PAOLO MANZO, La Stampa 25/2/2011, pagina 21, 25 febbraio 2011
“Amazzonia salva” La vittoria di Maria contro la Chevron - La sua minuscola casa fatta di fango e paglia si staglia con dignità nella sconfinata grandezza della foresta amazzonica tutt’intorno
“Amazzonia salva” La vittoria di Maria contro la Chevron - La sua minuscola casa fatta di fango e paglia si staglia con dignità nella sconfinata grandezza della foresta amazzonica tutt’intorno. L’equadoregna Maria Aguinda, corpo minuto da india e sguardo acuto e penetrante, si è trasformata in un piccolo Davide e la sua lotta è diventata un simbolo planetario. Il Golia in questione non è la foresta amazzonica che, anzi, è stata alleata e motivo principale della strenua lotta della donna. Il gigante che pareva invincibile è il colosso petrolifero Chevron, che ha dovuto capitolare: lo scorso 14 febbraio un tribunale equadoregno ha dato definitivamente voce agli indios della regione amazzonica di Sucumbíos, nel Nord-Est dell’Ecuador, circa 30 mila persone che da anni denunciano i gravissimi danni ambientali creati nella regione dalle trivellazioni petrolifere. E la Chevron, che è la seconda maggiore società petrolifera Usa dopo ExxonMobil, è stata condannata al pagamento di 9,5 miliardi di dollari, uno dei risarcimenti per danni all’ambiente più alti della storia. Un vero e proprio «verdetto epocale». Le accuse, del resto, avrebbero inchiodato chiunque. Tra il 1964 e il 1990 la Texaco (nel 2001 acquistata dalla Chevron) ha riversato nei fiumi più di 68 miliardi di litri di rifiuti tossici nei fiumi, abbandonando nella foresta almeno 900 pozze piene di residui delle estrazioni petrolifere. E ha versato nell’ambiente altri 64 milioni di litri di greggio a causa di rotture accidentali negli oleodotti. Come tutto questo abbia a che vedere con una minuta donna di etnia quechua di 61 anni è la grande sorpresa di questa storia. Maria non parla neanche lo spagnolo e ogni suo discorso è tradotto parola per parola dal genero Guillermo. Ma la sua forza e la sua rabbia sono uniche. Oggi come 50 anni fa, quando fu proprio lei tra le prime a rendersi conto che l’arrivo della compagnia petrolifera nel suo villaggio di Rumipamba anziché portare benessere distruggeva ogni cosa. «All’inizio - racconta - quando i tecnici della Texaco si sono installati, per noi erano una novità, non pensavamo che avrebbero fatto danni. Poi però sono cominciati a venire fuori i pozzi con i residui tossici e la nostra «Devono pagare per gli anivita è cambiata. Niente più cac- mali che abbiamo perso, per cia, né pesca e tante malattie». l’inquinamento dei nostri fiu- La piccola india però non è mi e della nostra foresta», dirimasta a guardare. Nel 1993, chiara Maria, soddisfatta del quando ormai i danni erano risultato finora ottenuto. La sotto gli occhi di tutti, ha crea- Chevron ha già fatto sapere di to un comitato di protesta, voler ricorrere in appello, deficomposto per lo più da altri nendo il verdetto «illecito e abitanti come lei, danneggiati inapplicabile» e dichiarando nella quotidianità essenziale che non pagherà neanche un della loro vita. Il comitato ha dollaro della multa. Maria è denunciato lo sfacelo in atto al- pronta a continuare la sua lotla magistratura equadoregna, ta, anche perché il risarcimenla quale, in omaggio alla forza to inizialmente chiesto era di di questa donna, ha registrato ben 113 miliardi di dollari. Un il caso sotto il nome di «Maria altro capitolo di questa storia Aguinda e altri». è dunque assicurato.