ETTORE LIVINI , la Repubblica 23/2/2011, 23 febbraio 2011
DAI PAESI A RISCHIO IL 70% DI GREGGIO E METANO ROMA RESTA "SCHIAVA" DELLE CRISI GEOPOLITICHE - MILANO
Azzerato (da oggi) l´import di gas dalla Libia: 25 milioni di metri cubi – circa il 12% del nostro fabbisogno – pompati ogni giorno dalle coste africane fino a Gela attraverso i 517 km. di tubi del Greenstream. A rischio le 50mila tonnellate di greggio, quasi un quarto di quante ne consumiamo quotidianamente, spedite ogni 24 ore da Tripoli a Roma.
Passano gli anni, cambiano le aree "calde" della geopolitica mondiale, ma la maledizione energetica del Belpaese rimane sempre la stessa: il motore dell´economia nazionale funziona quasi solo a idrocarburi, l´85% del carburante dell´Italia Spa. E i nostri fornitori di materia prima sono paesi "a rischio": Libia (23%), Russia (14,8%), Iran (13,4%), Azerbaijan (13,1%) e Iraq (9,9%) ci vendono da soli tre quarti del petrolio che consumiamo. Algeria (31%), Mosca (28%) e Tripoli (12%), ci forniscono il 70% del gas. Risultato: ogni volta che si chiude uno di questi rubinetti – come è successo negli ultimi inverni con i gasdotti russi e oggi con quello libico – l´Italia rischia di andare in tilt. Oggi, per fortuna, l´allarme non è rosso. Certo l´azzeramento di Greenstream è un problema. Anche perché il peso del gas sulla bolletta energetica tricolore è salito dal 15% del 1979 al 39% attuale. Ma la situazione del mercato, dove l´offerta in questo momento è superiore alla domanda, lascia ampi margini di manovra per riempire altrove il vuoto lasciato da Tripoli.
I dati elaborati dagli esperti della Staffetta quotidiana parlano chiaro: il Tag, il gasdotto che dalla Russia arriva fino a Tarvisio viaggia in questi giorni al 60% della sua capacità (107 milioni di metri cubi al giorno), il Transitgas – che veicola attraverso la Svizzera gli idrocarburi di Norvegia e Olanda – lavora a mezzo servizio dopo la chiusura per frana di fine 2009. E solo il Transmed, il cordone ombelicale che lega i giacimenti algerini all´Italia, opera vicino alla sua capienza massima di 99 milioni di metri cubi al dì.
Spazio nei tubi, insomma, ce n´è. E il rigassificatore di Rovigo – che funziona con Gpl in arrivo dal Qatar – lavora a pieno ritmo. Non solo: i grandi produttori tricolori hanno rinunciato nei mesi scorsi (con salate penali) a onorare ordini ingenti di materia prima e in qualsiasi momento potrebbero riaprire questi contratti. E in otto depositi "strategici" nel sottosuolo italiano sono stipate riserve per 3,8 miliardi di metri cubi, pari al fabbisogno nazionale di 30 giorni, più che sufficienti per traghettarci senza troppi patemi d´animo verso la bella stagione, periodo in cui i consumi vanno a picco.
L´Italia, insomma, dovrebbe riuscire a dribblare nel breve termine la crisi libica senza troppe difficoltà. L´Opec ha oggi una capacità non sfruttata di 4,9 milioni di barili di petrolio al giorno, quasi cinque volte la produzione di Tripoli. Le scorte strategiche mondiali – Belpaese compreso – sono pari a 1,5 miliardi di barili, quanto basta per garantire 2 milioni di barili al giorno per due anni di fila. L´unico vero rischio è il pedaggio salato da pagare alla fiammata dei prezzi che in questi giorni, con il caos per le strade del mondo arabo, sono già schizzati alle stelle.
Il vero problema del Belpaese però rimane. Roma fatica a diversificare le sue fonti d´energia e la loro provenienza geografica. Alexei Miller, interessatissimo ad della russa Gazprom ce l´ha sottolineato a mo´ di promemoria appena un paio di giorni fa: «Dopo il caso Libia, la questione della affidabilità delle forniture deve essere analizzata molto più criticamente di quanto è stato fatto sinora», ha detto. Se in effetti oltre a Greenstream chiudesse un altro dei gasdotti (com´è successo nel 2010 con il Transitgas) l´economia tricolore finirebbe per rischiare davvero grosso. Solo il 15% dell´energia che bruciamo, del resto, non arriva da idrocarburi. La Francia è a quota 48%, la Germania al 37%, il Regno Unito al 24%. Numeri che condannano Roma a un rischio geopolitico altissimo e a una bolletta energetica da brividi che nel 2011 dovrebbe arrivare al record storico di 60,4 miliardi di dollari.