Eduardo Di Blasi, il Fatto Quotidiano 25/2/2011, 25 febbraio 2011
MANUALE DI RESISTENZA PARLAMENTARE
Bloccare i lavori parlamentari. L’appello lanciato da Andrea Camilleri, Paolo Flores d’Arcais, Dario Fo, Margherita Hack, Franca Rame, Barbara Spinelli, Antonio Tabucchi, Furio Colombo, Roberta De Monticelli, Marco Travaglio e da tutti coloro che hanno aderito all’iniziativa di MicroMega, chiede alle opposizioni di farlo. Ma è possibile per le minoranze tirare il freno alla macchina legislativa non su un singolo provvedimento ma sul complesso dei lavori parlamentari? La risposta è sì. Il regolamento del Senato (ramo del Parlamento dove le opposizioni sono più deboli), consente di frenarne gli ingranaggi indipendentemente dalla consistenza numerica delle minoranze, ma anche di fare politica. Ecco allora un piccola manuale di “resistenza” parlamentare.
Il numero
legale
PER deliberare il Senato deve essere in “numero legale”. In Commissione occorre che vi sia almeno la metà più uno dei componenti. In aula, invece, il numero legale si raggiunge con un terzo deipresenti(ilquorumsiabbassa evitando di contare i senatori in missioneoincongedoeiministri che siedono sui banchi di Palazzo Madama). Se non viene espressamenterichiesto,inaulaildatodel numerolegalesidàperacquisito, anche se l’emiciclo è mezzo vuoto. I senatori, però, possono comunque, a inizio seduta richiederne la verifica.
“Se il Senato non è in numero legale, il presidente rinvia la seduta ad altra ora dello stesso giorno con un intervallo di tempo non minore di venti minuti, ovvero, apprezzate le circostanze, la toglie. La seduta è comunque tolta alla quarta mancanza consecutiva del numero legale”. (comma 4 dell’articolo 108).
Questomeccanismoconsentealle opposizioni di buttare la palla in tribuna, ma obbliga la maggioranza a garantire sempre il numero legale.
Il diritto di veto dei
gruppi
L’ORDINE dei lavori non è un tema che riguarda la maggioranza parlamentare, ma tutti i gruppi. Bisogna sapere che il Senato ha due tipi di programmazione per i propri lavori: una bimestrale, e l’altra di calendario settimanale. Il comma 4 dell’articolo 53 del regolamento, afferma “Il programma, se approvato all’unanimità, diviene definitivo dopo la comunicazione all’Assemblea”. La dicitura “se approvato all’unanimità”, suona abbastanza chiara. Sono tutti i capigruppo, dunque, a dare il via libera alla programmazione bimestrale dei lavori. Che si fa se non c’è l’unanimità? Semplice: quella programmazione non è fattibile e si ripiega sul calendario settimanale. Questo calendario è poi “comunicato all’Assemblea e, se non sono avanzate proposte di modifica, diviene definitivo; in caso contrario, l’Assemblea vota sulle singole proposte di modifica, previa unica discussione limitata a non più di un oratore per Gruppo e per non oltre dieci minuti ciascuno. Nel corso della settimanalaConferenzadeipresidenti dei Gruppi parlamentari è convocata per decidere sull’organizzazione dei lavori del periodo successivo”. Ma anche il calendario settimanale dei lavori richiede l’unanimità del voto dei gruppi? Sì. Ce lo dice l’articolo 55 del Regolamento che al comma 3 replica il principio già ricordato sopra: “Il calendario, se adottato all’unanimità, ha carattere definitivoevienecomunicatoall’Assemblea”. E se non è approvato all’unanimità? “In caso contrario, sulle proposte di modifica decide l’Assembleaconvotazioneperalzata di mano, dopo l’intervento dinonpiùdiunoratoreperGruppo e per non oltre dieci minuti ciascuno. Insomma, anche in questo caso i gruppi possono “occupare” una mezza giornata di lavoro al Senato eccependo sulla materia della discussione. Ma non solo. Lo stesso articolo 53, al comma 3, garantisce che “ogni due mesi, almeno quattro sedute sono destinate esclusivamente all’esame di disegni di legge e di documenti presentati dai Gruppi parlamentari delle opposizioniedaquestifattipropri”.Altro metodo politico per impegnare l’aula.
Mozioni, interpellanze e
inchieste parlamentari
I LAVORI del Senato possono essere “occupati” anche con mozioni, interpellanze e inchieste parlamentari. I gruppi possono presentarne una al mese e devono essere messe in calendario entro 15 giorni. Le mozioni, invece, se sottoscritte da almeno un quinto dei rappresentanti del Senato, devono trovare accoglimento entro 30 giorni. “Quando una proposta di inchiesta parlamentare è sottoscritta da almeno un decimo dei componenti del Senato, è posta all’ordine del giorno della competente Commissione, che deve riunirsi entro i cinque giorni successivi
al deferimento. Il Presidente del Senato assegna alla Commissione un termine inderogabile per riferire all’Assemblea. Decorso tale termine, la proposta è comunque iscritta all’ordine del giorno dell’Assemblea nella prima seduta successiva alla scadenzadelterminemedesimo,ovvero in una seduta supplementare da tenersinellostessogiornodiquesta o in quello successivo, per essere discussa nel testo dei proponenti”. Ora è abbastanza naturale che mozioni, interpellanze e inchieste parlamentari non troverebbero una via verso l’approvazione, ma darebbero un doppio segnale politico: indicherebbero la presenza in vita dell’opposizione (che porterebbero all’attenzione dell’aula temi di interesse generale) e segnerebbe un passo diverso nell’affrontare l’imbuto parlamentare.
Il “Question time”
all’italiana
L’ARTICOLO151-bistrattadelle “Interrogazioni a risposta immediata”. L’articolo è stato riscrittoeapprovatodalSenatonel 1999: ricalca il Question Time della Camera dei Comuni inglese. La stranezza, sta nel fatto che, vedendo il nostro “Question Time” e quello d’Oltremanica non sembrano la stessa cosa.
L’articolo recita: “Periodicamente,ecomunquealmenounavolta al mese, parte di una seduta destinata alla discussione di disegni di legge è dedicata allo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata relative alle materie specificatamente individuate dalla Conferenza dei presidenti dei Gruppi parlamentari”. Le “materie specificamente individuate” sono quelle di cui il ministero si occupa. Vale a dire che nel Parlamento di sua Maestà i rappresentanti del vanno in aula e rispondono a tutta una serie di domande sulle questioni di cui si occupano (Sanità, Lavori pubblici, Turismo), e se non sanno rispondere mettono la faccia su un “non ne so nulla”.
Da noi, con la norma scritta nella stessamaniera,èinvalsol’usodifareunpiacerealministro,nelsenso che quello conosce la domanda e la risposta e il dibattito, così schematizzato, è una formalità da pochi minuti. Forse anche ripristinarelaformadiquellanormapotrebbe contribuire a segnare un passaggio tra un modo di fare opposizione allargando le braccia e un
modo di farla rispettando le regole del Parlamento sovrano.