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 2011  febbraio 23 Mercoledì calendario

RICETTE DI GREEN ECONOMY

Basterebbe il 2 per cento. Per innescare la transizione mondiale verso la «Green economy», un’economia di efficenza energetica e bassa intensità di carbonio, basterebbe investire in modo accorto il 2% del valore annuo del Prodotto interno lordo mondiale - oggi pari a circa 1,3 milioni di milioni di dollari - in dieci settori fondamentali dell’economia, dall’agricoltura all’industria ai trasporti.
Così sostiene uno studio compilato da una rete internazionale di economisti ed esperti per conto dell’Unep, il Programma dell’Onu per l’ambiente, che lo ha presentato ieri a Nairobi, Kenya. Lo studio elenca in primo luogo i dieci settori chiave necessari all’economia verde: agricoltura, costruzioni, produzione di energia, pesca, produzione forestale, industria, turismo, trasporti, gestione dei rifiuti e gestione idrica - ovvero, i settori fondamentali dell’economia tout court. Dice l’Unep: investire in ciascuno di questi settori in modo da favorire il minore uso di combustibili fossili, l’efficenza energetica, la conservazione di risorse naturali, garantirebbe una crescita dell’economia globale a un tasso pari se non più alto di quello prevedibile secondo i modelli economici attuali, creando lavoro - senza però il rischio crescente di shock, scarsità e crisi comune nell’attuale sistema ad alta intensità di energia e di produzione di carbonio. Non solo. Lo studio sostiene che investire in Green economy sarebbe un catalizzatore importante per i paesi «in via di sviluppo», dove gran parte del Pil (soprattutto per gli strati più poveri della popolazione) è direttamente legato al «capitale naturale», come le foreste e le risorse idriche. Lo studio fa molti esempi, e molto concreti, citando anche iniziative già in atto. Un esempio è l’India, con il suo sistema nazionale di «occupazione rurale garantita» (Nrega, National rural employment guarantee act): la legge indiana garantisce a ogni nucleo familiare rurale un minimo di 100 giorni di lavoro retribuito all’anno, di solito in programmi di piccole opere pubbliche. Lo stato ci investe circa 8 miliardi di dollari ogni anno, e ha generato lavoro in programmi di conservazione dell’acqua, irrigazione, piccole infrastrutture rurali, bonifiche. Nell’agricoltura una Green economy dovrebbe investire tra 100 e 300 miliardi di dollari ogni anno per promuovere la migliore gestione dei suoli e dell’acqua, dice l’Unep. E così via, settore per settore. Lo studio sulla Green economy fa parte di un più ampio studio macro-economico pubblicato on-line, ed è un contributo dell’Unep alla preparazione del prossimo vertice dell’Onu su ambiente e sviluppo sostenibile: si terrà in Brasile nel 2012, vent’anni esatti dopo il «vertice della Terra» di Rio de Janeiro dove le nazioni hanno sottoscritto una «Agenda per lo sviluppo sostenibile nel 21esimo secolo». Achim Steiner, direttore esecutivo dell’Unep, faceva notare ieri che il «Rio+20» cade in un momento ben diverso da allora, perché sono ormai realtà «il rapido diminuire delle risorse naturali e l’accelerazione del cambiamento del clima», «dal degrado delle barriere coralline e delle foreste alla crescente penuria di terre produttive, dal bisogno urgente di alimentare e dare energia alle economie all’impatto sempre più vicsibile di un cambiamento del clima fuori controllo». Dice Steiner: far crescere le economie è necessario, in un mondo dove «due miliardi e mezzo di persone vivono con meno di 2 dollari al giorno»: ma «lo sviluppo non si può fare a spese dei sistemi naturali, terra, oceani, atmosfera, che sostengono la sopravvivenza e l’economia di tutti». Crescita economica «verde», bella sfida.