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 2011  marzo 01 Martedì calendario

RESTARE A BOLZANO O PARTIRE, IL DILEMMA DELLE OPZIONI

La presa di posizione del presidente della Provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder (non ho nulla da festeggiare il 17 marzo ecc.), e la giusta, anche se per me un po’ tardiva, replica del capo dello Stato hanno innescato commenti vari in cui si è vagamente accennato a un episodio dal quale non mi pare che ne siano state tratte le logiche conseguenze: e cioè che all’indomani dell’Anschluss, Mussolini e Hitler si accordarono per lasciare gli italiani di lingua tedesca dell’Alto Adige liberi di optare se restare in Italia o andarsene in Austria e Germania. In parecchi lo fecero e traslocarono. Quindi coloro i quali hanno optato per l’Italia non dovrebbero lamentarsi del fatto di dover vivere qui, di essere italiani a tutti gli effetti e quindi di dover rispettare le nostre leggi e regolamenti, le nostre festività, lamentandosi della «italianità» e dicendo di sentirsi più «austriaci» . A parte tutte le concessioni autonomiste ottenute dopo l’accordo De Gasperi-Gruber. Sbaglio o dimentico qualcosa?
Gianfranco de Turris
gdt@iol. it
Caro de Turris, cercherò di risponderle con due esperienze personali. Nel 1942 sono stato ospite per qualche giorno di una famiglia bolzanina di lingua tedesca. Erano persone della borghesia mercantile, molto legate alla loro terra, ma avevano scelto di trasferirsi in Germania. Il capo della famiglia mi spiegò che gli optanti sarebbero stati accolti in quartieri e villaggi simili, per quanto possibile, a quelli del Tirolo meridionale, e che la guerra aveva ritardato la loro partenza. In ultima analisi, il numero di coloro che partirono fu, tutto sommato, piuttosto modesto. Poco più di vent’anni dopo assistetti dal consolato generale di Innsbruck, dove ero vice console, alla fine di quella vicenda. Insieme alla prefettura di Bolzano il consolato aveva il compito di istruire le pratiche amministrative delle rück option, vale a dire le domande di revoca della scelta tedesca fatta prima della guerra. Avevo perso di vista i miei conoscenti di Bolzano e non so che cosa abbiano fatto. Ma la maggior parte di coloro che avevano scelto il trasferimento in Germania decisero di restare in Italia. Una scelta di comodo, suggerita tra l’altro dalle terribili condizioni della Germania occidentale e dalle incerte sorti dell’Austria in quegli anni? In parte sì. Ma il quadro non sarebbe completo se non tenessimo conto di altri fattori. Quando Ciano e Ribbentrop firmarono l’accordo sulle opzioni, i bolzanini dovettero fare una scelta difficile tra la grande patria germanica al di là delle Alpi e il focolare tirolese (Heimat) in cui avevano tradizioni e ricordi. Scelsero la Germania perché vivevano in un’epoca in cui l’ideologia dominante in Europa era quella dei nazionalismi surriscaldati, aggressivi e possessivi, pronti a tacciare di traditore chiunque non sacrificasse alla grande Patria i suoi sentimenti personali. I popoli, in quella prospettiva, contavano poco e potevano essere trasferiti d’autorità per contribuire a rendere la nazione più omogenea e salda. La storia della prima metà del Novecento è una lunga sequenza di pulizie etniche, da quella degli armeni a quella degli istriani passando per il colossale esodo dei tedeschi dalla Prussia orientale fra il 1944 e il 1945. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, l’Europa ha capito che ogni popolo, piccolo o grande, ha diritto alla sua Heimat e che il problema delle minoranze non può essere risolto spostando la gente da un Paese all’altro. La revoca delle opzioni fu un indispensabile complemento dell’accordo De Gasperi Gruber ed è una decisione di cui dovremmo andare orgogliosi.
Sergio Romano