GIOVANNI NUCCI, La Stampa 2/3/2011, 2 marzo 2011
La follia oltre re Giorgio - L’ unico che sembra avere una chiara percezione di quanto il regno di Danimarca sia profondamente corrotto, e quindi falso, è Amleto
La follia oltre re Giorgio - L’ unico che sembra avere una chiara percezione di quanto il regno di Danimarca sia profondamente corrotto, e quindi falso, è Amleto. E il regno, per proteggersi dalla minaccia che il principe rappresenta, lo addita come pazzo. Ma Amleto è davvero pazzo? Perché le premesse almeno all’apparenza ci sono tutte: visione di un fantasma del padre sui bastioni del castello, cogitamenti filosofici sull’esserci o il non esserci in quanto tali. Ora, la via d’uscita che sceglie Amleto è quella della finzione letteraria. Il che spiega un sacco di cose piuttosto interessanti sul piano delle malattie mentali. D’altronde, considerando i limiti apparentati ai confini, ne viene fuori che, scrutando la malattia della mente, se ne può scorgere l’essenza: è come dire che la distorsione può mostrare la linearità potenziale. Ma questo spiega anche l’incredibile fortuna letteraria della follia, in generale, e dell’autismo (che ne è, per così dire, una delle migliori espressioni) in particolare. Da una parte perché l’obbligo di una prospettiva inusuale rende l’affetto da autismo un personaggio ideale: quale punto di vista migliore sulla corte inglese che la follia di Re Giorgio? E in secondo luogo perché la letteratura procede nello stesso modo: parte dai limiti del linguaggio, cioè dalle sue ambiguità, per mostrarne l’essenza, si muove dai confini del mondo per poterne descriverne la totalità. Così il Re Giorgio di Allan Bennett («La pazzia di re Giorgio», Adelphi) non si limita a raccontare la corte inglese, ma sconfina un po’ in tutti i sistemi di potere. O come il racconto di Mark Haddon, «Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte» (già vincitore del premio Merck Serono nel 2004), più banalmente, certo, di Bennett o di Shakespeare, non mostra la follia del giovane protagonista autistico, ma la follia della società che il protagonista si trova, suo malgrado, a dover affrontare. L’interesse scientifico di tutto ciò sembra, sinceramente, sfuggire. In realtà - come scopriranno i partecipanti al concorso «La Scienza Narrata» - è alla scienza che sfugge la comprensione della malattia mentale, e dell’autismo in particolare. E questo, probabilmente, perché la scienza si muove a partire dalle regole, e non dai limiti, o dalle eccezioni. Questo viene chiaramente mostrato dal bellissimo libro di Paul Collins, «Né giusto, né sbagliato» (Adelphi). Il commovente racconto di come due genitori scoprono, vivono, e poi accettano la diagnosi di autismo per il loro figlio Morgan, viene alternato al racconto della storia dei vari tentativi perlopiù disperati da parte della la scienza di spiegare, e comprendere, l’autismo. Le vicende di Peter ragazzo selvaggio nella Londra del settecento, le difficoltà di Freud a capire con cosa avesse a che fare, gli studi (e le cantonate) di Bettelheim negli Anni 60, nonché una serie di microbiografie degli autistici più celebri, o misconosciuti, che hanno attraversato la nostra storia, senza che noi probabilmente neanche ce ne rendessimo conto. Collins non lo postilla, ma Amleto, se era matto, era senza dubio autistico.