ILARIA MARIA SALA, La Stampa 25/2/2011, pagina 7, 25 febbraio 2011
Pechino pianifica l’esodo più grande - Pechino lancia la più grossa operazione di evacuazione di nazionali cinesi mai portata avanti, nel tentativo di ricondurre in patria i 33000 lavoratori che si trovano attualmente in Libia
Pechino pianifica l’esodo più grande - Pechino lancia la più grossa operazione di evacuazione di nazionali cinesi mai portata avanti, nel tentativo di ricondurre in patria i 33000 lavoratori che si trovano attualmente in Libia. Indice significativo dell’espansione della presenza cinese in Africa, fatta in gran parte di operai, manovali, imprenditori e tecnici impiegati da aziende cinesi attive localmente, il folto gruppo di espatriati cinesi in Libia sarà riportato in Cina con un operazione che coinvolge i paesi confinanti con la Libia, e che si sta snodando con un coordinamento di autobus, aerei, navi e treni che coinvolgono numerosi paesi limitrofi. L’operazione, stabilita e programmata da una task-force gestita dal Ministero degli Esteri cinese e presieduta dal vice-Primo Ministro Zhang Dejian, si avvale anche dell’appoggio dei gruppi industriali che hanno maggiormente investito in Africa, fra cui la China Communications Constructions, che da sola ha più di mille dipendenti in Libia, e che ha dichiarato di voler fare della «sicurezza dei suoi operai la priorità assoluta in questo momento». Già giovedì mattina più di 4600 cinesi sono stati portati fuori dal paese scosso dalla rivolta e dalla sua violenta repressione, e trasportati al porto greco di Heraklion tramite navi charter organizzate dall’Ambasciata cinese in Grecia, a cui si aggiungeranno nelle prossime ore quattro navi cargo. L’appoggio di Atene, con cui Pechino già da alcuni anni coltiva i rapporti rendendo la Grecia uno dei suoi maggiori alleati in Europa, si è rivelato fondamentale per lo snodarsi iniziale dell’operazione. Più di 400 evacuati cinesi sono invece arrivati ieri in Egitto, a bordo di autobus che erano stati resi disponibili dall’ambasciata cinese. Due aerei charter sono già stati inviati da Pechino, e hanno potuto proseguire per Tripoli e Benghazi dopo uno stop-over ad Atene in attesa dell’autorizzazione delle autorità libiche per sorvolare lo spazio aereo del paese e poter atterrare. Il problema maggiore è presentato dalla difficoltà di radunare tutti i cinesi in Libia, data la difficoltà delle condizioni su terreno libico, l’impossibilità di utilizzare Internet e l’interruzione di molte linee telefoniche. Già fin d’ora, però, si hanno notizie di almeno 15 cittadini cinesi gravemente feriti e ricoverati in ospedale, dopo aver subito attacchi da parte di alcuni teppisti che, nella confusione generale, hanno preso d’attacco negozi e aziende di proprietà cinese. L’operazione salvataggio dei cinesi espatriati è stata pubblicizzata in modo accorato sui media cinesi, per quanto ciò sia avvenuto facendo il possibile per informare la popolazione del sostegno dato ai connazionali in un paese nel caos, pur senza menzionare nessun tema delicato - quale lo scoppio a catena delle rivolte prodemocrazia in gran parte del Medio Oriente. Un dettaglio significativo nel progetto di distensione nei rapporti fra la Cina e Taiwan è quello riguardante l’evacuazione dei cittadini taiwanesi su suolo libico, che verrà gestita dall’Ambasciata cinese (Taiwan non ha una rappresentanza consolare in Libia). Oltre ai più di 30.000 lavoratori cinesi, in Libia vi sono altri 70.000 lavoratori dall’Asia.