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 2011  febbraio 26 Sabato calendario

Da «Linea rovente» a «Otto e mezzo»: venticinque anni di anticonformismo - Pom pom pom poom

Da «Linea rovente» a «Otto e mezzo»: venticinque anni di anticonformismo - Pom pom pom poom ... Pom pom pom poom ... Era il settembre 1988 e, su Canale 5, lo studio in radica ruotava su se stesso prima di mostrare il volto pacioso, chioma e barba fluenti, e lo sguardo acumina­to di un Giuliano Ferrara già Cicciopotamo e non ancora Elefantino. Il Muro di Berlino non era crollato e Radio Lon­dra si accingeva a diventare un appuntamento fisso della serata televisiva perché il suo conduttore le cantava chiare senza indulgere al politiche­se. «Ci sono molti modi di par­lare di un fatto di cronaca, di politica, di attualità: uno è quello di girargli intorno», di­ceva Ferrara nel promo ruo­tando l’indice, «un altro è quel­lo di cercare di arrivare al cen­tro della questione. Noi abbia­mo scelto la via più breve ». Du­rò un paio di stagioni e aprì la strada a una lunga serie di imi­tazioni che mai si avvicinaro­no all’originale, del resto inav­vicinabile per anticonformi­smo e gusto della provocazio­ne. Quando un paio di mesi fa Ferrara scrisse che aveva rice­vuto «delle offerte professiona­li generose e chissà che non mi torni la voglia (...) di trave­stirmi (...) in qualche figura di nuovo telepredicatore», a mol­t­i venne in mente quella fortu­nata rubrica di ventidue anni fa. Eppure, senza mai appiat­tirsi a personaggio del video o farsi ricattare dall’audience, con i suoi programmi Ferrara ha segnato le svolte dell’ulti­mo ventennio. Aveva lasciato da qualche anno il partito co­mu­nista e sul Corriere della Se­ra firmava una rubrica intitola­ta «Bretelle rosse», look con il quale compariva come noti­sta politico nel Tg2 di Alberto La Volpe. Da conduttore esor­dì nel 1987 su Raitre al timone di Linea rovente , il primo, cu­po, talk show giudiziario idea­to da Lio Beghin, l’inventore della tv realtà, nel quale si «pro­cessava » un personaggio con­troverso fino al verdetto finale espresso dai telespettatori. Nella stagione successiva Ferrara ricomparve sugli schermi di Mediaset allora Fi­ninvest e, dopo l’esperienza di Radio Londra , con il solito spi­rito guascone si tuffò dentro il bidone della spazzatura del­­l’ Istruttoria , dal quale fuoriu­sciva brandendo una lisca di pesce e un osso spolpato: «Bambini, a letto: è tornato il mostro della tv spazzatura». Era l’autunno del ’91 e il bersa­glio divennero i magistrati du­ri e puri di Mani Pulite, le in­chieste che stavano per rivolta­re come un calzino la prima Repubblica, trasformando Bettino Craxi in un latitante. Con la sua mole falstaffiana, Ferrara occupava lo schermo, accendeva polemi­che roventi, diven­n­e la risposta a San­toro. «Io sono in tv quello che sono nella vita - disse a Claudio Sabelli Fio­retti - Non riesco a indossare l’altra maschera, quella perbene e pensosa delle sorti del Pae­se. Non so corruga­re la fronte ». La cor­rugò, invece, l’Ita­lia perbenista e un po’ bacchettona che lo costrinse ad arrendersi nel 1992 quando, insie­me con la moglie Anselma Del­l’Olio, propose sul­la Italia 1 di Carlo Freccero le sue Le­zioni d’amore . Scelse di staccare la spina e spegnere le telecamere. Per dedicarsi alla politica in prima persona e fondare Il Foglio . Fi­no a riaccenderle su La7 nel 2001 con Otto e mezzo , il più asettico dei suoi programmi, a doppia conduzione, dal quale si congedò nel 2007. Ora il ri­torno su Raiuno, che Freccero saluta con favore: «Ferrara è una voce in più che può essere un lasciapassare per evitare al­tre, possibili, censure. Per esempio, io vorrei portare Lut­tazzi su Rai4. Inoltre, con la sua intelligenza e le sue pole­miche, può creare la rottura di moduli, riti e format un po’ lo­gori ». Non lo sarà il nuovo Ra­dio Londra , la formula giusta per uno che ha corpo e anima grandi, ma il cervello agile da slalomista del pensiero. Nien­te talk show con giri d’opinio­ne al termine dei quali il vinci­tore è sempre il banco, come al casinò. Meglio un corsivo per andare «dritti al centro del­la questione». A Ferrara è tor­nata la voglia di farlo. Quando il gioco si fa duro...