la Repubblica 23/2/2011, 23 febbraio 2011
LETTERE
Egregio dott. Augias, da quando nel Parlamento sono rappresentati anche i deputati della Lega, assistiamo ad uno strano fenomeno: il taschino della giacca è, per così dire, infiocchettato da un fazzolettino verde, il colore distintivo dei leghisti. Passi pure per i deputati che rappresentano il territorio di provenienza, ma quando a fregiarsi del fazzolettino verde sono anche ministri in carica, allora la cosa mi fa pensare anche perché fin dalle elementari insegniamo ai bambini che i ministri rappresentano l’intero Paese e non una parte sia pure significativa di esso. Ma passi anche questo per i ministri leghisti. Dove però c’è da indignarsi è quando si vede il ministro Calderoli partecipare alle sedute del Parlamento indossando un paio di pantaloni arancione e quindi una giacca blu e quindi una camicia verde. Ma non significa irridere le istituzioni, questo bizzarro accostamento di colori? Io ricordo che quando entravo in classe sono un maestro di scuola elementare in pensione - cercavo di essere un modello non dico di eleganza, ma certamente di decenza, e proprio perché ritenevo la scuola una istituzione, e non un circo.
Vittorio Riera - Palermo, vittorio.riera@alice.it
Il ministro Calderoli si veste effettivamente con i colori di un pappagallo. C’è una canzone di Arbore, "Cocorito", dove si racconta (in napoletano) di un vecchio pappagallo al quale "so’ rimaste sulo ’e penne - sulo ’e penne rosse e gialle". Mi allontano subito dall’irriverente accostamento con ogni dovuto rispetto per l’autore di una legge elettorale che ha consegnato il Parlamento ai segretari di partito ma che lui stesso ha avuto l’onestà (tardiva) di definire «immonda». Anche perché l’argomento sollevato dal signor Riera è serio, anzi serissimo, lontano dall’allegria che ispirano le variopinte penne di Cocorito. Ci sono ministri della Repubblica che partecipano alle sedute delle Camere, vanno addirittura a giurare fedeltà alla Costituzione esibendo sulla giacca un distintivo di partito. Perché a questo equivale il fazzolettino o la cravatta o la camicia verdi: a un distintivo di partito. Durante quella che chiamiamo prima repubblica (non ho mai capito bene quando è cominciata la seconda) nessun rappresentante avrebbe osato esporre al ministero o al Quirinale il distintivo della Democrazia cristiana o del partito Comunista. Nella travagliatissima storia italiana c’è un solo precedente di riferimento ed è il distintivo del Pnf (Partito nazionale fascista) esibito durante il Ventennio insieme alla camicia nera. Non sto dicendo che quelli con le camicie verdi siano fascisti ma solo che neri e verdi sono accomunati dallo stesso spregio per le istituzioni che eravamo con fatica riusciti a mettere in piedi e che ora sono di nuovo a pezzi.