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 2011  febbraio 24 Giovedì calendario

A LAMPEDUSA STUDENTI E INGEGNERI IN FUGA

Ventotto nodi di vento, mare «agitato» e un cielo gonfio di nuvole che non promette nulla di buono.La sera, quaggiù, a 179 chilometri dal porto tunisino di Sfax e a 295 chilometri dalle fosse comuni di Tripoli, al centro del centro di questo mare, è una sera d’attesa del peggio che verrà, una sera in cui la luce va e viene, una sera di palme piegate dal vento, concentrata e nervosa come tutte le sere che in qualche modo s’incrociano con la Storia.
Arriveranno in diecimila, ventimila, trentamila? Davvero trasformeranno questa piattaforma naturale, questo invidiabile punto d’osservazione sul tramonto di un’epoca, in un «campo di concentramento all’aperto»? Se lo stanno chiedendo i militari, le guardie costiere e anche i meteorologi perché già da questo pomeriggio il tempo, purtroppo, dovrebbe migliorare. Se lo stanno chiedendo gli esperti di intelligence di mezza Europa sparsi discretamente per l’isola a caccia di informazioni, e gli stessi misteriosi funzionari dell’agenzia europea Frontex -nata per far fronte ai problemi dell’immigrazione-, calati qui da Varsavia a cercare di capire, di prevedere il prevedibile.
Se lo stanno chiedendo anche i 6.126 abitanti di Lampedusa, Tonino l’albergatore, Rodolfo il tassista, Salvatore il salumiere, perché continuano ad arrivare chiamate da Venezia, da Bergamo, da Firenze, che fanno giusto il paio con questa sera bislacca: «Ci dispiace, per l’estate non veniamo». Piovono disdette, insomma, sotto questo cielo d’Africa, disdette preventive, prima ancora che qualcosa di grave, di irreparabile sia successo.
Bisognerà quindi spiegarlo a questi signori, a questi turisti in braghette, che a Lampedusa, almeno per ora, è arrivata la meglio gioventù di tutto il Nord Africa. Visitare per credere: il centro di accoglienza è una specie di campo scuola, dove tutti sanno quello che fare, non una rissa, non una discussione, non un gesto fuori posto, ma tutto un ciaccolare fra studenti, medici, ingegneri, anche manager, che non vedono l’ora di salire sul primo aereo che li porti ancora più su, possibilmente Francia o Germania. La conferma viene da Cono Galipò, direttore del centro: «Non abbiamo veramente nessun problema a gestirli. Basta una parola, un messaggio, e loro recepiscono...».
Ne sono arrivati altri 250 fra la notte e le prime luci dell’alba, nonostante il mare grosso, ma è come un serbatoio che si riempie e si svuota continuamente perché poi trovano aerei pronti a smistarli per mezza Italia e da lì per il resto d’Europa. Ne sono arrivati almeno duemila negli ultimi giorni, da quando il centro per forza di cose è stato riaperto, e stasera gli ospiti effettivi sono 815 per 700 posti letto. A quelli in sovrannumero verrà comunque garantito un giaciglio.
Hanno i loro piccoli traffici, certo. Vendono la loro avventura per mare, dei filmini realizzati grazie al cellulare, al modico prezzo di dieci euro. Non avendo dichiarato le loro generalità, però, stanno per esaurire anche gli spicci che avevano in tasca e non ci sarà banca, in tutta la Sicilia, disposta a corrispondere somme di denaro -pur di legittima provenienza- intestate a dei fantasmi. Sarà un problema nei prossimi giorni, non questa sera.
Hanno anche le loro storie, e pure belle. Due donne incinte, una al sesto e l’altra all’ottavo mese di gravidanza sono state accompagnate fin qui dai rispettivi mariti, tutti e due con un bel passaporto francese in tasca, due uomini che si son gettati in quest’avventura pur di condurle sane e salve in Occidente. Non si fanno vedere, non si fanno intervistare, sono le ospiti più preziose di tutto il centro.
Poi c’è la storia di Amir, che confessa di aver fatto lo scafista dell’ultima nave arrivata, al prezzo di diecimila dinari tunisini, cioè cinquemila euro: «Ho visto le previsioni, ho visto il mare e sono partito...». Le sue venti ore di navigazione disperata sono tutte su quella barbetta ispida che ora cerca conforto: «La barca l’abbiamo comprata solo dopo aver deciso la traversata. Sì, ognuno dei passeggeri ha pagato mille euro per arrivare fin qui».