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 2011  marzo 03 Giovedì calendario

Zarzis, il porto dove i trafficanti preparano l’assalto a Lampedusa - Zarzis (Tunisia). «La mia barca è arrivata? Sono contento è una gran bella barca e io ci tengo ancora»

Zarzis, il porto dove i trafficanti preparano l’assalto a Lampedusa - Zarzis (Tunisia). «La mia barca è arrivata? Sono contento è una gran bella barca e io ci tengo ancora». Al telefono il signor Maher, chiamiamolo così, sembra entusiasta di appren­dere della trionfale entrata a Lampedusa della sua Taisir e dei suoi 347 passeggeri. «Quando dieci giorni fa mi hanno offerto di venderla mi piangeva il cuore, l’avevo ac­quistata un paio di anni fa e per attrezzarla ci avevo speso quasi 500mila dinari (357mi­la Euro). Purtroppo con quel che si guadagna in mare di questi tempi non ci pagavo più neanche il leasing, le ban­che minacciavano di portar­mi via la casa e così ho smonta­to gru, reti, celle frigorifere e attrezzature e l’ho venduta a quelli... Ci ho fatto quanto ba­stava a chiudere i debiti, ma almeno dormo tranquillo». La storia del barcone di Farhat e dei 347 clandestini appena approdati a Lampe­dusa qui a Zarzis la conosco­no tutti. Almeno tutti quelli che passano le giornate tra le banchine di questo porticcio­lo di pescato­ri e gli affollati caf­fè dove si contratta un passag­gio per l’isola dei sogni. In que­sto crocevia di tavolini fumo­si, banchine semi deserte e spiagge sabbiose s’incrocia­no i fallimenti e i sogni di Zar­zis, le disgrazie e le illusioni di questo porto di 110mila abi­tanti arroccato tra gli sfarzi tu­ristici di Djerba e i traffici oscu­ri del confine libico. A gestire la roulette della disperazione son pochi croupier senza scru­poli. E senza volto. «Con loro amico non si parla, loro sono come la mafia, controllano, pagano e incassano ma non parlano», ti avverte Anwar. Le vetrine della sua Boutique Champs Elysees, vero regno dei jeans e delle scarpe da ten­nis taroccate s’affaccia sulla «medina» di Zarzis Le sue ve­trine sono una finestra aperta su questa grande lotteria del­la speranza e del profitto. «Quello della Taisir sognava solo di disfarsi della nave e quelli ne hanno subito appro­­fittato. Le grosse imbarcazio­ni sono una manna, le com­pr­ano a due soldi e ci fanno so­pra una fortuna. Il nostro ami­co pur di salvarsi dalle ban­che si sarà accontentato di meno di 400 mila dinari (260mila euro). Loro invece hanno venduto i biglietti per Lampedusa a 2.000 dinari (1.429 euro) l’uno, hanno in­cassato quasi 690mila dinari, e tolte le spese se ne sono mes­si in tasca 250mila puliti, puli­ti ». Quello delle spese è un altro capitolo. A raccontartelo ci pensa Yassine, un pescatore 50enne veterano di tanti viag­gi al timone. «Le uniche spese sono il carburante e un bravo timoniere come me. Di notte non siamo in tanti a indovina­re la rotta per Lampedusa. Certo oggi c’è il Gps, ma l’esperienza conta.Se vuoi ar­rivare devi conoscere le cor­renti, evitare le motovedette e sfuggire ai radar. Per questo a noi offrono sempre tanti sol­di ». Di cifre Yassin non parla, ma a Zarzis sono il segreto di Pulcinella. Se il timone è quel­lo di un barcone importante la ricompensa arriva a 25 mila dinari (18mila euro) incassati in anticipo e nascosti sotto il materasso. I soldi non sono l’unico vantaggio. «Se nessu­no ci denuncia abbiamo la certezza di tornarcene a casa comodi, comodi perché una volta a Lampedusa dobbia­mo solo supplicare di tornare in Tunisia per ottenere un vo­lo di rimpatrio pagato dal vo­stro governo». Non a tutti va così di lusso. Chiedetelo a Jawar Gobba, un ragazzone di 23 anni scampato alla trage­dia del barcone speronato il 18 febbraio scorso da una mo­­tovedetta. «Ero stufo di fare il pescatore sulla mia bagnaro­la, di guadagnare 35 dinari la notte quando va bene e di ri­metterci i costi delle reti quan­do va male. Per trovare i due­mila dinari ho chiesto aiuto ai i parenti, ho promesso di resti­tuire tutto appena trovavo un lavoro in Italia o in Europa, in­vece quella mattina dopo 13 ore di navigazione ci è arriva­ta addosso una motovedetta e ci ha tagliato in due. Ho visto morire i miei amici, mi son detto che non l’avrei mai più fatto, ma qui a Zarzis non si ca­va un ragno dal buco e io ci sto già pensando di nuovo». In effetti la situazione ri­schia pure di peggiorare. Da giorni porto e città sono inva­si dagli 85mila profughi sputa­ti dal confine libico di Ras Ajdir, 70 chilometri più a sud. Assieme agli egiziani arriva­no da ieri anche migliaia di ni­geriani, chadiani, ghaniani e altri africani terrorizzati di es­ser scambiati per mercenari e venir fatti fuori dagli insorti anti Gheddafi. «In teoria vo­gliono tutti tornarsene a casa, ma dategli qualche settimana e incominceranno anche loro a sognare Lampedusa» - ripe­te convinto Marouane men­tre al volante del suo taxi ti ac­compagna tra i promontori sabbiosi della spiaggia di Lal­la Marien, appena tre chilo­metri oltre i grandi alberghi di Zarzis. «Questa è da sempre la zona preferita per gli imbar­chi, dateci qualche notte e questo diventerà il più gran­de porto della Tunisia».