Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 25/02/2011, 25 febbraio 2011
PERCHÉ I RUSSI HANNO DIRITTO ALL’ORGOGLIO SOVIETICO
Ho visitato la mostra di Deineka, pittore considerato «il maestro sovietico della modernità» , il cui approccio formale non fu però accettato nel tardo stalinismo. Sarebbe quindi stato più opportuno titolare «orgoglio russo» e non sovietico l’interessante articolo di Lauretta Colonnelli (Corriere, 18 febbraio) su questo tanto importante evento romano. A meno che non si voglia far intendere che il potere di oggi soffra di nostalgie del passato e che è incamminato a ripercorrerlo. Il che è completamente falso oltre che sarebbe offensivo per noi, quando ci si incontra per celebrare l’anno della Russia in Italia e dell’Italia in Russia con un artista che non è stato affatto coassiale al regime sovietico e tanto meno stalinista.
Generale Gianalfonso d’Avossa, Roma
Caro d’Avossa, nel settembre del 1989 presi parte a un convegno in Francia sulla crisi del comunismo e parlai, nel corso di un mio intervento, della «intelligentsia sovietica» . Adam Michnik, esponente di Solidarnosc e fondatore della Gazeta Wyborcza, prese la parola immediatamente per dichiarare che l’intelligentsia sovietica non esisteva. Intendeva dire che i buoni intellettuali (romanzieri, saggisti, poeti, artisti) erano russi e che quelli sovietici erano soltanto mediocri cortigiani del potere. Il giudizio mi sembrò troppo sommario. Non è possibile liquidare l’Unione Sovietica come una entità totalmente negativa. Se lo facessimo dovremmo giungere alla conclusione che parecchie centinaia di milioni di persone erano cieche, sorde e stupide. E non riusciremmo a capire quante speranze, illusioni e delusioni siano state suscitate nel mondo dal Paese di Lenin e di Stalin. Deineka non incontrò l’approvazione del «meraviglioso georgiano» , ma fu certamente «sovietico» , vale a dire interprete dei sentimenti, delle convinzione e degli slanci ideali della sua patria nel tempo della sua vita; come furono sovietici molti architetti, parecchi registi cinematografici, illustri scienziati e un certo numero di romanzieri, talora dissidenti, ma sempre convinti di lavorare per un sistema in cui era lecito riporre molte speranze. Aggiungo, caro d’Avossa, che i cittadini dell’Urss, anche se solo tiepidamente comunisti, erano fieri della vittoria conquistata a caro prezzo contro la Germania e del ruolo di grande potenza che il loro Paese aveva sostenuto sulla scena internazionale durante la guerra fredda. Vladimir Putin ha molti difetti, ma ha il merito di avere capito che la cancellazione del passato sovietico avrebbe creato un buco nero nella storia del Paese e provocato una pericolosa rottura nella coscienza nazionale. È probabilmente influenzato dal suo passato nelle file del Kgb, ma persegue un obiettivo che corrisponde agli interessi del Paese: preservare, per quanto possibile, la continuità della storia russa ed evitare che la condanna dello stalinismo trasformi l’intera storia sovietica in una colossale tragedia degli errori.
Sergio Romano