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 2011  febbraio 24 Giovedì calendario

CONNESSIONI ROBOTICHE

Un robot assiste un paziente in ospedale. È efficiente e silenzioso: afferra una bottiglia, si avvicina al letto e appoggia il recipiente di vetro su un tavolo. Ha imparato un compito per tentativi ed errori, in un ambiente senza molti ostacoli dove sono presenti anche altre persone. E archivia le conoscenze acquisite in una banca dati. Alcune ore dopo un altro robot entra nella stanza, ma ha un vantaggio: accede alle informazioni già raccolte in precedenza. Sapere in anticipo le dimensioni e la posizione della bottiglia può aumentarne la velocità delle azioni. È uno scenario per le applicazioni del progetto RoboEarth, un world wide web che non è esplorato dagli sguardi delle persone, ma da intelligenze artificiali in grado di accedere ai dati in tempo reale, a partire da una banca dati paragonabile a una Wikipedia pronta per l’uso da parte delle macchine.

«Attraverso il contatto con l’ambiente e con le persone i robot generano conoscenza, ma non esistono piattaforme condivise per queste informazioni. Nell’ultimo anno abbiamo sviluppato le prime componenti del software, come la comunicazione con il database, una parte della library, l’integrazione con i sensori», sottolinea Markus Waibel, ricercatore all’Istituto di tecnologia di Zurigo, impegnato a definire i confini e le ambizioni di RoboEarth. Gli automi non si limitano alla lettura delle pagine nella Robopedia. Aggiungono informazioni sull’ambiente circostante, in un modo simile alla scrittura collaborativa per i testi di Wikipedia: costruiscono mappe dei posti dove sono operativi, memorizzano descrizioni degli oggetti che incontrano e aggiornano le istruzioni per completare compiti specifici.

«All’inizio ospiteremo i dati nei nostri server a Stoccarda, ma il progetto prevede che ognuno abbia le informazioni nei suoi server», aggiunge Waibel. Tra cinque mesi sarà accessibile online la prima versione del software: è un progetto quadriennale seguito da trenta ricercatori e finanziato con il Settimo programma quadro della Comunità europea.

Non sono previste applicazioni industriali a breve, ma le evoluzioni lungo il percorso dei prossimi mesi includono anche ipotesi per servizi internet intelligenti e una sorta di app store, ispirato al modello degli scaffali digitali per smartphone e tablet. Sono evoluzioni anticipate da alcuni pionieri che hanno analizzato le intelligenze diffuse in grado di connettere più unità indipendenti. Ray Kurzweil, inventore e saggista, prevede la "singolarità": la costruzione di un’intelligenza artificiale iperconnessa e globale. Lo scrittore Bruce Sterling ha coniato la parola «spime» per descrivere oggetti rintracciabili in ogni momento nel tempo e nello spazio.

Nello scenario immaginato dai ricercatori di RoboEarth non è lontana la robotica personale: gli automi, finora utilizzati soprattutto nelle attività produttive industriali, entrano anche nell’economia dei servizi in città all’interno di case, uffici, ospedali. E hanno la necessità di standard e piattaforme comuni. Negli Stati Uniti e in Europa spinoff universitari e start-up sono al lavoro per costruire automobili con pilota automatico, robot spazzini, miniautomi a basso costo e programmabili in modo semplice.

La Robopedia muove i primi passi. Ma sono già attivi progetti per uno stadio preliminare rispetto al world wide web delle macchine: l’internet delle cose. Secondo la società d’analisi Gartner entro due anni il 20% del traffico online (video esclusi) sarà generato da sensori, come accelerometri, giroscopi, etichette rfid che trasmettono informazioni in tempo reale. Anzi, Abi Research prevede una rapida diffusione delle reti wireless di sensori: se nel 2010 includevano 8,5 milioni di dispositivi, tra cinque anni ne connetteranno 242 milioni.

Risparmio energetico, ambiente e salute sono i principali terreni di applicazione, esplorati da multinazionali e start-up. «L’internet delle cose è l’anello di congiunzione mancante tra i dati, la salute e il corpo. Adesso stiamo assistendo all’incontro fra self-tracking e i social media, ma siamo ancora all’inizio», sottolinea Roberto Ascione, presidente di Publicis healthware international, una società specializzata nell’analisi delle frontiere tecnologiche di informatica e salute.

Smartphone e tablet, per esempio, abilitano il monitoraggio di alcuni parametri fisiologici grazie ad accelerometri e giroscopi. È stato il punto di partenza per sviluppare software per la programmazione di allenamenti personalizzati o per il controllo dell’alimentazione, integrati con i social network. Inoltre sono in corso sperimentazioni nell’assistenza personale: ad esempio, cornici digitali per monitorare la salute e scatole interattive per farmaci che segnalano in modo automatico i consumi al medico.

Alcune start-up puntano allo sviluppo delle piattaforme software di connessione per l’internet delle cose. A Barcellona installazioni sperimentali di parchimetri segnalano in tempo reale la disponibilità di posti liberi: si tratta di un progetto gestito da Ibm anche grazie al supporto della start-up inglese World Sensing. In Italia è attiva WideTag: ha costruito un "social energy meter" per il controllo avanzato dei consumi di energia. E di recente il fondo di private equity e venture capital Safeguard Scientifics ha investito cinque milioni di dollari su ThingWorx: è impegnata nella ricerca su standard di sicurezza elevati per la comunicazione nel l’"internet of things".