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 2011  marzo 01 Martedì calendario

Da Novi Ligure a Brembate ora l’Italia ha paura di se stessa - Non ce ne siamo accorti strada facendo: mentre svanivano i contorni del «diverso» prendeva a stagliarsi la figura del sosia, il vicino, l’uguale

Da Novi Ligure a Brembate ora l’Italia ha paura di se stessa - Non ce ne siamo accorti strada facendo: mentre svanivano i contorni del «diverso» prendeva a stagliarsi la figura del sosia, il vicino, l’uguale. Abbiamo rinunciato senza rendercene conto a sperare nell’immacolata serenità dei nostri orti e ci siamo ritrovati raggelati dalla consapevole paura dell’uomo bianco. Dieci anni fa Novi Ligure si contorse insanguinata dal massacro dei «rapinatori albanesi» e in ventiquattr’ore si risvegliò martoriata dalla verità: a devastare esistenze e corpi della madre e del fratellino non erano stati i feroci immigrati del canale di Otranto ma una figlia modello che aveva armato anche il fidanzatino inginocchiato a lei. Dieci anni dopo, a Brembate di Sopra, rilasciato il magrebino Mohamed Fikri, il parroco racconta una religiosa e terrena via crucis: si svegliava ogni notte all’idea d’una mano che nottetempo suonava alla canonica, l’assassino di Yara venuto a confessarsi. Dunque non aspettava il pentimento di un islamico senza il nostro Dio, non un coltello senza rimorsi dell’Est, bensì un’anima vagante di questa o delle vicine comunità casa e lavoro. In dieci anni l’istinto che conduceva al di fuori di noi - c’è un maniaco a Cogne «perché una mamma non può far quello» - si è stemperato attraverso le rappresentazioni del crimine di prossimità: una figlia per madre e fratello, una madre per il figlio, due vicini di casa in un cortile a Erba. Può accadere anche nei nostri nidi. Più che consapevolezza, l’ineluttabilità della consuetudine con il nostro Male, che avvertiva: non sentirti sicuro, non cercarmi lontano. Opposto e identico alla fiaba di Roberto Vecchioni: l’uomo vede la signora con la falce a una fiera, fugge fino a Samarcanda. La ritrova lì, signora morte, e ammette di essere scappato per il suo sguardo malvagio. E la Morte gli spiega: non ero malvagia, ero stupita, ti aspettavo qui oggi e non capivo come tu potessi essere ancora là. Il Male - all’opposto della Morte della canzone - si è infilato lui nell’mmaginario. Ieri mattina, a Brembate di Sopra, tra caffé e aperitivi, si rifletteva sulle parole del parroco, sulla fatica di dire che forse «è uno di noi». E si esorcizzava il tormento attraverso quella che poteva apparire alternativa: «E’ stato il branco», ripetuto fino a divenire, prima dell’autopsia, notizia da tg. Come se il branco non fosse un grumo di «noi». Brembate gelida, serrata, perfino omertosa. E una famiglia Gambirasio chiusa nel dolore e letta perfino prigioniera di misteri senza confessione. Tutto questo finché Yara era fantasma. Quando è tornata corpo umiliato, il Male si è materializzato fratellastro di ciascuno in un granello di Nord industriale, artigianale, residenziale recente come tutto intorno a lui. Negli Anni 70 si impone la grande industria, fabbriche e capannoni, vera modificazione di quella che può apparire la cittadina, come tante intorno, di lavoro e nido-casa, in un individualismo che sembra respirare egoismo. Gennaro Esposito, napoletano di nascita e studi, alle scorse elezioni candidato dell’opposizione superato per pochi voti, di professione è sociologo: «Negli Anni ‘70 l’industria divampa, si arriva in un centro come questo, di 8 mila abitanti, a 4 mila posti di lavoro». Aziende come Philco, Dalmine a due passi, tuttora all’ingresso della cittadina la Nolan dei caschi. Cresce il Nord che qui, in questi giorni di domande su un delitto, pareva nemico dell’urgenza di sapere. In realtà Brembate non è diversa da una periferia, è più quieta o s’era abituata ad esserlo: «Il mutamento - dice Esposito - fu la naturale ambizione di migliorare: la casa propria, la propria aziendina, la villetta, la casa a schiera, prato e siepe». Il dipendente dell’idraulico è proteso alla propria aziendina, l’autotrasportatore si fa padroncino. Sogno di provincia che è francobollo dell’America di Steinbeck. Esposito, senza giudicare, parla di «valore condiviso»: l’ambizione. L’ambizione si fa realtà, forse a volte esaspera l’autodifesa detta privacy. Là dove l’origine è contadina c’è comunione di invidie e sfide e guareschiane solidarietà. In questo mondo c’è una «nuova comunità di individui» che trova momenti di associazionismo, come il volontariato, ma insieme si tutela in un privatismo arroccato contro ipotetiche minacce. Omertà? Per praticarla occorre più condivisione. La comunità di individui soffre, si avvicina, come ieri sera ai ceri della veglia, al di là della fede, per un’ora dedicata, prima di tornare oltre la siepe, alla vittima sacrificale che anche il quieto vivere di lavoro e casa ha pagato a «qualcuno di noi».