto quasi subito ma erano ancora fiduciosi di poterlo recuperare. Finché ieri - stando alle rivelazioni di Kommersant - si è appreso che al satellite è venuto a mancare un alimentatore ed è ormai fuori controllo. Pare abbia perso l’orientamento sul sole, necessario a navigare visto che è alimentato con pannelli solari. Gli eventuali errori non sono di poco conto perché il razzo vettore andato in avaria è un modello che dovrebbe essere montato su parecchie navicelle.
Per il capo dell’agenzia Anatolij Perminov le cose si complicano. Già due anni fa il coriaceo direttore giustificava due lanci falliti di altrettanti Soyuz, costretti a un precipitoso ritorno a terra, con la carenza di fondi. Il programma spaziale avrebbe bisogno di almeno tre miliardi di dollari l’anno - diceva - (circa lo 0,2% del Pil 2008) ma il budget allora ammontava a 1,23 miliardi, gran parte dei quali - 600 milioni - finiva al progetto Iss congiunto con Nasa e Agenzia europea. Il paese, spiegava, non è riuscito a sostituire il suo parco per la produzione, ormai obsoleto, e anche la forza lavoro dell’industria aerospaziale sta invecchiando e non si trovano rimpiazzi.
Scuse più difficili da sostenere adesso mentre la Russia celebra la capsula Vostok che permise a Gagarin di dire al mondo: «La Terra è bellissima, azzurra e non ci sono confini o frontiere».