CINZIA DI CIANNI, La Stampa 23/2/2011, 23 febbraio 2011
I boati della grande montagna annunciano un terremoto? - Il 2011 non è cominciato bene a Fadalto, frazione di Vittorio Veneto appollaiata lungo la Statale 51 d’Alemagna, al confine tra le province di Treviso e Belluno
I boati della grande montagna annunciano un terremoto? - Il 2011 non è cominciato bene a Fadalto, frazione di Vittorio Veneto appollaiata lungo la Statale 51 d’Alemagna, al confine tra le province di Treviso e Belluno. Gli abitanti non sono tranquilli da quando i loro sonni sono interrotti dall’«orco», come ormai lo chiamano. Da un paio di mesi avvertono rumori sordi e profondi che sembrano levarsi dalle viscere della montagna, accompagnati da lievi scosse di terremoto. Boati che fanno temere il peggio. Ne hanno segnalati una quarantina, con picchi di una dozzina di eventi nello stesso giorno. Si sono manifestati a orari abbastanza regolari e questo è uno degli aspetti più strani della vicenda. Dopo un calo nell’ultima settimana, ieri alle 8.29 se n’è verificato un altro, piuttosto forte. Le cause possono essere diverse: crolli in cavità o assestamenti nell’area del Lago Morto, detto così perché è alimentato da bacini carsici sotterranei. Le verifiche hanno escluso cause artificiali, come i lavori nella centrale Enel o nelle cave del Col delle Vi. Gli abitanti temono che questi eventi acustici possano annunciare un terremoto, ma il cosiddetto «rombo sismico» non è un precursore: è, semmai, l’effetto di un sisma già in atto. «Questo rombo - spiega Patrizia Tosi, sismologa dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - è prodotto dalle onde sismiche che, oltre ad attraversare i terreni, si propagano nell’aria, trasformando il suolo in un immenso altoparlante. La maggior parte delle onde hanno una frequenza tra i decimi di Hz e i 10 Hz e quindi non sono percepite dall’orecchio, ma, se raggiungono frequenze maggiori (20-50 Hz), possono essere avvertite come un suono cupo». A volte il rombo precede lo scuotimento di pochi secondi e viene udito anche lontano: nel caso dell’Aquila è stato avvertito a più di 100 km dall’epicentro, ma durante il sisma di Charleston (South Carolina, 1886) arrivò a 1200 km di distanza. Sebbene qualcuno ricordi che, in passato, episodi simili si erano già manifestati e si esaurirono senza conseguenze, gli esperti del Centro di Ricerche Sismologiche dell’ OGS di Trieste e Udine (l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) hanno allestito una rete sismometrica, dotata di 5 stazioni mobili aggiuntive in grado di registrare eventi sismici lievissimi. «Al momento l’ipotesi più probabile - dice il sismologo Dario Slejko - è che si tratti del movimento di fluidi sotterranei, ma non scartiamo alcuna possibilità». L’area, in effetti, è carsica, ma è anche considerata a rischio sismico medio-alto, tanto che nel 2006 è stata equiparata a L’Aquila e nel 1873 fu registrato, a pochi chilometri da Fadalto, un terremoto di magnitudo 6.3, simile a quello verificatosi nel 2009 in Abruzzo. «Purtroppo non esistono statistiche che mettano in relazione il manifestarsi di certi fenomeni acustici con i terremoti - precisa Tosi -. Spesso si tratta di sequenze che non hanno conseguenze di rilievo, ma non c’è alcuna certezza». I boati sono un fenomeno misterioso ma ricorrente, già ricordato in tempi remoti. Un primo accenno si trova nelle opere di Aristotele, mentre Francesco Bacone li considerava «presagi meteorici». Nel «Tractatus Medico-Physicus de Terraemotu», composto da Marco Melli e stampato a Forlì nel 1708, si cita il «mugghio della Balza», forse causato dai gas che si sprigionavano da un laghetto di acque bollenti detto «Gora morta» in provincia di Firenze. In alcuni casi i fenomeni furono eccezionalmente forti e frequenti, come nel 1784 a Guanajuato in Messico e nel 1822 nell’isola dalmata di Meleda. In Italia questi controversi fenomeni acustici furono detti «brontidi» e catalogati ai primi del Novecento da studiosi come Tito Alippi e Mario Baratta, che raccolsero una vasta casistica, annotando i racconti delle popolazioni. Non fu un’impresa facile, perché i boati erano descritti con nomi e caratteristiche diverse da regione a regione e la realtà si mescolava con la superstizione. Si parlava di «marina» in Umbria, di «ruglio o baturlio della marina» nel Senese, di «bonniti e bombiti» nell’Appennino marchigiano, di tuono o «trabusso» in Romagna. Celebre fu il caso del «ruggito della Gorga Nera» nei pressi del Falterona. Si pensava che i boati fossero causati da eruzioni sottomarine o dalla compressione esercitata dalle maree su masse d’aria imprigionate nel sottosuolo oppure, ancora, avessero cause atmosferiche. C’è chi li sentiva provenire dalle grotte, dalle gole ventose delle montagne o dal cielo, ma spesso si verificavano nel bel mezzo di giornate estive, luminose e serene: nessun temporale all’orizzonte, nessuna causa artificiale accertata. I montanari delle borgate più sperdute spesso li attribuivano a divinità ctonie infuriate. Nel Nord Europa, invece, i misteriosi boati si verificavano spesso sul mare, alimentando le leggende dei marinai. Gli inglesi li chiamavano «paperbag», perché simili allo scoppio di un sacchetto di carta. I pescatori francesi, belgi e olandesi «mistpoeffers» o «rôts de mer», cioè «rutti» della nebbia o del mare. Nel 1895 il geologo belga Ernest Van den Broeck li trasformò da leggenda popolare in oggetto di interesse scientifico, pubblicando una serie di articoli sulla rivista «Ciel et Terre». Charles Davison, nel saggio «Earthquake sounds» apparso sul «Bulletin of the Seismological Society of America» nel 1938, classificò i suoni della Terra, paragonandoli a quelli di veicoli a motore, tuoni ed esplosioni ma anche, più poeticamente, a «un’immensa nidiata di pernici, una cascata lontana, una nota bassa d’organo». Oggi i fenomeni acustici più famosi - e inspiegati - sono gli scoppi noti come «Barisal-guns», che si verificano nel Bengala e ricordano fragorosi colpi di cannone, mentre il caso più intrigante, ma quasi certamente falso, si aggira come uno spettro sul Web. Sarebbe stato riferito da un certo Viktor Azzakov, direttore di un progetto di scavo condotto tra Finlandia e Russia, che doveva spingersi a 9 miglia di profondità. I geologi si sarebbero ammutinati in massa, dopo aver udito un coro di lamenti angosciosi levarsi dalle viscere della Terra: il suono stesso dell’inferno.