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 2011  febbraio 22 Martedì calendario

Un business da 10 miliardi che fa tremare Piazza Affari - Un business colossale, che tra partecipazioni azionarie, commesse e contratti vale, secondo gli analisti, più di 10 miliardi di euro

Un business da 10 miliardi che fa tremare Piazza Affari - Un business colossale, che tra partecipazioni azionarie, commesse e contratti vale, secondo gli analisti, più di 10 miliardi di euro. E questo il peso della Libia nella finanza italiana. Un peso che il regime del Colonnello Muammar Gheddafi ha pian piano ampliato e diversificato investendo e facendo affari nei pezzi più pregiati di Piazza Affari: nel petrolio, già dagli anni ‘60 con l’Eni, di recente nell’industria strategica e militare con Finmeccanica, nel settore bancario con Unicredit e nelle costruzioni con Impregilo. L’Italia è il primo partner commerciale della Libia, ha un interscambio di 11 miliardi e nel Paese sono presenti 130 aziende italiane. Insomma non c’è da stupirsi se la crisi libica ha mandato al tappeto la Borsa di Milano. Per Piazza Affari (-3,6%) ieri è stato il peggior tonfo dal giugno scorso, quando i timori sulle banche per una crisi di liquidità in Europa avevano fatto crollare le Borse. Eni Il colosso petrolifero, guidato dall’ad Paolo Scaroni, ieri ha perso il 5% in Borsa, sui timori di tagli alla produzione di petrolio e gas in Libia. Eni è il primo gruppo di gas e petrolio in Libia, con una produzione di idrocarburi nel 2009 di 244 mila barili, su un totale di 1,8 milioni a livello mondiale. Tripoli rappresenta, secondo Banca Akros, il 13,4% della produzione totale. L’intesa con la Libia estende la durata dei titoli minerari di Eni in Libia fino al 2042 per le produzioni a olio e al 2047 per quelle a gas. Anche sulla base di questi accordi, gli analisti sono scettici sul rischio di una perdita totale della produzione libica. «Inoltre - aggiungono da Banca Akros - la Libia non può fare a meno degli investimenti dei grandi gruppi petroliferi occidentali». Unicredit Le tensioni in Libia hanno scosso i soci e il titolo Unicredit (-5,6%) con Tripoli che, attraverso la Banca Centrale libica e la Lybian Investment Authority, è azionista col 7,2% della prima banca italiana. Una partecipazione che ai prezzi attuali vale circa 2,7 miliardi. A farsi portavoce delle preoccupazioni degli azionisti è Andrea Comba, presidente della Fondazione Crt che di Unicredit ha il 3,3%. «Siamo abbastanza preoccupati per la situazione. Certo qualche rischio per la partecipazione c’è, ma prima di prendere decisioni dobbiamo chiarirci le idee», sottolinea Comba che precisa che a breve potrebbe esserci una consultazione tra le fondazioni. Da CariVerona, altro socio forte col 4,6%, la linea è quella dell’attendismo. Mentre l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, sparge acqua sul fuoco e sottolinea che la banca segue «con attenzione» l’evolversi della situazione «ma per il gruppo non c’è da preoccuparsi». Finmeccanica Preoccupazione c’è anche da parte del governo italiano sui libici che di recente sono entrati col 2%, nel capitale del colosso militare Finmeccanica. Un tema che verrà discusso nel vertice di oggi a Palazzo Chigi tra il premier Silvio Berlusconi e i ministri degli Interni, Roberto Maroni, della Difesa, Ignazio La Russa, degli Esteri, Franco Frattini, e dello Sviluppo, Paolo Romani. Il gruppo, guidato da Pier Francesco Guarguaglini, ha commesse in Libia per un miliardo di euro, nei settori dell’aerospazio, dei trasporti e dell’energia. Impregilo Con -6% il gigante delle costruzioni è il più colpito in Borsa. Impregilo è impegnata in opere edilizie e infrastrutture per circa un miliardo di euro. Ma Massimo Ponzellini, presidente di Impregilo e Bpm si dice «ancora ottimista perché abbiamo segnali che i nostri cantieri non dovrebbero soffrire». ...e le altre Tripoli è presente dal 2008 con la Lybian Post, le Poste libiche presiedute da Gheddafi, all’interno del capitale di Retelit.La società libica ha rilevato il 14,8% nell’operatore di telecomunicazioni. La banca libica è ancora presente nel capitale della Juventus, con una quota del 7,5%, un’alleanza che ha portato a giocare la Supercoppa italiana del 2002 proprio a Tripoli. E poi in Libia sono presenti aziende italiane come il gruppo siderurgico Danieli, Prysmian che ha commesse per 35 milioni e Trevi che sta lavorando a progetti edilizi a Tripoli.