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 2011  febbraio 23 Mercoledì calendario

A TUTTA CORRUZIONE

Sono una ventina di righe in un discorso più ampio, ma pesano come una condanna senza appello per chi nel governo continua a propagandare la “lotta alla corruzione”. Il procuratore generale della Corte dei conti Mario Ristuccia le allega alla relazione che apre l’anno giudiziario del massimo organo contabile della Repubblica, davanti al capo dello Stato Giorgio Napolitano, al presidente della Corte Luigi Giampaolino che ha parlato prima di lui, al presidente del Senato Renato Schifani, al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e a una nutrita pattuglia di ministri tra i quali Angelino Alfano e Renato Brunetta.
In quelle poche righe della relazione scritta, l’estensore Alfredo Lener, viceprocuratore generale della Corte dei conti, boccia il progetto di legge “per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella Pubblica amministrazione” con constatazioni ineludibili: “Sebbene il testo appaia per molti aspetti carente, a cominciare dal fronte dell’accertamento e della repressione di tali condotte, il disegno di legge risulta fermo all’esame del Senato”. Non bastasse questo, aggiunge: “Non è stata ancora ratificata la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione (Strasburgo, 1999) già da tempo sottoscritta dall’Italia, con la conseguenza che il nostro sistema non è stato ancora adeguato alla nuova e più rigorosa disciplina dei delitti contro la P.A. e contro l’industria e il commercio con i quali si concretizza la creazione di fondi neri, che a loro volta costituiscono il necessario punto di passaggio per le successive attività di corruzione”.
POI LA STOCCATA : “Né appaiono indirizzati ad una vera e propria lotta alla corruzione il disegno di legge governativo sulle intercettazioni, che costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili allo scopo e neppure l’aver dimezzato con la cosiddetta legge Cirielli del 2005 i termini di prescrizione per il reato di corruzione ridotti da 15 a 7 anni e mezzo, con il risultato che molti dei relativi processi si estingueranno poco prima della sentenza finale, sebbene preceduta da una o due sentenze di condanna e con conseguenze ostative per l’esercizio dell’azione contabile sul danno all’immagine”.
In questo contesto la crescita del 30% di questi reati sembra apparire quasi naturale. I dati raccolti dalle banche dati di Carabinieri, Guardia di finanza e Corpo forestale dello Stato, riportati nella relazione, segnalano per l’appunto un incremento del 30,22% dei reati corruttivi rispetto al 2009, “mentre si riscontra un decremento rispettivamente del 14,91% e del 4,89% per i reati concessivi e di abuso d’ufficio”. Questi stessi dati ci dicono però anche che le forze di polizia hanno “denunciato complessivamente 708 persone per corruzione, 183 per concussione e 2290 per abuso d’ufficio”, cifre che rappresentando una diminuzione rispetto al 2009 “pari all’1,39%, al 18,67 e al 19,99%”.
Il danno economico è sostanzioso. Le 350 sentenze emesse dalle sezioni regionali della Corte dei conti danno per somma la cifra di oltre 250 milioni di euro di danni patrimoniali, cui si sommano i 3 milioni e mezzo per i cosiddetti danni all’immagine, intendendo con questa quella della Pubblica amministrazione.
LA CORTE, per bocca del suo presidente Giampaolino mostra dubbi anche sulle norme del federalismo e sulla formula della cosiddetta “Imu”, la tassa sugli immobili che dovrebbe nelle intenzioni andare a rimpinguare le casse dei comuni. “La Corte ha evidenziato il rischio che, nel complesso, l’impianto previsto possa produrre squilibri in termini della dislocazione territoriale del gettito fiscale (principio cardine del nuovo assetto) e di incertezza sulla sua effettiva invarianza”, afferma il presidente, che poi nella relazione estesa, spiega: “In proposito, la Corte ha segnalato che la limitazione dell’ambito impositivo municipale – stante l’esclusione della tassazione sulla prima casa – potrebbe comportare la penalizzazione dei comuni che non abbiano una decisa vocazione turistica e di quelli con scarse attività industriali e commerciali, comuni che, nella maggior parte di casi, sono già tra i più poveri d’Italia”. Insomma, la nuova sistemazione di fisco municipale, che il presidente della Repubblica ha rimandato alla Camere dopo il tentativo di farlo passare con un decreto d’urgenza, potrebbe, a detta dei magistrati contabili “produrre squilibri e, di conseguenza, tensioni non controllate, con inevitabili riflessi sulla tenuta dei conti pubblici”.