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 2011  marzo 02 Mercoledì calendario

MARCHIONNE TENTATO DA WALL STREET "UN PROBLEMA LA DOPPIA QUOTAZIONE" - GINEVRA

La Chrysler «rimarrà sempre un´azienda americana. Sarà un´azienda americana di proprietà italiana». Di fronte ai cronisti Sergio Marchionne si limita a dire che «quella della sede legale non è una decisione che prenderemo quest´anno». Ma tutto lasciare prevedere che arriverà all´inizio del 2012. E ieri, per la prima volta, l´ad del Lingotto ha spiegato con quali criteri verrà compiuta la scelta. Lo ha fatto rispondendo alle telecamere dell´inviata di Report negli stand del salone di Ginevra. La decisione sulla sede dipenderà da come verrà fatta l´integrazione tra le due società. Perché, dice Marchionne, «quando Chrysler salderà il debito con il governo americano dovrà risolvere un problema: non si possono avere due aziende che fanno lo stesso lavoro con due quotazioni diverse».
Non è un problema di piccolo conto. Entro fine anno Fiat potrà salire al 35 per cento di Chrysler, avendo raggiunto tutti gli obiettivi fissati dall´accordo con Obama. A quel punto dovrà saldare il debito con i governi di Washington e Ottawa e esercitare l´opzione di acquisto sul 16 per cento che manca a conquistare il 51 della casa di Detroit. «Dovremo comperare quel 16 per cento prima di quotare Chrysler in Borsa perché nel momento in cui andiamo in Borsa ci scade l´opzione di acquisto», dice l´ad. Saremo a quel punto, con tutta probabilità, nella prima metà del 2012. E sarà proprio in quei mesi che si creerà l´ingorgo temuto da Marchionne: quando la Fiat diventerà azionista di maggioranza a Detroit, la Chrysler quotata a Wall Street sarà una società che è solo in parte diversa dalla Fiat spa quotata in Europa. Ed è evidente che a quel punto non si potranno mantenere due diverse sedi legali perché, riconosce lo stesso Marchionne, alla fine, almeno da punto di vista giuridico, «la testa è una sola».
E´ chiaro che Obama non gradirebbe veder migrare la sede oltreoceano. Per questo Marchionne sottolinea che Chrysler rimarrà sempre americana anche se avrà la maggioranza delle azioni posseduta da italiani, «preciso dalla Fiat spa». Ed è altrettanto chiaro che l´attrattività di Wall Street è superiore a quella di Piazza Affari. Dunque, anche se Marchionne non lo dice, è probabile che la sede legale del nuovo gruppo migrerà oltreoceano. C´è comunque un anno di tempo per trovare una soluzione diversa. E per mettere a posto le cose in Italia. Dove il braccio di ferro con i sindacati continua a rappresentare un problema. I tentativi di dialogo dei giorni scorsi alla Bertone, dove le rsu della Fiom hanno presentato una proposta di accordo che l´azienda ha promesso di esaminare, non devono indurre a facili ottimismi: «Il problema - dicevano ieri in Fiat - è che ognuna delle due parti deve rispettare le coerenze con quanto ha fatto negli altri stabilimenti». Con quella logica è chiaro che anche alla Bertone, così come a Melfi e a Cassino, si andrà verso altri accordi separati. A meno che con uno sforzo di fantasia la logica delle coerenze non venga superata da una parte e dall´altra del tavolo. «Per noi comunque - ha voluto precisare Marchionne - sono validi i principi dell´accordo di Mirafiori».
Non meno complessa la partita che la Fiat deve giocare in Russia dopo il fallimento dell´alleanza con la Sollers. «In Russia - spiega l´ad - stiamo parlando con vari partner, dobbiamo ancora prendere una decisione. Siamo aperti e consideriamo le possibili alternative perché abbiamo tempo fino a fine aprile». Il manager del Lingotto ha anche voluto smorzare le polemiche con il partner indiano Tata. Nei giorni scorsi i vertici della società avevano chiesto a Fiat di «far capire meglio qual è la sua strategia». «Con Tata - ha chiuso Marchionne - non stiamo litigando».