ELENA STANCANELLI , la Repubblica 2/3/2011, 2 marzo 2011
E PLAYBOY CREO L’UOMO
Che cos´è un maschio? Qual è l´archetipo dal quale deriva il sogno dell´harem, dell´eterna potenza sessuale che non cede all´età, della contabilità doppia di matrimonio e poligamia? Beatriz Preciado, filosofa spagnola e docente universitaria a Parigi, allieva di Derrida, lo racconta in un saggio intitolato Pornotopia, pubblicato in Italia da Fandango (traduzione di E. Rafanelli, pagg. 224, euro 16,50). Intelligente e divertente biografia di Playboy, «la più influente rivista per adulti del mondo» (negli anni Sessanta Playboy ha circa sei milioni di lettori) e del suo creatore Hugh Hefner. Dove si racconta come le conigliette e il letto tondo girevole, i pigiami di seta e la grotta trasparente abbiano formato il nostro immaginario, non solo erotico. A Beatriz Preciado chiedo prima di tutto che cosa si intende col termine Pornotopia.
Pornotopie sono luoghi di eccezione, eterotopie (secondo la definizione di Foucault) legate al sesso, isolette biopolitiche nelle quali si sospendono le leggi di genere e sessuali che reggono la città. Sono pornotopie i bordelli, le backrooms, i quartieri cinesi ed i quartieri gay, i peepshows, i locali di scambi di coppie, le hotlines, i portali porno su Internet... I conventi invece sono pornotopie invertite, enclaves distopiche nelle quali la regola è la restrizione del piacere sessuale. La Mansion di Playboy è un perfetto esempio di Pornotopia.
Il primo numero di Playboy, quello con Marilyn Monroe nuda, è del 1953. È un attacco frontale al modello maschile alla Mad Men, il marito/ soldato, discendente diretto del cowboy.
«Mad Men riflette perfettamente il contesto politico-sessuale dell´America maccartista degli anni Cinquanta, una situazione nella quale i maschi bianchi detenevano tutto il potere, ma erano sottoposti a una legge di genere e sessualità molto rigida, che potremmo chiamare imperativo eterosessuale urbano. La società americana della Guerra Fredda fa della famiglia eterosessuale il nucleo della riproduzione nazionale e del consumo, l´equivalente della fabbrica fordista di produzione del capitale. Le donne, riproduttrici, venivano relegate in paradisi domestici suburbani (le villette unifamiliari), identificabili facilmente come architetture penitenziali. Gli uomini uscivano la mattina per andare a lavorare in città. La casa era dominio esclusivo della donna. In questo contesto repressivo, Playboy inventa un modello diverso, che è un ibrido di tre mascolinità diverse, addirittura in conflitto tra loro. Il libertino del XVIII secolo, il dandy di fine Ottocento, esteta, raffinato sperimentatore sessuale, libero dal giogo del matrimonio eterosessuale, e il teenager, l´adolescente eterosessuale bianco della classe media, nuovo consumatore amorale, tutto sesso droga e rock and roll».
Questo nuovo maschio inventato da Hefner, lei spiega, si ispira alla spia, James Bond. Per lui serve una nuova casa, consona al suo nuovo stile di vita.
«Abbandonata la villetta a schiera, il maschio Playboy si trasferisce in città, nel suo lussuoso penthouse da scapolo. Che arreda secondo il suo gusto "maschile", riempendolo di cose in astucci di cuoio, binocoli, stereo, macchine fotografiche... eliminando la cucina, facendo spazio a gadget tecnologici di vario genere. Nasce l´archetipo del sultano in pigiama, che non esce mai dalla sua casa. Si racconta che Hefner non abbia mai lasciato la Mansion per quarant´anni, se non spostandosi sul suo Big Bunny, il mitico aereo nero attrezzato come una Mansion in miniatura. Tutta la casa è sorvegliata da un impianto di telecamere a circuito chiuso che permette di filmare e pubblicare molte di queste immagini nella rivista Playboy. Senza mai alzarsi dal mitico letto tondo girevole Hefner può "viaggiare senza spostarsi" (secondo la definizione di Deleuze) e gestire i suoi affari attraverso quella che diventa una "protesi multimediale farmacopornografica" che rompe la distanza metafisica tra macchina e corpo. Questa è l´utopia di Hefner: creare una fabbrica sesso-mediatica, nella quale un uomo possa vivere rinchiuso con un gruppo di ragazze, un bordello domestico multimediale che è allo stesso tempo il centro di produzione di un gruppo internazionale di comunicazione. Può sembrare banale: Hefner sogna di creare uno spazio domestico, maschile eterosessuale, poligamo e urbano. Ma in verità si tratta di un attacco frontale alle strutture di genere e sessuali che dominano la società negli anni Cinquanta».
Si può dire che Hefner abbia inventato il reality show?
«Effettivamente, Hefner è il primo che nel 1959 installa un set televisivo nel salone di casa sua, dentro la Playboy Mansion di Chicago, trasmettendo quelle che era presunte feste "private". La Mansion si converte in questo modo nel primo parco di attrazioni sessuali domestiche e nel primo bordello multimediale della storia. Playboy contribuisce in questa maniera alla trasformazione dell´intimità e della domesticità in spettacolo pubblico, o detto con altre parole, alla teatralizzazione mediatica di questa fiction borghese costruita nel XIX secolo e che fino a questo momento, era stata chiamata "Vita privata"».
Qual è la sua definizione di pornografia? E in che cosa, secondo lei, differiscono erotismo e pornografia?
«La parola pornografia compare per la prima volta in Europa intorno al 1755, come effetto della controversia che suscitò la scoperta delle rovine di Pompei raffiguranti scene sessuali. Nacque in quell´occasione l´esigenza di una nuova tassonomia, per stabilire la distinzione tra oggetti accessibili alla vista di tutti, e oggetti vincolati a una custodia particolare. Gli oggetti e le immagini considerati come sessuali furono chiusi nel museo borbonico, che successivamente divenne il museo segreto di Napoli. La nozione moderna di pornografia è quindi prima di tutto una nozione museistica, serve a dividere il lecito dall´illecito. Pornografico è ciò che viene nascosto dentro il museo, e può essere visto soltanto da aristocratici, maschi, adulti. La pornografia nasce come strategia di segregazione dello spazio visivo e di esclusione. Credo che possiamo pensare alla distinzione contemporanea tra pornografia ed erotismo come un derivato storico di questa divisione dello spazio pubblico. La differenza tra erotismo e pornografia non è ontologica ma culturale, giuridica e politica. E non è vero, come si tende a pensare che la pornografia è maschile e l´erotismo è femminile. La pornografia è stata tradizionalmente maschile soltanto perché le donne ne erano escluse».
Quindi non esiste una pornotopia progettata da donne? Il concetto di eterotopia, proposto da Foucault, ha senso solo in un immaginario maschile?
«Non in assoluto. Il problema è che spesso i soggetti subalterni non hanno il potere economico per materializzare la pornotopia. Alcuni esempi di pornotopie non maschili ci sono: penso al salone letterario creato da Natalie Barney al numero 20 di Rue Jacob, a Parigi, all´inizio del XX secolo. O alla casa E. 1027 costruita nel 1926 nel sud della Francia dall´architetta omosessuale Eileen Grey (e dopo occupata da Le Corbusier) e ancora alla Woman House, realizzata come progetto sperimentale nel 1974, in California, dalle artiste Judith Chicago e Miriam Shapiro».