Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 02/03/2011, 2 marzo 2011
LA VITA DI UN RAGAZZO «INVISIBILE» SCIVOLATA VIA SOLO PER DISTRAZIONE - C’è
una sola domanda-chiave. Com’è possibile che un ragazzo fuori di sé e visibilmente ferito prenda un treno verso Ivrea con tappa a Milano, venga fermato dai carabinieri, accompagnato in pronto soccorso per essere medicato, torni in stazione, entri nel bar, dorma da quelle parti, il mattino dopo salga su un pullman destinato a Baldissero, si avvicini (volontariamente o no) a una comunità spirituale, in tutto questo lungo percorso venga avvistato da tante persone, nei giorni in cui tutti lo cercano (in un paese, non a Milano), e nessuno riesca a trattenerlo?
Fatto sta che la vita di Daniel Busetti, vent’anni, muratore di Martinengo. sembra scivolata via così, per distrazione. Per di più dopo aver detto ai volontari della comunità di Damanhur che aveva freddo e che voleva tornare a casa. Una vita che è scivolata via in un territorio impervio, boscoso, scosceso, d’accordo, ma su cui non si sono risparmiati i mezzi: un elicottero, i cani sguinzagliati ovunque, le intense battute di caccia di carabinieri e vigili del fuoco. C’è un inquietante parallelo tra il corpo di Yara, non visto anche se nascosto lì a un palmo di naso, e il ragazzo rimasto invisibile in un fazzoletto di terra. Per un paio di giorni compariva qua e là per poi dileguarsi come un bersaglio mobile. Chi lo sa com’è andata davvero, questa storia. Quel che si sa per certo è che Daniel è voluto sparire dopo aver causato, con la sua Alfa Mito fiammante, un incidente grave ma non gravissimo. Nessun morto, anche se una delle tre donne coinvolte è ancora ricoverata all’ospedale di Bergamo. Si sa anche che lo spettacolo di fronte al quale il ragazzo si è trovato dopo lo scontro deve essere stato impressionante: due donne urlanti con le portiere chiuse e la terza svenuta, sul sedile posteriore, il sangue sul volto. In più, malridotto anche l’amico che stava a fianco di Daniel sull’auto. Un sms alla fidanzata: «Ho fatto un incidente megagalattico. ti amo, addio» , poi nel giro di qualche minuto la fuga, mentre gli amici che seguivano su un’altra vettura si prodigavano nei soccorsi. Quel che non si sa per certo è se in realtà Daniel non si sia messo in fuga più da se stesso che dal mondo. Dalla propria paura, dalla vergogna, dal proprio senso di colpa. Irrimediabile. Tant’è vero che non sono servite le rassicurazioni e neanche gli appelli. I fogli appesi ovunque sui muri dei paesi e sui tronchi d’albero nella boscaglia: «Ciao Daniel — stai tranquillo — sono tutti fuori dall’ospedale — ti ricompriamo auto nuova — ti stiamo cercando con altri— fatti trovare— la tua famiglia ti aspetta» . Il messaggio video della madre dalla camera del suo Daniel, alle spalle Milito trionfante in maglia nerazzurra. Niente da fare, niente. Eppure, sulle prime, sembrava un caso banale, stato provvisorio di confusione mentale. Invece, niente da fare: Daniel è sgusciato via, in fuga dai carabinieri, dai vigili del fuoco, dalla comunità in cui era capitato, dai suoi genitori. Ma forse soprattutto da se stesso. Chissà se dentro le scarpe abbandonate prima di inoltrarsi nel pendio, abbia voluto lasciare una parte di sé. Per ritrovarne un’altra dentro l’anfratto in cui si era rifugiato.
Paolo Di Stefano