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 2011  febbraio 24 Giovedì calendario

Mamma mia, è sparita Little Italy se l’è mangiata tutta Chinatown - Manhattan è lo specchio del pianeta

Mamma mia, è sparita Little Italy se l’è mangiata tutta Chinatown - Manhattan è lo specchio del pianeta. Non è una città e nemmeno un quartiere, è una collezione di tanti paesi diversi che imitano gli origi­nali sparsi nei quattro angoli del mondo. Ora, però, il pae­se che imita l’Italia non c’è più. Lo ha certificato il censi­mento dell’anno scorso: a Lit­tle Italy nessuno tra i residen­ti è nato nella Penisola. Nel 2000 i nati oltreoceano erano ancora 44.Cinquant’anni pri­ma 2.149. Un declino lento, ma continuo e inarrestabile. A mascherarlo non bastava­no i simboli esibiti di un folklore sempre più pacchia­no e lontano dalla vita vera della comunità italo-ameri­cana. Al cinema Little Italy è fini­ta negli anni 50: quando, alla morte di Don Vito Corleone, il figlio Michael (Al Pacino) trasferisce la Famiglia a Las Vegas e a Reno, i nuovi centri pulsanti dell’economia e del crimine americano. Nella re­altà l’agonia è stata molto più lunga. Ancora nel 2005 Vin­cent Gigante, boss della fami­glia Genovese, passeggiava in ciabatte e accappatoio, ur­lando frasi senza senso, per le strade del quartiere, tra Mulberry e Grand street. L’unico modo,spiegava la po­­lizia, per farsi passare per fol­le ed evitare la condanna. Ma poche settimane fa, quando l’Fbi ha arrestato 100 soldati di Cosa Nostra nella più gran­de retata contro il crimine or­ganizzato da decenni, nessu­no di loro abitava a Little Italy. Gli italiani che arrivano og­gi dalla Penisola stanno nei quartieri eleganti, vicino alle sedi delle banche o delle uni­versità: sono finanzieri, pro­fessionisti o studenti. Gli ita­lo- americani, invece, si sono trasferiti da tempo a Ben­sonhurst, nel borough (così si chiamano le divisioni ammi­nistrative della città) di Broo­klyn, con le sue villette alline­ate, sogno di ogni famiglia piccolo-borghese. Oppure hanno traslocato un po’ più in là, a Staten Island, dove il 44% degli abitanti ha radici italiane. Vengono da qui gli italo­americani che vanno in tv e magari diventano i protagoni­sti di reality e serie tv di suc­cesso. Come i protagonisti di «Jersey Shore », programma culto di Mtv, ormai trasmes­so in mezzo mondo: veri «truzzi», simpatici ed estro­versi come forse solo gli italia­ni sanno essere, ma che con tutta probabilità l’Italia non sanno nemmeno dov’è. Quanto a Little Italy, come certi palazzi del vicino Lower East side, culla della cultura yiddish americana, ormai è diventata un museo. E a visi­tarla sono per lo più gli italo­americani che vivono negli al­tri quartieri e che di tanto in tanto hanno voglia di fare un tuffo nella tradizione. L’anno scorso il Na­tional Park service, l’en­te che gesti­sce i parchi e i monumen­­ti, l’ha innal­zata al rango di «Distretto storico». Nel­la delibera ha però uni­to nella stes­sa area la Litt­le Italy vera e propria e Chi­natown, sen­za alcun con­fine tra di lo­ro. Così, ac­canto al Columbus day e alla festa di San Gennaro, i due giorni gloriosi della comuni­­tà tricolore, il quartiere ha ini­ziato a organizzare un Marco Polo day e una marcia di Nata­le dal burocratico nome: «L’Occidente incontra l’Oriente». Nulla di cui meravigliarsi: oggi i residenti della zona, in tutto meno una trentina di isolati, sono 8.600 e tra di loro circa 4.400 sono nati all’este­ro. L’89%di questi ultimi arri­va dall’Asia. Solo una trenti­na i bimbi di origini tricolori battezzati ogni anno. Due an­ni fa l’associazione dei nego­zianti italiani organizzò una gara di canto. Il repertorio prevedeva solo canzoni nella migliore tradizione del Bel canto. A vincere fu un tenore coreano. Quasi contempora­neamente si tennero le elezio­ni per la carica di consigliere comunale. In questo caso ad avere la meglio fu una ameri­cana con origini a Shanghai. Si è compiuta così la conqui­sta iniziata ormai 40 anni fa, quando il vicino quartiere de­gli immigrati cinesi iniziò ad espandersi a spese della co­munità italiana. Come in Ita­lia le vie sono ora piene di pubblicità di centri di mes­saggi e di rosticcerie asiati­che. New York però è sempre un passo avanti: anche i cine­si di Chinatown si stanno im­borghesendo e hanno inizia­to a traslocare in zone più ele­ganti. Lasciando posto ai cu­gini poveri malesi e vietnami­ti.