Felice Cavallaro, Corriere della Sera 23/02/2011, 23 febbraio 2011
QUEI CINQUE ANNI DI DUBBI E SOSPETTI CHE L’ASSOLUZIONE NON RESTITUISCE
Una foto e un titolo in pagina interna per un’assoluzione che arriva dopo cinque anni di arresti forse non bastano per nessuno. Soprattutto se l’infamia di avere avuto rapporti con Cosa Nostra si abbatte contro un medico «colpevole» di essere addirittura «una creatura» di Bernardo Provenzano. Come è accaduto a Giovanni Mercadante, fino al 2006 il più apprezzato radiologo di Palermo, deputato di Forza Italia, marito di una altrettanto stimata dentista, pazienti felici, compresa la stragrande maggioranza dei cronisti palermitani, considerata la convenzione dell’ente di categoria. Poi, il cataclisma giudiziario partito dall’albero genealogico, con la parentela risalente a uno zio mafioso, ovviamente ammessa dall’imputato: «Ma sono anche nipote di un presidente di Tribunale» . Richiamo soffocato dagli indizi di tre pentiti, creduti in primo grado e, in assenza di riscontri, retrocessi lunedì sera a informatori infidi dai giudici d’appello. La partita, come sempre capita in Italia, è aperta e rischia di restarlo ancora a lungo se la pubblica accusa deciderà di perseverare promuovendo il ricorso in Cassazione. Ma, intanto, davanti a una sentenza che assolve perché «il fatto non sussiste» un moto di inquietudine dovrebbe vibrare fra i palazzi dell’informazione e della giustizia. Perché s’imporrebbe una «errata corrige» dopo tante speculazioni giornalistiche e televisive sulla zona grigia che c’è, ma che spesso viene raccontata in modo acritico da chi si affida in toto alle tesi d’accusa, allo stralcio di una intercettazione, al sospetto che diventa anticamera della verità. Così confondendo sospetto e dubbio, direbbe un attento lettore di Dürrenmatt. Anche a costo di travolgere la vita di chi ci inciampa di rimbalzo, a cominciare dalla dentista, calunniata e improvvisamente priva di clienti timorosi di «mascariarsi» pure loro, immersa in una solitudine che nessun risarcimento potrà mai bilanciare.
Felice Cavallaro