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 2011  febbraio 23 Mercoledì calendario

La seconda giovinezza dell’“ardito” Menia - Ex sottosegretario all’ambiente Roberto Menia è nato a Pieve di Cadore, il 3 dicembre 1961 Ex sottosegretario all’Ambiente nel governo Berlusconi, è coordinatore di Futuro e Libertà Sei un grande italiano», disse Mirko Tremaglia a Roberto Menia

La seconda giovinezza dell’“ardito” Menia - Ex sottosegretario all’ambiente Roberto Menia è nato a Pieve di Cadore, il 3 dicembre 1961 Ex sottosegretario all’Ambiente nel governo Berlusconi, è coordinatore di Futuro e Libertà Sei un grande italiano», disse Mirko Tremaglia a Roberto Menia. Mica uno qualsiasi: stiamo parlando del vecchio Mirko, che a diciassette anni partì per Salò «e non tornò più», come raccontò un giorno il povero Marzio, il figlio di Mirko morto per un cancro al cervello. «Sei un grande italiano», disse Tremaglia a Menia e, se mai uno come Menia possa commuoversi, si commosse in quel momento. Lui, nato da una esule istriana, che nel settembre del 2008, dopo che Gianfranco Fini aveva inserito l’antifascismo fra i valori della destra moderna, si chiese «chi tra i volontari della Repubblica sociale che difendevano l’Istria e Trieste e i partigiani che si macchiarono dell’infamia delle foibe fosse dalla parte sbagliata». E Menia fu dichiarato «grande italiano» perché al congresso di scioglimento di Alleanza nazionale (marzo 2009) espresse tutti i suoi dubbi sulla nascita del Popolo della libertà, nel quale gli ex missini rischiavano di farla da ospiti, anziché da cofondatori. Nel gruppuscolo rimasto agli ordini di Fini, ognuno ha un motivo diverso per dirsi finiano e forse quello di Menia, triestino quarantanovenne, si riassume nell’aver avuto ragione: tanti, a cominciar da Fini, nel Pdl si sono sentiti pensionanti. Ci si figuri quindi con che spirito ieri Menia sia andato alla vecchia sede missina di via della Scrofa, dove si teneva il consiglio di amministrazione del Secolo d’Italia , il non diffusissimo ma pugnace e vivace quotidiano diretto da Flavia Perina con sentimenti marcatamente finiani. Il timore di Menia e degli altri di Futuro e Libertà , nato per esplicite minacce degli ex camerati, è che anche il Secolo sia dirottato in mani berlusconiane, o perlomeno antifiniane, come se il premier non avesse già abbondanti mezzi di diffusione del suo pensiero. Si è detto che Menia guidasse un’occupazione dallo stesso Menia smentita: «Via della Scrofa è casa nostra, figuriamoci se intendiamo occuparla. È la casa di tutti noi, che veniamo dalla stessa storia politica. Il Secolo è una voce libera, non si può chiudere come se fossimo in un regime», ha detto. E se l’impressione dei finiani è che si voglia spargere il sale sulle rovine del presidente della Camera, la determinazione dell’ardito Menia è di quelli che Dio gli ha dato il fardello e pure le spalle. Ora, infatti, è sovente vittima di scherno perché da sottosegretario all’Ambiente si spese per quella «incredibile macchina della tecnica e della natura che è il colibrì». Il risvolto grottesco è in agguato in ogni esistenza. Ma quella di Menia è stata in buona parte spesa per ottenere, come ottenne, il Giorno del Ricordo delle vittime delle foibe. Ha fatto anche molto altro, naturalmente, tranne che seguire le continue svolte e le continue rincorse di Fini, tanto che, ancora nel luglio del 2007, sbatacchiò il governatore del Friuli, Riccardo Illy, per la «deriva zapaterista» che lo aveva spinto a dare congedo al «dipendente sposo di pseudo nozze omosessuali», seppur la Costituzione e il diritto naturale, specificò Menia, riconoscano soltanto il matrimonio fra uomo e donna. E quando le invettive anti-gay di Tremaglia sollevarono putiferio, e già in tempi di revisionismo sessuale di Fini, Menia chiese a tutti perché mai le «bestemmie di Dario Fo» costituissero arte. E dunque si apprezzerà oppure no il patriota Menia («Posso affermare con certezza e grande soddisfazione che da oggi il molo VII, cuore pulsante del porto di Trieste, torna in mani italiane!», ottobre 2004) e la sua caratura ideologica («La Rai la smetta di molestarmi, non sono coprofago, sono contro la liberalizzazione della droga, contro l’egemonia della sinistra, il canone non lo pago», febbraio 2001), ma se ne dovrebbe senz’altro apprezzare il puntiglio e la non meccanica coerenza. Quando si sposò (luglio 2008) c’era tutto lo stato maggiore di Alleanza nazionale e Fini si rifiutò di parlare di politica: «Sono qui per festeggiare un amico, un amico personale». Ed è stato così negli anni a venire, nonostante i gay, nonostante l’antifascismo, nonostante il Pdl, nonostante la pensino all’opposto su tutto tranne che sull’unica cosa che conti: Berlusconi.