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 2011  marzo 02 Mercoledì calendario

Dal Pulitzer al professore Tutti quelli che si «ispirano» - In Germania non scherzano quando si tratta di proprietà intel­lettuale

Dal Pulitzer al professore Tutti quelli che si «ispirano» - In Germania non scherzano quando si tratta di proprietà intel­lettuale. Dopo l’ affaire Gutten­berg il sito internet «Plagiapedia» vuol dare una bella spulciatina al­le tesi scritte dai maggiori politici del Paese: a partire da quella del­l’ex cancelliere Helmuth Kohl per arrivare ad Angela Merkel. E c’è chi trema perché a farsi beccare si rischia di doversi dimettere. Ma se in Germania non sembra esser­ci pietà per il plagiatore, e tutti si sdegnano per l’improprio uso del copia-incolla, nel resto del mon­do tocca prendere atto che i famo­si che hanno le mani lunghe con gli scritti altrui sono tanti. Per te­nerci solo ai casi più recenti e più famosi c’è cascata anche una gior­nalista da premio Pulitzer: Maure­en Dowd . La Dowd nel 2009 è sta­ta beccata ad aver inserito in un suo articolo (è una columnist del New York Times ) una frase presa da un articolo di Josh Marshall (meno famosa penna del sito Talking points memo ). La Dowd ha negato un plagio ma di fronte all’evidenza della somiglianza tra i testi il quotidiano newyorkese è intervenuto per bocca del suo pu­blic editor (che si occupa proprio di scongiurare errori e plagi) per chiedere scusa e mettere i neces­sari credits. Ma in fondo nel caso della Dowd si tratta di qualche in­­nocua frasetta. Più pesanti le accu­se mosse al più noto scrittore vi­vente di Francia: Michel Houelle­becq . Numerosi passaggi del suo ultimo romanzo, La carta e il terri­torio , presi da Wikipedia. Secon­do il sito Slate.fr i paragrafi inte­gralmente copiati corrispondono ad una accurata descrizione della città di Beauvais e altre amenità. Houellebecq ha fatto spallucce e ha ripetuto solo «ridicolo», «ridi­colo ». La casa editrice Flamma­ri­on ha invece prodotto un più di­plomatico: «Houellebecq utilizza intere pagine ufficiali come mate­riale letterario per inserirlo nei suoi romanzi ma dopo averlo mo­­dificato » (forse loro un public edi­tor non ce l’hanno). E sempre in Francia nella rete del presunto plagio è finito, questo gennaio, an­che il giornalista Patrick Poivre d’Arvor , famoso ex presentatore del telegiornale di TF1. L’accusa lanciata da un collega del settima­nale L’Express ? Nella sua biogra­fia di Ernest Hemingway, da pagi­na 25 a pagina 143, sarebbe tutto preso dal saggio dell’americano Peter Griffin. Anche in questo ca­so è intervenuto l’editore Ar­thaud. Senza però millantare li­cenze artistiche: si tratterebbe di un «errore tecnico». In stampa sa­rebbe andata una scheda di lettu­ra. Molti francesi però non hanno trovato convincente questa ver­sione, forse perché Poivre D’Ar­t­haud nel 1991 ha spacciato all’in­tera nazione una finta intervista a Fidel Castro. Per arrivare a qualcuno che ab­bia ottenuto titoli accademici o una cattedra universitaria con dei testi prodotti con la tecnica del co­pia e incolla bisogna però tornare in Italia. Il più noto dei nostri be­steselleristi- filosofi, Umberto Ga­limberti , che è stato coinvolto nel più clamoroso caso di «sottrazio­ne intellettuale » degli ultimi anni. Nei suoi testi ha saccheggiato i col­leghi italiani: Giulia Sissa, Salvato­re Natoli e Guido Zingari. Per elen­care i filosofi stranieri saccheggia­ti servirebbe invece un’articoles­sa a parte. Ma non si tratta solo di copyright. Quando andò a concor­so ( 1999), per il ruolo di professo­re ordinario, all’università di Ve­nezia, tra le pubblicazioni presen­tate spicca: « Invito al pensiero di Heidegger, Mursia, Milano, 1986». È il testo in cui sono stati ampiamente saccheggiati (per ammissione dello stesso Galim­berti) brani di un libro di Guido Zingari: Heidegger. I sentieri del­l’essere (Studium, 1983). E c’è an­che « Gli equivoci dell’anima , Fel­trinelli, Milano, 1987». È il testo in cui, come scoperto da Avvenire , galleggiavano brani di due artico­li di Salvatore Natoli. Vi chiedete se il rettore di Ca’Foscari lo sa? Sì glielo abbiamo detto noi del Gior­nale nel 2008. Ma mica siamo te­deschi.