CHIARA BERIA D’ARGENTINE, La Stampa 26/2/2011, 26 febbraio 2011
L’autorottamato che vuole ridare le città ai giovani - Incontro Guido Martinotti, rinomato sociologo delle metropoli, intellettuale da sempre e, nonostante tutto, di sinistra, alla cena organizzata da Francesco Micheli (il finanziere, suo amico dai tempi del liceo) per Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze che vorrebbe rottamare i vecchi leader del Pd
L’autorottamato che vuole ridare le città ai giovani - Incontro Guido Martinotti, rinomato sociologo delle metropoli, intellettuale da sempre e, nonostante tutto, di sinistra, alla cena organizzata da Francesco Micheli (il finanziere, suo amico dai tempi del liceo) per Matteo Renzi, giovane sindaco di Firenze che vorrebbe rottamare i vecchi leader del Pd. Tra esimi notai, editori e immobiliaristi Renzi, alla sua prima uscita social a Milano (nel pomeriggio ha presentato il suo libro «Fuori!», pubblicato da Rizzoli) sembra un po’ intimidito. Le piace Renzi? Chiedo a Martinotti seduto sul sofà. «Su alcune cose ha ragione», risponde l’allievo di Renato Treves e Norberto Bobbio. «Non mi convince però quel suo tono un po’ fighetto; la politica è una cosa seria. Quanto al fatto che i vecchi debbano andarsene a casa sono talmente d’accordo che ho lasciato l’università in anticipo. Sono un pensionato». Raro caso di autorottamazione? Appuntamento con Martinotti, 73 anni, quasi tutti passati in università come studente a Milano, Berkeley e New York («Sono capitato alla Columbia university, il miglior dipartimento di sociologia al mondo, nel momento apicale, il 1962») e, poi, in cattedra (dopo Bobbio è stato preside di scienze politiche a Torino; ordinario alla Statale di Milano e ha insegnato in California, a Santa Barbara) per parlare delle difficoltà dei giovani - la questione generazionale non riguarda certo solo il Pd né solo la politica - con un grande vecchio della sociologia. Premessa: andare pensione per lei è stato un trauma? «Per nulla. Anzi, una liberazione! Con la legge Tremonti mi hanno “rubato” 3 anni di carriera ma sono felicissimo di aver lasciato. L’ho fatto anche per segnare una posizione; negli ultimi anni l’università italiana è stata garrottata; ho sentito cose inaccettabili, e non mi riferisco solo al ministro Gelmini», attacca Martinotti. «La mia vita da pensionato? Lavoro come prima. Ogni mattina mi alzo presto, leggo, scrivo. Il vero trauma è stato traslocare dalla casa-studio dove abitavo da 40 anni; spostare i miei libri, lasciare le piante della mia terrazza; compresa la vite che produceva 10 chili di uva fragola». Accampato provvisoriamente nelle stanze di Eva Cantarella, l’affascinante giurista e scrittrice sua moglie dal 1963 quando, vinta una borsa di studio partirono per Berkeley, Martinotti che ha vissuto con diverse generazioni di giovani, traccia un confronto tra i suoi favolosi vent’anni e quelli dei ragazzi di oggi. «Noi eravamo più poveri ma, nell’Italia del boom, con un tasso straordinario di crescita, eravamo pieni d’iniziative, avventurosi. Il costo dell’errore era basso: quando ci sono molti treni veloci anche se ne perdi uno puoi sempre recuperare. Oggi è esattamente l’inverso, i giovani hanno molte più risorse materiali ma il tasso di crescita è piatto. La conseguenza è che i giovani sono estremamente cautelosi. Si buttano poco. Ma non è una critica, hanno ragione loro: i treni adesso sono pochi, lenti e, quindi, il costo dell’errore è molto elevato». Le loro angosce, i nostri sbagli; vista con l’ottica del sociologo urbano la questione giovanile è drammatica. Prezzi troppo alti delle case; espulsione dei giovani dal cuore delle città. «Una vera devastazione!», accusa Martinotti. Dati e colorate cartine alla mano spiega l’altra faccia della Milano alle prese con l’ennesimo scandalo di «Affittopoli»: il blu che indica la popolazione più giovane (universitari, studenti fuori sede, giovani coppie) è una macchia oltre i confini della città. «Milano è una riserva di vecchi, rispetto a Roma ha il 10% in più (120 mila persone) di abitanti sopra i 65 anni! C’è una domanda inevasa di 20 mila posti letto ma noi ai giovani non glieli diamo e, così, pagano 500 euro al mese per stare in 3 in una stanza: come possono studiare in queste condizioni?». Guarda caso tra i progetti del sindaco Renzi, quello di riportare i giovani al centro di Firenze, è in piena sintonia con le teorie sulla «Città ideale» di Guido Martinotti, l’autorottamato vecchio compagno riformista.