MARIO DEAGLIO, La Stampa 2/3/2011, 2 marzo 2011
I SINTOMI DI UN MALE PEGGIORE
Sembra un brutto sogno, o magari uno di quei brutti romanzi di fantaeconomia, ed invece è proprio la realtà. E’ come se fossimo finiti in un mondo diverso.
I mostri, ricordati ieri su queste colonne da Franco Bruni, sono usciti dal vaso di Pandora nel quale speravamo di averli chiusi per sempre e assediano le nostre piccole speranze di un ritorno a una, sia pur risicata e raffazzonata, normalità.
Ne possiamo individuare tre. Il primo è politico e si chiama Destabilizzazione. In una mano tiene, ben visibile, il colonnello Gheddafi, mentre l’altra è nascosta e non sappiamo bene che cosa ci riservi: l’Egitto non è certo assestato, il Bahrein e l’Oman ribollono, in Algeria c’è un susseguirsi di scioperi, in Tunisia se ne è andato il primo ministro. E ci stiamo dimenticando la Costa d’Avorio sull’orlo della guerra civile, le elezioni contestate in Gabon e Uganda, il profumo di «rivoluzione al gelsomino» come è stato chiamato lo scontento sotterraneo cinese che allarma il governo di Pechino. Se poi passiamo a Paesi più vicini a noi, i risultati delle elezioni irlandesi, la sconfitta che ha quasi annullato il partito di governo non promette nulla di buono: un rifiuto dei nuovi governanti di adeguarsi al piano di austerità imposto da Bruxelles porrebbe a rischio i bilanci di molte banche, specie tedesche e inglesi, che hanno investito pesantemente in titoli legati al debito irlandese.
Il secondo mostro si chiama Agflazione, un misto di agricoltura e inflazione con cui viene designata la pressione inflazionistica che può derivare dall’aumento di prezzo dei prodotti agricoli, dovuta soprattutto a cause climatiche sulle quali si è innestata una robusta speculazione. Così il prezzo del grano è a livelli record mentre le scorte segnano un record negativo. E’ inevitabile che questi aumenti si proiettino in avanti sui prezzi del pane e, tramite i mangimi per i bovini, su gran parte della spesa alimentare, dai formaggi alla carne in ogni parte del mondo. Insieme, e più del grano, sono saliti il cotone, il cacao e lo zucchero. E la lista potrebbe continuare: mediamente, secondo l’indice compilato da The Economist, in un anno il prezzo delle materie prime alimentari è cresciuto di circa il 40 per cento.
Il lettore perdoni se il menu è lungo oltre che difficile da digerire, ma è bene descrivere la situazione chiaramente: abbiamo ancora il terzo mostro, si chiama naturalmente Petrolio e Gas Naturale. Questo ci è famigliare perché ce lo ritroviamo davanti tutte le volte che facciamo il pieno con l’auto. E’ bastata l’interruzione delle forniture libiche, pari al 2 per cento della produzione mondiale, perché il prezzo del greggio salisse di oltre 10 dollari al barile. E si stima che un aumento di 10 dollari al barile porti con sé una riduzione dello 0,2 per cento nella nostra preziosa e stentata ripresa.
La combinazione dei tre mostri può portare alla Stagflazione, forse la più brutta malattia che l’economia ci riserva, un misto temibile di stagnazione che debilita e di inflazione che impoverisce. L’ultima volta che l’Occidente se la prese, quasi quattro decenni fa, ci mise diversi anni a uscirne fuori. Non è detto che ce la prendiamo anche questa volta, ma l’uomo prudente dovrebbe prepararsi, anche se non esistono medicine sicure. Fa invece impressione la massima calma che sembra regnare a Bruxelles, mentre la Francia ha i suoi problemi con la sostituzione dei ministro degli Esteri, la Germania con le dimissioni del ministro della Difesa, gli inglesi sono tutti presi dall’entusiasmo per il premio Oscar ottenuto da un loro bel film. E l’Italia? Sugli interessi non vitali che tengono l’attenzione dei politici italiani c’è solo l’imbarazzo della scelta. Nella giornata di ieri, a livello mondiale il solo discorso preoccupato di un responsabile economico è stato quello di Ben Bernanke, il governatore della Banca centrale americana, che ha usato termini allarmati. Ma anche in America né la politica né le Borse sembrano prenderlo troppo sul serio.