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 2011  marzo 01 Martedì calendario

LA VOCAZIONE FILOSOFICA DELL’INGEGNER GADDA

Solo nel maggio 1929, quando aveva 36 anni, Carlo Emilio Gadda lasciò cadere l’idea di una seconda laurea, in filosofia, per tornare nei ranghi della società Ammonia Casale in qualità di ingegnere. Era stato controvoglia, per imposizione materna, allievo del Politecnico di Milano, laureandosi nel luglio 1920 in ingegneria industriale, e aveva già avviato la professione, ma con indicibile sofferenza: «L’ingegnere si può paragonare a un bue sotto tutti gli aspetti. È l’essere ineccitabile per eccellenza» , scriverà nel ’ 32 a un amico. Ben prima si era scatenato in lui «l’ictus philosophandi» , che risale all’anno cruciale 1919: anno in cui Gadda ebbe l’annuncio della morte in guerra del fratello Enrico. L’iscrizione all’Accademia scientifico-letteraria (la proto-facoltà di Lettere e filosofia dell’ateneo milanese), direttamente al terzo anno, avviene nel 1921, ma il periodo di più intenso studio si colloca tra il 1924 e il 1929, quando l’Ingegnere cominciò ad assegnare a quel progetto un valore essenziale per il suo futuro. Si deve a Gian Carlo Roscioni il primo approfondimento del versante filosofico gaddiano: fu lui a pubblicare postumi, nel ’ 74, i saggi della Meditazione milanese, fu lui a scrivere il fondamentale saggio La disarmonia prestabilita. Solo in anni recenti si è cercato di ricostruire il curriculum universitario di Gadda, in particolare grazie al filologo Guido Lucchini. Di fatto, però, esistono due ipotesi critiche: l’una tende a ridurre l’apporto speculativo nella formazione dello scrittore e nei suoi risultati narrativi; l’altra vi intravede una «seria, sicura vocazione teoretica» . La tesi di laurea, concordata con Piero Martinetti, il grande studioso di tradizione laica e liberale che si concentrò sulla ricerca di una religione assoluta, non sarebbe mai stata presentata: si trattava di un lavoro sulla teoria della conoscenza in Leibniz, ultima tappa dopo il brillante superamento degli esami. A proposito dell’esame di filosofia teoretica con lo stesso Martinetti, disponiamo adesso di tre documenti inediti di notevole interesse, datati 19 ottobre, 26 ottobre, 28 ottobre 1925: li pubblica, a cura di Brigida Bonghi, la rivista di filosofia e cultura «Il Protagora» , fondata nel 1959 da Bruno Widmar e diretta da Fabio Minazzi. Si tratta di tre letture kantiane: uno schema sintetico della Critica della ragion pura, un «sunto» dei Prolegomena e infine un appunto più argomentato sulle teorie kantiane (ne pubblichiamo qui la parte finale). È stato lo stesso Minazzi, in un saggio apparso nel 2006 nei «Quaderni dell’Ingegnere» (il numero in cui veniva edita la tesi di laurea) a soffermarsi sulla stima di Martinetti per il suo allievo, al quale già nel ’ 26 il Prof prospettava una carriera universitaria. In realtà «le faville del nuovo pensiero» di Leibniz non erano per Gadda un mero oggetto di indagine, ma «fonte privilegiata di pensiero nella quale sentirsi direttamente coinvolto» . L’approccio a Kant conferma quell’atteggiamento partecipativo: la prima sezione del terzo inedito si apre con le considerazioni sull’oscurità della forma kantiana, ma soprattutto «le riflessioni successive,— scrive Brigida Bonghi— determinano una riflessione autonoma e approfondita» , funzionale ai testi che Gadda andava preparando in proprio, non solo la Meditazione ma anche il Racconto italiano di un ignoto del novecento: il problema dell’esperienza nella sua dimensione storica, la questione delle azioni libere in relazione alla loro casualità, gli interrogativi sulla legge morale.
Paolo Di Stefano