NELO AJELLO , la Repubblica 2/3/2011, 2 marzo 2011
2 MARZO L´ITALIA ORA VA DI MODA E I SAVOIA SI RIFANNO IL LOOK
Corone, medaglie, coccarde, croci. Distintivi, targhe, iscrizioni. Monumenti rievocativi. Memorie di gesta ancora da compiersi o appena condotte a termine. Celebrazione di eroi, a volte in gara tra loro. Non c´è un´imbarcazione, una fortezza, un cannone cui non venga assegnato in fretta un nome da ricordare con orgoglio (al largo di Messina, la cui cittadella è ancora in mano ai borbonici, incrociano due navi, la Vittorio Emanuele e la Cavour). Si ascolta con sdegno una musica che non suoni Italia. Si esaltano, soprattutto, le glorie nostrane per guarire dalla mania di celebrare quelle straniere. La guerra di liberazione nazionale cui stiamo assistendo è anche questo.
Ci sono giornali che della rivendicazione del repertorio italiano nei concerti hanno fatto un´esclusiva, o un vezzo. Ieri sera, nei saloni dell´Accademia Filarmonica di Torino, un gruppo di giovani distribuiva ai presenti copie del Mondo Illustrato, con in prima pagina un articolo in cui si denunziava l´«esotismo» musicale di cui soffrono i nostri connazionali, da Palermo ad Asti. Un brano mi ha colpito in particolare. Contiene un rimprovero pieno di animosità. «Mentre oltralpe e oltremare», denunzia il giornale, «Rossini e Bellini fanno le spese di ogni ceto, mentre della musica di questi sommi risuonano le più remote contrade - perfino le Indie - fra noi, nelle terre di quei sommi, si danno concerti con Meyerbeer, Gounod, Adam, Beethoven. Questo sarebbe un delitto di lesa nazionalità, se non fosse già un´offesa al buon gusto», e così via.
La dinastia dei Savoia ha intanto delegato un gruppo di intellettuali a restaurare la propria immagine, nazionalizzandone le glorie. Fra qualche settimana l´omonima piazza torinese si adornerà di un monumento a Carlo Alberto, denominato «il Re Martire della causa italiana», mentre "il Magnanimo" e "il Generoso" vengono assegnati a turno al sovrano ora sul soglio. Si attende con apprensione che cosa verrà fuori del monumento a Daniele Manin, un altro eroe precoce del Risorgimento, in preparazione a Venezia ancora irredenta. Lo scultore Fraccaroli è intanto in viaggio per Parigi: porta con sé la statua, che ha voluto intitolare L´Aurora del Risorgimento italiano, destinata - si legge in un cartiglio inchiodato all´opera - ad «attestare la gratitudine dell´Italia alla stampa liberale francese». Lo scultore è stato sorpreso sul Cenisio da una violentissima bufera di neve, con valanghe.
Alle 2 del pomeriggio, a Palazzo reale una deputazione di cittadini ha presentato al re Vittorio Emanuele una corona d´alloro (l´alloro è intrecciato con fronde di quercia, al centro è stata infissa una stella di diamanti) recante sul nastro un´epigrafe dettata dal Cibrario: «A Vittorio Emanuele, ricostruttore dell´italico Impero, i cittadini taurinensi». Sul nastro è impresso un verso oraziano - "Lucem redde tuae, Rex bone, patriae" - proposto dal conte Sclopis, che ne ha offerto la traduzione: Oh Re buono, restituisci la luce alla tua patria. Accompagna il dono una breve dedica elaborata dal cavalier Cibrario, e incisa in uno stile da antica pergamena, con eccellenti miniature del cavalier Bertolla.
Alle otto di sera, nella platea del Teatro Regio è andato in scena l´atteso spettacolo i cui proventi andranno a beneficio dei feriti dell´armata d´Italia. La cantata - dal titolo Il Grido d´Italia - è opera del tenore Giuglini, che si rivela anche compositore. Il poeta ci porta con il pensiero a Gaeta, tra i nostri combattenti di recente vincitori, e qui l´autore passa la voce a un soprano, che interpreta una donna italiana, fiera e dolente: «Madre anch´io, due figli ho morti/immortal corona ai forti». La vittoria conseguita in quella contrada del mar Tirreno ha spianato l´avvenire alla libertà. «Gioisci, Italia. Come incenso sale/al cielo il tuo gioir».
In materia di onorificenze, si segnalano discussioni. L´ultima si è accesa intorno alla proposta della Gazzetta del Popolo di offrire una corona d´alloro al generale Enrico Cialdini, quando già, a partire da avantieri, era stato deciso di offrirne una al re. Il proposito è stato accantonato quando negli ambienti del governo si è fatto notare che, proprio mentre ci si accinge a decorare un sovrano, non è elegante «offrire un egual dono a un suddito». Anche l´ex re di Napoli è prodigo di decorazioni. Ha conferito stamane la gran croce di San Giorgio al generale Goyon, capo del contingente francese di stanza nella capitale pontificia. Francesco II ha concesso una commenda equivalente a un altro generale, il De Noué. La commenda dell´ordine di San Gennaro è stata da lui assegnata a monsignor Berardi, mentre al cardinale Giacomo Antonelli, segretario di Stato di Sua Santità, è stata riservata una croce dello stesso ordine "gennariano". Un´altra croce votiva, anche se di minor pregio, l´ex sovrano ha regalato a tutti quegli ufficiali che lo hanno di recente scortato durante la sua ritirata da Terracina verso Roma. Insomma, tante decorazioni da inorgoglire una corte.