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 2011  febbraio 24 Giovedì calendario

ARMI E PREGHIERE NEL RANCH DEGLI EREMITI DEL TEXAS CHE LANCIANO LA SFIFA ALL’FBI


Questa storia inizia alla vigilia di Natale del 1999 quando Joe Gray, carpentiere, è fermato dalla polizia su una statale a sud di Dallas. Non ha i documenti in regola, risponde con gli insulti e morde l’agente a una mano. Lo denunciano intimandogli di presentarsi davanti al giudice. Ma Joe Gray non obbedisce e si barrica nella sua fattoria a Trinidad, lungo il fiume della Trinità. Con lui la moglie, i sei figli, i nipotini e un pugno di seguaci: tra le 12 e le 16 persone. Nessuno conosce con esattezza il numero. Da allora non sono più usciti dall’accampamento protetto da staccionate e fil di ferro. La casa del texano si è trasformata in un avamposto autosufficiente. Non c’è luce, l’acqua la prendono da un pozzo, coltivano la terra con l’aiuto di un paio di asinelli, cacciano cervi e conigli selvatici, allevano una dozzina di pecore. Hanno anche un piccolo generatore che usano raramente. I Grey sono una banda di eremiti anti-Stato pronti a vendere cara la pelle. Hanno molte armi e sanno come usarle. In un messaggio inviato allo Sceriffo sono stati chiari: «Se avete intenzione di attaccarci ricordatevi di portare molti sacchi». Per i morti.
Joe, oggi sessantenne, non ha obbedito alla legge perché non crede nella legge. Membro di una milizia con la quale si è addestrato per anni, seguace della setta integralista cristiana dell’Oregon – L’ambasciata della Chiesa del Paradiso –, considera lo Stato come un nemico e ritiene che il governo federale voglia usurpare il Signore. Per questo si era costruito la targa della sua auto e aveva stampato la “sua” patente. Guai, poi, a parlargli di tasse. Non le paga dal 1995. Il suo slogan è semplice: “Disobbedire alla Tirannia è obbedire a Dio”. Persino la prevenzione sanitaria è considerata una pericolosa intrusione. Un cartello scolorito appeso sulla staccionata del ranch recita: “Vaccinazione uguale annientamento”.

TRECENTO FUORI DI TESTA
Per difendere la sua “ambasciata”, Joe Gray si è preparato. Temendo che la fine del mondo potesse arrivare con l’anno 2000, ha accumulato viveri, ha scavato un bunker e ampliato il campo. Dall’esterno – tenendosi a distanza di sicurezza – si può vedere la casetta a due piani. Attorno capanni improvvisati, un tendone, cumuli di rottami. In un angolo una vecchia jeep arrugginita, parcheggiato sotto gli alberi un furgoncino degli anni ’80. Agli angoli della recinzione delle sedie di plastica per le sue “sentinelle”. Scrutiamo l’area con il binocolo per vedere se si muove qualcosa. Nulla. Sembra una fattoria abbandonata. È una giornata di gelo – inusuale per la regione – e i Grey se ne stanno al coperto. Probabilmente sono raccolti in preghiera. O forse ascoltano una radio che trasmette sermoni. Di svaghi non ne hanno. Come ha raccontato Jonathan, detto Buba, uno dei figli, “il divertimento è giocare a domino” o ascoltare quello che racconta il padre. Viene da chiedersi quale sia stata la vita dei bambini costretti a seguire le regole del patriarca. Tra loro dovrebbero esserci anche Samuel e Joe Tarkington, portati nel ranch dalla madre Lisa nel 1999, quando avevano 2 e 4 anni. Il padre Keith, che aveva divorziato dalla moglie, non li ha più visti da allora. Lui è convinto che siano lì dentro, ma la polizia sospetta che Lisa li abbia trasferiti altrove, protetti dagli affiliati della setta. Trecento fuori di testa sparsi per gli Usa. Una volta che il povero Tarkington si è avvicinato troppo al cancello gli hanno gridato un avvertimento: “Se torni ti spariamo nel culo”. Minacce pronunciate da uomini con i fucili tenuti a tracolla e con i revolver nelle fondine da cowboy.
In questo lembo di Texas – ad appena un’ora da Dallas – c’è chi la pensa come la famiglia ribelle. A Palestine ha vissuto David Koresh, il capo dei Davidiani, morto poi nell’assedio di Waco. Nel febbraio del 1993 l’Fbi ha dato l’assalto al complesso occupato dal gruppo: 76 le vittime. Una pagina nera che ha cambiato anche la vita di Joe. E non solo perché il carpentiere frequentava i davidiani. Per paura di “una nuova Waco”, lo Sceriffo ha deciso di limitarsi a controllare i Gray. Ogni tanto una pattuglia si avventura lungo la strada fangosa, guarda e torna sulla statale ad annoiarsi. Gli “eremiti” si sono adeguati. Cercano di non creare problemi aiutati anche dall’ambiente circostante. Qui, gli abitanti pensano a lavorare e a portare a casa qualche dollaro. Questo non è il Texas dei petrolieri. La contea è povera, desolata, angosciante. La località più vicina, Trinidad, è solo un punto geografico sulla mappa composto da distributore, un fast food, un emporio, una fila di case. Poi il nulla, con l’eccezione di qualche tempio di evangelisti. A parte qualche fattoria dove allevano mucche o coltivano piante di noci, il resto sono casette tenute insieme alla meglio. Davanti sono parcheggiati non Suv lucenti ma camioncini di terza mano. Se bussi e chiedi di quei vicini strambi ti rispondono che “non fanno male a nessuno”. Un altro conferma che ci sono degli “amici che gli portano dei rifornimenti”. Un altro ancora non esclude che Joe e il figlio facciano un salto a Trinidad per comprare qualcosa. Tanto, a chi importa. Lo Sceriffo aveva piazzato un paio di telecamere davanti al recinto, ma le hanno distrutte. E oggi non c’è denaro – e voglia – per rimpiazzarle. Hanno provato anche a trovare un accordo coinvolgendo come mediatore l’attore Chuck Norris, il “ranger del Texas”. È venuto, ha parlato con la famiglia, se ne è andato a mani vuote. Joe è un vecchio testardo: «Possono prendermi la mia vita ma non la mia libertà. E ricordate: sono pronto a morire». Fine della storia. I Gray continuano la loro sfida al mondo.