Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  marzo 01 Martedì calendario

AL POSTO DI GARIBALDI, CHISSA’ PERCHE’ RICORDIAMO MUSSOLINI

A differenza di Garibaldi, di cui si parla sempre meno, e solo per rimproverargli la più grande delle sue numerose imprese, Benito Mussolini è un intramontabile, benché non abbia mai combinato niente di buono. Entrambi erano detti «duci» dai loro tifosi, ma alla fine ne è rimasto uno solo. Mussolini non piace soltanto a destra, dove però non lo ammettono più, se non in locali a prova d’intercettazione, dove Gianfranco Fini si confida con la sua signora alla presenza di suocera e cognato. Ma piace anche a sinistra, dove non lo ammetterebbero mai, nemmeno se li beccassero chiusi in bagno mentre stanno sfogliando, nascosta dentro una copia di Playboy, la fotocopia della voce «fascismo» dell’Enciclopedia Italiana. Piace, il Dux, perché è la quintessenza delle ideologie del XX secolo: un politico in maschera da clown, e tra tutti i politici in maschera da clown, non si manca di sottolineare, il meno assatanato. O almeno è così (come un dittatore malgré soi, ragionevole e bonario) che ce lo siamo raccontato per sessant’anni. E come tornano a raccontarselo Libero e il Giornale, che mandano in edicola nuove dispense mussoliniane, veri evergreen dell’editoria italiana fin dal dopoguerra, quando le foto dello scempio di Piazzale Loreto erano fresche di camera oscura. Pugni sui fianchi, stivali da cavallerizzo, profilo plebeo, pancia in dentro, mento in fuori, Mussolini. il trauma originario del o «secolo breve», dunque una specie d’idea fissa universale. Solo l’opinione da rotocalco reazionario che Mussolini fosse un tiranno dabbene appartiene esclusivamente all’Italietta immaginaria cara agli arcitaliani. Grazie agli ex fascisti, sempre un po’ nostalgici, come Indro Montanelli e Leo Longanesi, che posero le basi di questa leggenda negli anni Cinquanta, ci siamo ormai convinti che la Buonanima (anzi, Il buonuomo Mussolini, come Montanelli intitolò un pamphlet del 1946) non sia mai stato all’altezza, per spietatezza e nichilismo, degli emuli e successori del fascismo. Può darsi che sia davvero così, ma non si capisce in che modo ciò possa esserci di consolazione per le leggi razziali, per l’alleanza militare con giappi e crucchi, per l’orbace, per le ridicolaggini, per i salti nel cerchio di fuoco e per la guerra civile, per le violenze degli squadristi nei primi anni venti e per le infamie della Repubblica di Salò vent’anni più tardi. Aggiungiamo, poi, che, senza il grugno feroce del Dux e i suoi molleggiamenti sui tacchetti, non ci sarebbero state le performance hitleriane sul palco wagneriano di Norimberga; e che forse nemmeno Stalin, se Mussolini non avesse indossato per primo la grottesca divisa della Milizia, si sarebbe mai deciso a rendersi ridicolo vestendosi da maresciallo. Persino Gheddafi, con i suoi cavalli berberi e le sue colorite tenute da film fantasy, sarebbe inimmaginabile senza Mussolini a cavallo che brandisce la Spada dell’Islam. Mussolini è puro italian style: un articolo da esportazione. E ancora ce ne vantiamo, come delle tournées di Enrico Caruso in Argentina e delle Isotta-Fraschini che, come in una canzonetta del Quartetto Cetra, strombettano e spetazzano nuvoloni di gas di scarico in Central Park, a Piccadilly, sugli Champs Elysées. Sia Libero che il Giornale, riportando in edicola l’inserto mussoliniano, tengono furbettisticamente in piedi l’eterno equivoco sulla natura del fascismo. Fu il male assoluto? Oppure un bene, magari parziale? Mentre il Giornale pubblica non so quale «testamento politico» del Duce, Libero stampa i Diari postumi (definiti «dubbi», ma fasulli) del medesimo. Saranno lezioni di surrealpolitik in fascicoli da collezione. Per un momento sono stato tentato di collezionarli anch’io. Ma ho deciso che era meglio di no. Controcorrente, leggerò le Memorie, noiosissime, di Peppino Garibaldi. Leggerò, anzi, Garibaldi in Sicilia, Mursia, reportage d’un viaggiatore nel tempo: Gian Carlo Fusco.