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 2011  marzo 01 Martedì calendario

E’ il trono che fa il potente - Nonostante le sue cinque repubbliche, la Francia resta il Paese più monarchico d’Europa

E’ il trono che fa il potente - Nonostante le sue cinque repubbliche, la Francia resta il Paese più monarchico d’Europa. E, benché gliene abbia tagliata una, perde tuttora la testa per il re. Solo così si spiega la splendida mostra che apre oggi nei Grandi Appartamenti di Versailles, il luogo simbolo della Regalità, il sancta sanctorum della Monarchia. «Trônes en majesté» è, appunto, una mostra di troni. Non in senso figurato ma proprio: i troni come oggetto fisico, sedie da corona, dorate poltronissime, attributi di chi regna, se per grazia di Dio o volontà della Nazione fa lo stesso. Da Dagoberto a Sarkozy, sfilano troni di papi, re, imperatori e, a sorpresa, presidenti. Non solo europei: continente che vai, trono che trovi. Ma con sorprendenti somiglianze anche a distanza di secoli e di migliaia di chilometri. Un bel saggio di Jacques Charles-Gaffiot s’incarica di fare il punto antropologico, partendo dalla distinzione fra il Potere, che sta in piedi perché viene conquistato, e l’Autorità, che resta seduta perché trova in se stessa le sue ragioni. Da qui origine e sviluppo dell’oggetto-trono. Però, al di là della teoria, in pratica è una delizia sfilare davanti a questi troni-capolavori carichi di arte e soprattutto di storia, siano quello afro-portoghese del re Ghézo del Dahomey o quello zarista con aquila bicipite incorporata del povero Nicola II. Giganteggia, è ovvio, lo chic vaticano, benissimo rappresentato dalla poltrona di Innocenzo X (con due sgabelli per cardinali-nipoti), concepita da Bernini e dipinta da Velazquez nel celebre ritratto, da un tronone iperaccessoriato realizzato a Venezia nel 1782 per la sua sosta in laguna di Pio VI in viaggio per Vienna e dalla sedia gestatoria di Pio VII. La sedia gestatoria è l’unico caso europeo di trono semovente: infatti è sistemata nella Galleria degli specchi accanto allo «howdah», sorta di divanetto coperto da issare sull’elefante di rappresentanza appartenuto a un principe tailandese dal nome facile facile, Inthawaroros Suriyawong. Ma di papale ci sonoanche il faldistorio (sorta di tronetto pieghevole prêt-àprier) su cui sedette Pio VII all’incoronazione di Napoleone e una deliziosa portantina regalata dalla diocesi di Napoli a Leone XIII. Però tutto il mondo è paese di troni. Se l’imperatore cinese Qianlong posava le celesti terga su un trono in legno di sandalo con dragoni scolpiti nella lacca rossa, il sovrano Inca sedeva scomodamente su un semplice sgabello, sostenuto però da due bellissimi gattoni lignei (forse puma?). Naturalmente, i troni made in France raccontano tutte le complicate vicende costituzionali del Paese. Luigi XVI manda alla sua ambasciata a Londra una bella poltrona rococò poi, a Borboni decaduti, riciclata dalla regina Vittoria. Grande spazio a Napoleone: il trono per il Senato, squadrato, è ispirato al seggio di marmo di una sacerdotessa di Cibele rubato, al solito, in Italia; quello per il Corpo legislativo, bombato, è più banale. Luigi Filippo, re borghese senza glamour, si accontenta di una banale seduta in stile Luigi XIV: quella che stava alle Tuileries fu bruciata dai parigini nel 1848 in piazza della Bastiglia. Sorprendente la Terza repubblica: nel 1929, fa realizzare delle poltrone per il Consiglio dei ministri dove ogni dicastero è «disegnato» sullo schienale, tipo il mondo per gli Esteri o una nave per la Marina mercantile: effetto super-ultra-kitsch. E non poteva mancare la Repubblica attuale, la Quinta. Ecco la sedia disegnata da Christophe Pillet, in legno e cuoio color avorio, per la tribuna presidenziale alla sfilata del 14 Luglio. A vederla, si direbbe comodissima: una carezza per il lato B di Sarkò.