Alberto Negri, Il Sole 24 Ore 1/3/2011, 1 marzo 2011
IL FUTURO NELLE MANI DELLE TRIBÙ
Questa non è la rivolta di Piazza Tahrir o di Avenue Bourghiba, con l’esercito che decide le sorti del paese. Le forze armate qui non hanno un peso sostanziale ed è la presenza tribale che ne determina il controllo: sono le tribù, l’unica istituzione sopravvissuta a 40 anni di regime, che hanno le chiavi del potere. È una storia beduina, da leggere con i manuali delle vicende coloniali che resuscitano nomi dimenticati: la cabila è la madre della società libica, con i suoi riti d’onore e le sue tattiche, un po’ si combatte e un po’ si tratta, con pause a volte inspiegabili e retroscena incomprensibili.
A volte è più utile seguire dove corrono il denaro e il petrolio che non gli uomini in arme. Con il sostegno degli Stati Uniti e il 70% delle risorse petrolifere, la Libia ha un nuovo governo provvisorio nel consiglio nazionale di Bengasi, con una Cirenaica vogliosa di prendersi una storica rivincita sul colpo di stato del ’69 considerato dai fieri senussi un golpe dei libici "occidental". Sfortunatamente il "governo" di Bengasi, dove sventola la bandiera monarchica, non ha ancora la forza per sbalzare Gheddafi.
Ma quali sono le forze in campo? Gheddafi può contare su 20-30mila uomini e sull’aviazione, nelle mani del suo clan da quando eliminò dai vertici la tribù Warfalla, coinvolta nel tentativo di colpo di stato del ’93. Possono bastare a difendere Tripoli e l’Ovest, fino ai confini con la Tunisia, ma non per una controffensiva in Cirenaica.
Per questo ha inviato a trattare con i ribelli Bouzid Dourda: è il segnale che si stringono i ranghi perché Dourda sostituì alla direzione dell’intelligence Musa Kusa nominato ministro degli Esteri. Per l’immagine esterna del regime Gheddafi ha messo in primo piano Seif al-Islam ma nel campo della sicurezza punta sulla vecchia guardia che sostiene il figlio minore del Colonnello, Muatassim, capo del Consiglio per la sicurezza nazionale, noto perché pagò due milioni di dollari un’esibizione della cantante Beyoncé, ma ben conosciuto a Washington dove nell’aprile 2009 ebbe un cordiale colloquio con Hillary Clinton. È impressionante come certi dettagli si dimentichino in fretta.
L’opposizione è concentrata a Bengasi. In Cirenaica la tribù più importante è la Zuwaya il cui leader Shaykh Faraj al Zuway, affiliato della confraternita della Senussia, vanta il controllo di importanti pozzi petroliferi ed è ben armata dai tempi in cui Gheddafi la utilizzò per combattere in Ciad. Gli effettivi sono forse 7-8 mila uomini, ai quali si aggiungono qualche migliaio di volontari. Per questo il fronte anti-Gheddafi ha bisogno, oltre che di un sostegno esterno, anche di quello delle tribù, sia per battere la resistenza del Colonnello che per stabilizzare il paese una volta crollato il regime.
La via di uscita più rapida sarebbe una spaccatura nel clan di Gheddafi. La defezione più rilevante è stata quella di Ahmed Qadhaf al Dam e del fratello Seyed, un tempo indicato come successore dello stesso Gheddafi in caso di scomparsa improvvisa del leader. Ahmed, cugino di Gheddafi, era stato incaricato di trattare con la tribù orientale degli Awlad Ali, la mediazione è fallita e Ahmed dall’Egitto ha organizzato la fronda. La tribù dei Gheddafi, che conta sei sotto-clan, non è mai stata storicamente importante ma controlla ancora, oltre agli apparati di sicurezza, una parte del territorio che dal Golfo della Sirte si allunga all’interno fino al Fezzan e alla roccaforte di Sabha.
Per il governo della Tripolitania decisiva è la confederazione tribale dei Warfalla, un sesto della popolazione, che raggruppa sei grandi clan, il cui Consiglio degli anziani, guidato dallo sceicco Akram al Warfalli, si è schierato contro Gheddafi e la sua famiglia.
L’altra cabila fondamentale è quella dei Magariha, un milione di persone, la seconda dopo i Warfalla. Originari del Fezzan, i Magariha sono diventati un pilastro del regime che ha affidato uno di loro, Abdullah Senussi, la direzione della sicurezza. Senussi, cognato di Gheddafi, è alla guida da 20 anni di tutte le più importanti e sanguinose repressioni del regime: se il suo siluramento fosse confermato la fine sarebbe più vicina.
Chi sono gli uomini che possono emergere? Non basta essere generali o leader di qualche clan, bisogna appartenere alle tribù che contano e vantano le maggiori pretese sulla torta libica, cioè sul petrolio. Lo sceicco Faraj della Zuwaya non lascerà facilmente la Cirenaica a nessuno che non sia un fedele senusso. Gli stessi Magariha possono rompere con Gheddafi se emergono i loro capi come Abessalam Jalloud, ex numero due di Gheddafi in rotta con il Colonnello, o il generale al-Mhadi al-Arabi Abdel Hafiz, indicato già come uno dei leader della rivolta.
Sono le tribù che decideranno il futuro della Libia, la polvere della storia che pensavamo di avere sepolto.