Michele Ainis, Il Sole 24 Ore 23/2/2011, 23 febbraio 2011
CARTE IN TAVOLA PER CAMBIARE (BENE) LA CARTA
La Costituzione non è un tabù: si può cambiare. Non è un tabù nemmeno la giustizia, né la giustizia costituzionale. Ma la riforma della Consulta, annunciata a gran voce dal presidente del Consiglio, rischia di celebrarne i funerali. È una riforma punitiva, Berlusconi l’ha detto chiaro e tondo: siccome quei giudici lì sono quasi tutti di sinistra, siccome fanno politica sotto mentite spoglie, siccome s’ostinano ad abrogare le leggi votate in Parlamento (in realtà le annullano, presidente: e c’è una bella differenza), adesso gli cambiamo i connotati.
Ma il tribunale costituzionale non diventerà più giusto e più autorevole a forza di castighi. Ed è sbagliata la premessa che dà benzina alla riforma. O meglio, ne è sbagliata l’interpretazione. Giacché è vero che le sentenze costituzionali assumono valenza politica, tuttavia succede in tutto il mondo. E succede per la semplice ragione che ogni sentenza ha una legge per oggetto, e la legge rappresenta il veicolo della decisione politica, lo strumento per imporla a tutti i cittadini. Se vogliamo spoliticizzare la Consulta, dovremmo chiederle d’arbitrare i campionati di calcio balilla, e pure in quel caso ci sarà sempre qualcuno che s’arrabbierà.
Sennonché l’errore è doppio, tocca anche la volontà persecutoria che accecherebbe il tribunale costituzionale, trasformandolo in un bastian contrario per l’esecutivo in carica. No, è vero l’opposto, basta contare le sentenze che azzoppano questa o quella legge rispetto alle pronunzie che viceversa accendono il verde del semaforo. Le prime sono mosche bianche, e non da oggi. Altrimenti la Consulta, in mezzo secolo e passa di giurisprudenza, non avrebbe forgiato un intero arsenale di strumenti (come le sentenze interpretative) per risparmiare alla politica il trauma dell’incostituzionalità.
Ma a quanto pare c’è ugualmente bisogno d’una cura, anzi di un’iniezione ri-costituente, per quei 15 signori un po’ avanti negli anni. Berlusconi ha annunciato in primo luogo una modifica nella composizione della Corte, sia pure senza specificarne i contenuti. Però attenzione, perché il mix brevettato dai costituenti (5 giudici eletti dalle Camere, 5 dalle magistrature superiori, 5 nominati dal capo dello Stato) fin qui le ha garantito prudenza e competenza. Vorremmo forse che li scelgano interamente le assemblee parlamentari? L’idea non sarebbe troppo nuova. Venne fuori durante i lavori della Costituente, ma infine fu respinta perché - disse Ambrosini - se il custode della politica nasce dal ventre della politica allora è un figlio inutile: il controllato non deve controllare il proprio controllore. E di chi era l’idea? Dei comunisti, di Togliatti e anche di Nenni; per Berlusconi un precedente imbarazzante.
È invece inedita l’altra trovata del presidente del Consiglio: d’ora in poi, maggioranza dei due terzi (10 su 15) per decidere l’annullamento di una legge. Una regola così non esiste in nessun tribunale costituzionale al mondo, ma per carità, la patria del diritto ha pur diritto d’offrire alla patria un altro primato di diritto. Altrove succede che si potenzino le garanzie d’indipendenza, il regime delle incompatibilità, i requisiti per accedere al tribunale costituzionale. Ma il voto in camera di consiglio viene espresso a maggioranza, nessun ordinamento reclama una supermaggioranza, una maggioranza al quadrato. Nessun ordinamento converte una pattuglia di giudici in veto-players, in signornò con la paletta alzata. Se proprio vogliamo andare a caccia di curiosità costituzionali, si può citare il principato d’Andorra, dove decide il relatore della causa, a meno che tutti gli altri siano in disaccordo; ma è faccenda ben diversa.
Perché? Non tanto per l’argomento evocato in questi giorni, ossia perché in talune ipotesi la Consulta verrebbe imbavagliata, incapace a dire sì, impotente a dire no. In realtà con questa riforma un sì 9 a 6 a favore dell’incostituzionalità si tradurrebbe in un no tondo e sonoro, e buona notte ai suonatori. Piuttosto la ragione è un’altra: se in futuro sarà molto difficile bocciare leggi incostituzionali, significa che diventerà più facile approvarle e mantenerle in vigore. Significa perciò che la nostra Carta diventerà di carta straccia.