RAFFAELLO MASCI, La Stampa 1/3/2011, 1 marzo 2011
Quanti caduti ha avuto l’Italia? - Ieri in Afghanistan è morto un altro militare italiano. Quante sono, ormai, le vittime del nostro Paese? Il tenente Massimo Ranzani è il trentasettesimo italiano caduto in Afghanistan dall’inizio (2001) delle operazioni Enduring Freedom e Isaf
Quanti caduti ha avuto l’Italia? - Ieri in Afghanistan è morto un altro militare italiano. Quante sono, ormai, le vittime del nostro Paese? Il tenente Massimo Ranzani è il trentasettesimo italiano caduto in Afghanistan dall’inizio (2001) delle operazioni Enduring Freedom e Isaf. Le vittime sono cresciute negli ultimi anni: un morto nel 2004, due nel 2005, sei nel 2006, due nel 2007 e nel 2008, nove nel 2009 e ben tredici lo scorso anno. E sono già due in questi primi mesi del 2011. In totale quante vittime ha fatto questa campagna? Tra i militari siamo arrivati a 2.300 morti, con una distribuzione assai differente tra i vari Paesi. L’America - la più esposta nelle operazioni belliche - è quello che ne ha avuti di più. Ecco alcune cifre: Usa 1239 morti, Regno Unito 340, Canada 151, Francia 49, Germania 47, Danimarca 37, Italia 37, Spagna 30, Olanda 24, Australia 21, Polonia 20, Romania 17. Ma ci sono vittime in tutti i contingenti: dalla Corea alla Nuova Zelanda, dalla Lettonia al Portogallo. Senza dimenticare i caduti civili, per i quali esistono stime assai oscillanti che vanno - comunque - dai 14 ai 34 mila. In totale quanti sono i soldati italiani presenti in Afghanistan? Attualmente sono circa 3.800, ma dovrebbero salire entro l’anno a 4.200. A parte una piccola quota presente a Kabul (un centinaio di uomini circa), il grosso del contingente si trova nella regione occidentale del Paese: ad Herat vi è la sede del Comando regionale Ovest di Isaf. Sotto la responsabilità italiana c’è un’area grande quanto il Nord Italia, composto dalle quattro province di Herat, Badghis, Ghowr e Farah. Sotto il comando italiano c’è pure un contingente di militari provenienti da 12 nazioni. A quali armi appartengono? La componente principale delle forze nazionali è costituita dal personale proveniente dall’Esercito, ma è presente anche un significativo contributo di uomini e mezzi dell’Aeronautica, della Marina Militare, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Se i nostri militari sono in missione di pace, perché muoiono in così alto numero? I soldati italiani, in effetti, svolgono principalmente missioni di pace e sono impegnati con le forze di sicurezza afgane nel creare le condizioni di sicurezza in cui il Paese possa riprendere un cammino democratico. Oltre a questo hanno costruito scuole, ospedali, strutture civili a vantaggio della popolazione. Sono, tuttavia, oggetto di attacchi ripetuti da parte degli «insorgenti» (cioè di frange politiche, come i talebani) che non tollerano la presenza di stranieri in armi sul territorio afghano. Con quali modalità i nostri militari vengono attaccati? Non c’è un unico metodo, ovviamente. Tant’è che dei nostri caduti 24 sono morti in azione, quattro in un incidente occorso a un mezzo, altri quattro in scontri tra veicoli, due di attacco cardiaco, uno di malattia, uno in un incidente aereo mentre uno si è suicidato. Il principale nemico dei soldati italiani, oggi, è costituito dagli Ied (improvised explosive device), cioè ordigni artigianali, spesso assai rudimentali, che colpiscono indiscriminatamente anche la popolazione locale, realizzati con strumenti di fortuna (fustini di detersivo, lattine, bottiglie e con esplosivo recuperato da mine e proiettili) che vengono fatti saltare sotto un mezzo (per esempio un Lince) o nei pressi di una postazione. Solo nel 2009 - per esempio - ci sono stati 7.228 attacchi contro tutte le forze Isaf, dovuti a Ied, con un aumento del 120% rispetto al 2008. Non dovrebbero esserci delle attività di Intelligence per prevenire tutto questo? Sì, in effetti ci sono e sono spesso efficaci. Nella relazione consegnata al Parlamento solo alcuni giorni fa, i servizi di Intelligence segnalavano che nella zona ovest dell’Afghanistan (dove si trovano le nostre truppe) la situazione si stava facendo pericolosa. Ed infatti l’avvicinarsi della fine dell’inverno e la pressione delle forze Isaf sempre più costante ha spinto l’Aise - l’Agenzia per la sicurezza esterna - a diffondere negli ultimi mesi diversi warning: 1.509 solo nel periodo tra maggio e settembre 2010, a fronte di 741 azioni ostili effettivamente verificatesi. Informative più o meno circostanziate ma che non sono riuscite del tutto a neutralizzare la minaccia degli Ied, tipo quello su cui ieri è saltato il Lince a Shindand. Che cosa dobbiamo aspettarci ancora? Secondo le segnalazioni dell’intelligence, il rischio venturo (e inedito) potrebbe essere quello dei rapimenti che metterebbero - quelli sì - sotto forte pressione l’opinione pubblica dei Paesi di provenienza delle forze Isaf in generale e italiane in particolare. Vengono anche segnalate le possibilità di attentati suicidi e azioni di gruppi di fuoco.