Sissi Bellomo, Marco Ludovico, Il Sole 24 Ore 25/2/2011, 25 febbraio 2011
ARABIA SAUDITA PRONTA A FORNIRE PIÙ PETROLIO
Potere dei rumors. Ne sono bastati un paio nella giornata di ieri perché le quotazioni del Brent, balzate fino a sfiorare 120 dollari al barile – un rialzo di oltre il 7% – iniziassero dapprima a raffreddarsi, poi a scivolare sempre più rapidamente, per chiudere invariate a 111,36 dollari al barile e addirittura scendere sotto la parità nel dopo borsa. Nelle sale di trading ieri sera si era sparsa la voce, in seguito smentita dalla Casa Bianca, che avessero sparato a Gheddafi.
L’altra indiscrezione, secondo cui i sauditi avrebbero cominciato a contattare le raffinerie nell’area del Mediterraneo, offrendosi di rifornirle non con un greggio qualsiasi, bansì con l’Arab Light o addirittura Extra-light – simili benché non identici alle pregiate qualità libiche – non ha invece trovato smentite altrettanto nette. Al Sole 24 Ore risulta tuttavia che a nessuno tra i maggiori raffinatori italiani sia per ora arrivata una proposta simile. Non tutti, a onor del vero, consumano in modo altrettanto vorace il petrolio libico – che costituisce un quarto delle nostre importazioni – ma telefonate, e-mail o altre forme di comunicazione non sono arrivate neppure alle società che hanno regolari contatti con la Saudi Aramco. Quanto all’Eni, è probabile che non incontri gravi difficoltà, poiché produce greggi simili in altre aree del mondo (ad esempio il Bonny Light nigeriano).
Proprio dal Cane a sei zampe era arrivato ieri l’allarme più forte sulle forniture libiche: si sono ridotte di due terzi, ossia di 1,2 milioni di barili al giorno, aveva detto l’amministratore delegato Paolo Scaroni, a margine di un’audizione al Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Stime più pessimiste – ma probabilmente più attendibili, poiché "di prima mano" – rispetto a quelle dell’Agenzia internazionale per l’energia, che parlava di 500mila-750mila barili al giorno.
La sicurezza energetica dell’Italia non è comunque a rischio, ha assicurato Scaroni. Quello «delle forniture di gas è un problema che non si pone» perché siamo alla fine dell’inverno e sono stati aumentati i flussi dai gasdotti del Nord (ieri tra l’altro la Russia si è detta disponibile a coprire qualsiasi eventuale ammanco). Per quanto riguarda il greggio,«è vero che ne importiamo molto dalla Libia, ma è facile da rimpiazzare con altri fornitori».
Quanto all’Eni, «siamo in emergenza, ma le cose vanno avanti». I campi onshore, a partire da quello di Wafa «funzionano regolarmente», ha spiegato Scaroni, ma negli impianti manca il personale, soprattutto libico. E al momento «è difficile immaginare quando tutto potrà tornare alla normalità». L’ad resta tuttavia ottimista, perfino di fronte al rischio di un ulteriore contagio della crisi, dalla Libia all’Algeria. «Guardiamo al futuro con una certa tranquillità. Abbiamo vissuto la vicenda egiziana. Il ricambio della leadership è avvenuto senza traumi, senza che noi perdessimo un solo barile».
Altre incognite derivano dalla fiammata del prezzo del petrolio, che secondo il primo ministro russo Vladimir Putin rischia di trasformarsi in una «minaccia grave» per la crescita economica mondiale. E in Italia la benzina è arrivata a quasi 1,53 euro al litro. I livelli raggiunti in questi giorni dalle quotazioni petrolifere non collimano con le previsioni del piano triennale di Eni, basate su una stima del barile a 70 dollari. Da una parte, ha spiegato Scaroni, i contratti Psa penalizzano l’Eni, poiché «se il prezzo aumenta, la produzione diminuisce». D’altra parte l’incremento dei prezzi non può che beneficiare le compagnie petrolifere. «Valutare questi due fenomeni è complicato, specie nel breve termine. Spero che per quando presenteremo il nostro piano, il 10 marzo, avremo le idee un po’ più chiare».
L’agenzia di rating Fitch ha intanto già messo in guardia da possibili ripercussioni negative su Eni, Omv, Repsol e Bg, compagnie petrolifere «significativamente esposte» nelle loro attività alla Libia o all’Egitto, se la crisi dovesse protrarsi a lungo.