Luca Telese, il Fatto Quotidiano 25/2/2011, 25 febbraio 2011
“BASTA FIGHETTE, A 80 ANNI RITORNO DA FINI”
Nei tempi del calciomercato. Nei tempi della follia, della miseria e della ferocia politica, è accaduto anche l’incredibile, quello che nessuno avrebbe osato immaginare. Ovvero che uno dei più antichi avversari politici di Gianfranco Fini nel vecchio Movimento sociale, Tommaso Staiti di Cuddia, ex parlamentare, settantottenne, indomito polemista, fuori da qualsiasi partito da quando nel 1991 aveva abbandonato la Fiamma, ha annunciato il grande passo: “Prendo la tessera di Futuro e libertà, voglio stare al fianco di Fini in questa battaglia”. Così, intervistare il salmone che corre controcorrente diventa un compito avvincente, e anche divertente. Se non altro perché del
Contro
gruppo dirigente della ex An Stai-ti conosce vita morte e miracoli. E anche perché è convinto che quello del Fli sia l’unico treno per costruire in Italia la destra che non c’è mai stata: “Antibogotta, libertaria e perbene”.
Scusi Staiti, ma quando abbiamo letto la notizia qui a Il Fatto non ci credevamo.
Eh, eh, lo capisco. Chi me l’avrebbe mai detto che sarei diventato finiano ad ottantanni….
Come se lo spiega?
Con la logica e con il carattere. Sono uno che non è mai andato una volta in vita sua in soccorso del vincitore. Vedere quello spettacolo osceno dei venditori di tappeti che si offrono e che cambiano bandiera è stata per una vera sofferenza…
Nomi, nomi.
Ho letto l’intervista, proprio ieri, in cui l’onorevole Belotti diceva di aver fatto cabaret. Dava a se stesso del buffone per motivare la sua scelta di abbandonare Fli. Mi ha fatto pena, anche umanamente.
Eppure lei ne ha viste tante.
In sessant’anni di carriera politica è uno dei punti più bassi che abbia mai visto, a destra.
Poi lei dice che c’è anche una ragione politica.
Eccome, altrimenti sarei un pazzo emotivo. Ho apprezzato il coraggio di Fini. Ha avuto la forza di mettere in gioco tutto per una idea. Questo ha suscitato in me persino ammirazione.
Se ci legge Fini penserà di
avere le traveggole.
Invece gli ho anche telefonato per dirglielo. Lui sta facendo adesso l’operazione politica più importante che andava fatta a destra nell’ultimo cinquantennio: la separazione della destra da quella che io chiamo la “Becerodestra”.
E che cosa le distingue?
Se vogliamo semplificare possiamo dire così: la guerra fredda e il muro di Berlino, bel novecento, hanno costretto a stare insieme due cose che non avevano nulla a che vedere l’una con l’altra. Il bigottismo, il conservatorismo e i valori più retrogradi, con la storia di una destra innovatrice, progressista ed evoluta sul piano civile.
E Fini ha scelto la seconda strada?
Direi proprio di sì: ci portiamo dietro due scorie insostenibili e speculari del Novecento: il luogocomunismo e la becerodestra. Il miglior interprete di quel modo di pensare è Silvio Berlusconi.
Gli ex di An che stanno nel Pdl dicono che non esiste una destra al di fuori di Berlusconi.
Ah sì? Allora è la migliore prova che sia possibile. Vede, io ho de-le responsabilità terribili su La-russa…
Cioè?
Me lo ricordo quando pascolava in piazza San Babila con la fidanzata bionda e il cane lupo. Era una specie di Rasputin missino, non era amato dai camerati perché lo consideravano un po’ fighetta. Io credevo che avesse delle doti, e lo imposi in un ruolo dirigente - a Milano - in una riunione finita a sediate.
E ora?
Come vorrei che mi avessero steso e quella carriera non fosse iniziata.
E Gasparrri se lo ricorda?
È quello che è cambiato meno. Aveva già allora la fisiognomica e i modi dell’informatore questurile. Se c’era un angolo buio, in una sezione, lì c’era Gasparri che declinava organigrammi nell’ombra.
È vero che ha avuto parole
dure anche per Moffa, suo ex compagno di corrente?
Vere, direi. Moffa è uno che fa politica da mezzo secolo, con il complesso di colpa più drammatico per un politico. Si confonde con la tappezzeria del muro che ha alle spalle. Per far parlare di sè ha dovuto tradire in modo miserabile intruppandosi in quella trovata satirica che è il gruppo dei responsabili.
Ma esiste davvero la destra progressista che lei sogna?
Eccome. Forse, ora che sono caduti i muri, c’è la possibilità di costruirla davvero.
Mi dica cosa non va di questa destra berlusconiana.
Sa, io sono uno che Cicchitto lo vede sempre con il cappuccio nero in testa.
Ma lei come si definisce?
Ateo, spiritualista, progressista e liberale. Vedrete, questa destra c’è, e prenderà più voti senza Barbareschi e Belotti che avendoli tra lei sue fila.
Ma è sicuro che Fli non abbia posizioni di sinistra?
Quando ho visto Berlusconi che baciava la pantofola a Gheddafi e usava le nostre frecce tricolori per regalargli il teatrino mi sono vergognato di essere italiano. Berlusconi è quello. Un venditore di tappeti che non conosce l’identità nazionale. È la caricatura di un italiano. È ora di chiudere con la vergogna del berlusconismo una volta per tutte. E il tempo è questo.