GIULIA ZONCA, La Stampa 22/2/2011, pagina 12, 22 febbraio 2011
L’asso nella manica per tutte le stagioni alla sfida più difficile - Nell’elenco delle cariche c’è la garanzia: vicepresidente e ministro degli esteri del Comitato olimpico internazionale, commissario straordinario dei Giochi del Mediterraneo di Pescara, supervisore dei Giochi di Torino 2006, presidente del Coni ai tempi dell’ultima candidatura romana alle Olimpiadi (1997)
L’asso nella manica per tutte le stagioni alla sfida più difficile - Nell’elenco delle cariche c’è la garanzia: vicepresidente e ministro degli esteri del Comitato olimpico internazionale, commissario straordinario dei Giochi del Mediterraneo di Pescara, supervisore dei Giochi di Torino 2006, presidente del Coni ai tempi dell’ultima candidatura romana alle Olimpiadi (1997). Ogni volta che questo Paese deve presentare un progetto sportivo all’estero chiama lui: Mario Pescante. Un limite per l’Italia che evidentemente non ha tanti uomini su cui contare, ma una continua promozione per Pescante che oggi è una delle personalità più forti dentro al Cio. E ora è a quel mondo, il suo, che deve parlare. Ha raccolto un ruolo che iniziava a dare imbarazzo ed è questo che di solito fa, nella seconda parte della sua carriera, l’aggiustatutto. Quando una città barcolla in attesa di un evento, quando un comitato non trova l’intesa, quando serve qualcuno che abbia le conoscenze giuste sbuca il suo nome. Frequenta le scrivanie dello sport da tutta la vita, prima esperienza come accompagnatore della delegazione italiana nel 1968, i turbolenti Giochi del Messico in cui ha subito messo a fuoco l’importanza della diplomazia. Nel 1993 diventa presidente del Coni e poi si lascia coccolare dalla sinistra, negli anni ulivisti, mentre porta a spasso il progetto Roma 2004. Non va bene, anche se in realtà è una corsa impossibile perché quei Giochi se li arpiona Atene ben prima del voto, ma lui decide di uscirne da colpevole. Politica conciliante e frasi quasi sempre estreme, per lasciare un segno. Dopo quella sconfitta dice: «Dovevo essere io a cercare i consensi», poi gli toccano le dimissioni. Il Coni viene travolto dallo scandalo doping, inchieste insabbiate e giudizi dubbi, e Pescante è costretto a lasciare la poltrona. Non ha alternative visto il pantano dentro cui sta, però trovare qualcuno che molli e accetti le responsabilità è difficile. Riemerge dal momento buio come deputato azzurro, con Forza Italia nel 2001 diventa sottosegretario allo sport e tira dritto, muta, esce dal parlamento e si trasforma in un ambasciatore. L’uomo da chiamare quando l’Italia è nei guai. Corre a puntellare Torino alla vigilia dei Giochi invernali e firma il successo con un’altra frase ad effetto: «Ho azzerato i vertici, ho messo ordine», salvo poi calmare gli indignati «non volevo offendere nessuno». Nelle assegnazioni dei Giochi 2012, quelli andati a Londra, è di nuovo al centro della discussione. I britannici sostengono sia stato lui a spostare la maggioranza a loro favore, Pescante sfodera sorrisi e l’ennesima risposta da ricordare: «Queste occasioni sono l’unico momento di gloria per noi componenti del Cio. Ognuno vale un voto, tutti ci corteggiano: anche un proletario come me conta quanto Alberto di Monaco. Poi torni all’anonimato». Bugia, è uno abituato a essere protagonista e ormai conosce bene i meccanismi che portano a destinazione un’Olimpiade. È esperto, capace e negli ultimi mesi ha lavorato per uno storico e delicato accordo tra Israele e Palestina: le due federazioni lavoreranno insieme per prepararsi ai prossimi Giochi, gente che di solito, alla meglio, si evita starà fianco a fianco. Adesso è pronto a tornare dall’altra parte, non più quello «corteggiato per i voti» ma chi deve portarli a casa. L’ultima volta che è successo era un’altra epoca, lui doveva ancora scalare la gerarchia del Cio, diventare vicepresidente, il primo italiano a riuscirci, doveva ancora trasformarsi nell’aggiustatutto. All’ennesima chiamata risponde: «Ho sentito che c’è qualche problema legato alla politica», pronto a calmare le acque. E può riuscirci: Pescante da Avezzano (coincidenza, stesso paese di Gianni Letta) ha amici da ogni parte. Appena uscito l’accordo sul suo nome si sono abbassate le quote dei bookmakers per puntare su Roma vincente. Anche per gli scommettitori è una garanzia.