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 2011  marzo 01 Martedì calendario

Vita da palombaro “Sempre in acque gelide e a 39 anni ho l’artrosi” - Andare in pensione tre anni prima? Non credo che faccia differenza per il mio lavoro

Vita da palombaro “Sempre in acque gelide e a 39 anni ho l’artrosi” - Andare in pensione tre anni prima? Non credo che faccia differenza per il mio lavoro... A un certo punto siamo proprio stanchi» dice il palombaro Antonio Di Simone, titolare della ditta International Sub di Palermo. Che peraltro tiene a essere definito «operatore tecnico subacqueo», perché «il vecchio mestiere si è molto evoluto». Se tre anni in meno sono pochi, quale pensa che sia l’età giusta per smettere? «È molto soggettivo, dipende dalle persone. Ma sento colleghi che a 45 anni smettono e sentono dolori dappertutto. Io faccio il tecnico subacqueo da 15 anni, di età ne ho 39 e soffro già di artrosi. Ho conosciuto persone che facevano immersioni profonde (io però le evito) e sono morte devastate dall’osteoporosi. Non so se ci sia un nesso, non sono un medico». Di preciso lei che cosa fa? «Taglio relitti, recupero navi affondate. Ho lavorato per l’Eni e per la Esso alla manutenzione degli oleodotti sottomarini. Installo pontili, rifaccio banchine. Di recente ho collocato blocchi di 10 tonnellate a 50 metri di profondità». Nota i sintomi dell’usura da lavoro? «Il problema numero uno è il freddo. Non c’è stagione per lavorare, e anche se ci sono tute stagne e imbottite, d’inverno il freddo si sente, e anzi si sente in tutte le stagioni quando ci si immerge. Un’altra cosa che si nota è che più si va giù più i riflessi rallentano. Non è solo la maggior pressione dell’acqua che frena i movimenti, è anche il cervello che funziona meno bene. Ce ne accorgiamo. Col tempo qualche conseguenza ci sarà. Il lavoro logora molto». Per quanto si immerge? «Ci sono delle tabelle. Se vado giù solo di 20 metri posso stare sotto, diciamo, mezz’ora e poi esco senza decompressione - non dico il tempo preciso perché non lo so a memoria, non lo voglio sapere a memoria, mi porto sempre sott’acqua le tabelle e le seguo ogni volta con scrupolo. Ma se invece sto giù 45 minuti, o vado più a fondo, può essere necessaria la decompressione contro l’embolia, e sto al freddo più a lungo. Nelle immersioni profonde, diciamo 100 metri, l’ossigeno dell’aria diventa veleno e dev’essere ridotto, al suo posto si introduce dell’elio». Quanti siete in Italia? «Qualche centinaio, ma non credo ci sia un numero preciso perché non siamo inquadrati come categoria a sé stante. Risultiamo metalmeccanici».