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 2011  febbraio 23 Mercoledì calendario

IL RAIS DETESTATO DAI FRATELLI ARABI

«Sono un leader internazionale, decano dei capi arabi, il re dei re dell’Africa e l’imam di tutti i musulmani», diceva Gheddafi l’anno scorso all’ultimo vertice della Lega Araba, a casa sua. Proprio per questo, come presidente uscente dell’organismo e soprattutto in qualità di re dei re, con l’addensarsi della tempesta la settimana scorsa il colonnello aveva annunciato che per il 2011 non ci sarebbe stato nessun altro vertice.

Gli iracheni si sono offesi. Toccava a loro organizzarlo il 29 marzo, per la prima volta a Bagdad dopo 20 anni. «Gheddafi non ha alcuna autorità per annullarlo». Il tema del summit doveva essere come trasformare la Lega in un’Unione araba sul modello di quella europea. Non si capisce tuttavia se sia più surreale Gheddafi a decidere per tutti i 22 leader del Medio Oriente, gli iracheni a pretendere che lo show debba continuare, la Lega l’anno scorso a percepirsi come un’unione alle soglie del cataclisma. O i 22 ambasciatori arabi accreditati nell’organizzazione regionale che ieri pomeriggio sono stati convocati per discutere «degli ultimi avvenimenti» e che hanno deciso di sospendere la Libia dagli incontri dell’organizzazione. Dalle finestre del palazzo bianco del Cairo, quartier generale della Lega, due terzi più piccolo del vicino ministero degli Interni egiziano, gli ambasciatori potevano ammirare piazza al-Tahrir.

«Chi ti ha portato al potere? Sei un bugiardo e la tomba ti aspetta», aveva gridato a Gheddafi il saudita Abdullah, allora solo principe reggente. Era il marzo 2003 a Sharm el-Sheik e il colonnello lo aveva appena accusato di favorire l’invasione americana dell’Iraq che sarebbe incominciata pochi giorni più tardi. Caso rarissimo, la tv egiziana di stato aveva deciso di dare in diretta i lavori della Lega Araba. D’improvviso il collegamento s’interruppe, sostituito da un documentario storico: Nasser, re Faysal, i soldati egiziani che nel 1973 riconquistano la sponda orientale del canale di Suez, occupata dagli israeliani.

Erano passati sei anni, nel 2009, quando a Doha il sovrano del Qatar inaugurò un altro vertice della Lega con il tradizionale discorso ai "fratelli". Tutti i leader arabi si chiamano tra loro "fratelli". L’emiro al-Thani aveva appena incominciato quando Gheddafi lo interruppe guardando di nuovo il saudita Abdullah, come se la lite di Sharm el-Sheik fosse stata interrotta qualche minuto prima. "Sono sei anni che eviti un confronto con me", gli gridò il colonnello. «Sono le tue bugie che ti stanno spingendo verso la tomba, sei stato creato dagli inglesi e protetto dagli americani».

Non c’è vertice della Lega Araba nel quale Gheddafi non abbia dato spettacolo, a volte diventando l’unica attrazione di quegli avvenimenti. E sono pochi i paesi arabi nei quali in 40 anni Gheddafi non abbia tentato di destabilizzare il regime di qualche "fratello": usando Carlos, Abu Nidal e tutti i parafernalia del terrorismo d’allora. Una decina di anni fa, quando decise di rinunciare alle armi di distruzione di massa, Gheddafi incominciò a fare grandi affari con gli occidentali, diventando un «bravo ragazzo». Gli arabi con lui non hanno fatto nemmeno gli affari. Per questo non avranno rimpianti se domani ci sarà un "fratello" di meno.