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 2011  febbraio 22 Martedì calendario

L´AMICIZIA PERICOLOSA DEL PREMIER "IL TRAFFICO DI ESSERI UMANI È PROTETTO DA TRIPOLI E GHEDDAFI" - ROMA - È

Silvio Berlusconi a volere l´accordo di amicizia italo-libico. È lui a spazzare dal tavolo tutti i dubbi che avevano bloccato la diplomazia italiana e il governo Prodi dallo scendere a patti con Muhammar Gheddafi. Costi quel che costi, la normalizzazione dei rapporti con Tripoli e l´amicizia con il dittatore libico deve diventare uno dei vanti della politica internazionale del Cavaliere. Il quadro emerge dai cablo classificati ottenuti da WikiLeaks e in possesso de L´espresso che Repubblica anticipa. Leggendoli si colgono le perplessità degli Usa sull´operato del governo Berlusconi. Che dal suo ritorno a Palazzo Chigi nel 2008 incontra il dittatore libico otto volte. Gheddafi - è il convincimento della diplomazia a stelle e strisce - è ben contento di essere "sdoganato" dal premier italiano nel vano tentativo di entrare nel salotto buono della politica europea.
Che il Colonnello sia un leader con il quale fare i conti in Europa lo sanno tutti. Da presidente della Commissione Ue Prodi lo riceve a Bruxelles. Da premier negozia l´accordo di partnership tra Italia e Libia, ma ne blocca la firma. Troppo esose le richieste di Gheddafi, sproporzionate da un punto di vista economico e politico. Troppo scarse le garanzie sul rispetto dei diritti umani per gli immigrati. Poi, nella primavera del 2008, al governo torna Berlusconi che dopo pochissimi mesi vola a Bengasi per firmare lo storico "Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione" che mette fine ai dissidi sui danni coloniali italiani. Eppure solo pochi mesi prima il nostro ambasciatore a Tripoli, Francesco Trupiano, spiegava agli americani gli ostacoli e i dubbi sulla trattativa. Il cablo "confidenziale" diretto al Dipartimento di Stato di Washington è del 7 novembre 2007. L´ambasciatore Usa a Tripoli fa un resoconto dell´incontro con il collega italiano. Che senza mezzi termini definisce il Colonnello e la leadersphip di Tripoli interlocutori «dalla mentalità corsara». Con loro, aggiunge, non sarà facile chiudere in tempi brevi alcun accordo. «Non hanno una reale visione strategica, fanno un danno a loro stessi insistendo su legami tattici tra concessioni e compensazioni». Insomma, i libici trattano come al Suk, non ascoltano le richieste italiane e continuano ad alzare il prezzo. Soprattutto «insistono sul fatto che gli è dovuta un´autostrada che l´ex premier Silvio Berlusconi ha offerto di finanziare durante una visita a Tripoli del 2004». La famosa autostrada da 5 miliardi che pochi mesi dopo Berlusconi regalerà a Gheddafi (salvo poi trovarsi in difficoltà a reperire i fondi per la sua costruzione).
Così il 30 agosto 2008 l´accordo viene firmato a Bengasi. Pochi giorni dopo Trupiano ne spiega i contenuti all´ambasciata americana. In un file classificato rivolto al Dipartimento di Stato i diplomatici Usa descrivono con costernazione la cerimonia con Berlusconi alla presenza dai discendenti delle vittime del colonialismo e commentano: «Il governo libico era ansioso di concludere quest´anno lo storico trattato con l´Italia all´interno della recente apertura all´Europa».
Anche dopo l´entrata in vigore dell´accordo i libici restano un partner "corsaro". In un cablo del 17 febbraio 2009 l´ambasciatore Usa, Gene A. Cretz, racconta la «frustrazione» del collega italiano di fronte ai libici che continuano a non collaborare sull´immigrazione. Per Trupiano «non è plausibile» che decine di migliaia di immigrati passino per la Libia «senza almeno il tacito consenso del governo», se non della sua «complicità» nel traffico di essere umani, armi e passaggio di terroristi. Ma il governo Berlusconi continua a trattare Gheddafi da amico.
L´accordo viene finalmente ratificato e nel maggio 2009 la Libia inizia a cooperare. Per la prima volta riprende 500 immigrati respinti dalle nostre motovedette. Cretz racconta che la Libia «non ha voluto prendere a bordo delle sue navi gli immigrati. In un caso ha chiesto all´Eni, che opera in una piattaforma offshore, di rimorchiare un vascello africano alla costa. In un altro ha permesso a una nave italiana di riportare i migranti a terra. Una volta giunti a Tripoli, secondo l´ambasciata italiana, i migranti saranno processati e mandati in un centro di detenzione». Le preoccupazioni americane sono per il loro trattamento (alcuni, scrivono, potrbbero ottenere l´asilo). Tema che invece non sembra interessare il nostro governo. Cretz scrive che per le organizzazioni umanitarie i centri di detenzione sono passati da «poveri e affollati ad accettabili», ma con l´arrivo di nuovi immigrati «le condizioni probabilmente peggioreranno». E conclude allarmato: «Il governo libico tiene famiglie e gruppi nazionali insieme per facilitare le deportazioni di massa su voli charter verso l´Africa occidentale».
Ma i problemi che l´Italia incontra con i libici, mentre Berlusconi riceve Gheddafi a Roma, riguardano anche la sicurezza. Una fonte italiana informa i diplomatici Usa a Tripoli che il Colonnello sta «deliberatamente ritardando» la distruzione delle armi chimiche prevista dalla firma della convenzione internazionale Cwc. Un´informazione tanto allarmante da spingere l´ambasciatore Cretz a chiedere a Washington di intervenire. Intanto gli affari con l´Italia continuano.