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 2011  febbraio 22 Martedì calendario

Mercenari e 007 fidati Le armi del Colonnello per domare l’esercito - Carri armati e aerei sono solo un aspetto del potere della rivoluzione

Mercenari e 007 fidati Le armi del Colonnello per domare l’esercito - Carri armati e aerei sono solo un aspetto del potere della rivoluzione. Ma non il solo. Le armi non hanno valore senza il potere morale ed economico, com’è stato dimostrato da tutto il Paese». Era il 1985 a Sabha, città in pieno deserto a settecento chilometri da Tripoli; il primo settembre anniversario del golpe che aveva cancellato la monarchia di Idris. Quel giorno non sfilarono in parata, com’era consuetudine ogni anno dal 1969, i soldati e i carri armati: sfilarono solo i Comitati, i miliziani della Rivoluzione verde su cui il Colonnello costruiva la profonda, capillare ramificazione del suo fegatoso e cannibalesco potere assoluto. È antica la diffidenza che Gheddafi ha per i militari: da vecchio golpista vittorioso sa che le caserme nel Maghreb sono un incubatoio di insofferenze e di soprassalti ribelli. Ieri come oggi. Per questo ha eliminato metodicamente, anno dopo anno, i tredici «giovani ufficiali» che, applicando il modello nasseriano, avevano liquidato al suo fianco, nel nome di un ascetismo nazionalista, la monarchia. Lui è rimasto sempre tenente colonnello, come il giorno della rivoluzione. Un modo per far capire che il tempo era cambiato, il potere non era più sulla punta dei fucili; che non si facessero illusioni, gli uomini delle caserme. Oggi, come in Tunisia e in Egitto, sono i generali che in questi anni ha umiliato a decidere se la rabbia popolare, le città in rivolta diventeranno una rivoluzione e fino a quando questo istrione stanco resterà al potere. Destino eterno di tutti i golpisti, destinati a essere vittime dello stesso destino che li ha creati. Nel 1985 la decisione di non far sfilare le truppe non fu soltanto una scelta politica o di immagine: fu una punizione e una precauzione. Era la conseguenza di un tentativo di ammutinamento per far scendere il dittatore dal suo infangato piedistallo. Che allora fallì: perché non c’erano le piazze in fiamme e la rabbia popolare a fiancheggiare la decisione dei generali. Settori dell’esercito, e in particolare l’aviazione, hanno sempre diffidato dei deliri politici della Guida suprema, del suo baccanale rivoluzionario parolaio bluffista incontinente, dilapidatore della manna petrolifera, le sue parole d’ordine abracadabranti: li irritavano i rapporti con il terrorismo internazionale e le donchisciottesche sfide al Satana americano. Le scombinate volontà di annessione del leader, poi, rischiavano di trascinare il Paese nel caos. Le avventure militari, come il tentativo di annessione del Tibesti che provocò la reazione francese, sono naufragate in dure sconfitte. Il Colonnello ha sempre sognato di creare un grande Stato arabo naturalmente guidato da lui, ha sempre sofferto di essere costretto nei limiti di un Paese desertico e poco popolato. Il petrolio sarebbe servito per alimentare le sue ambizioni, gli serviva un vicino grande e povero da annettere e da trasformare in fanteria della sua rivoluzione. Quell’anno voleva invadere la renitente Tunisia, aveva già previsto i piani di attacco. Alcuni generali si rifiutarono di obbedire, gli uomini di una base aerea vicino al confine, che dovevano bombardare il territorio vicino, progettarono invece di annientare la residenza del colonnello per tagliare la testa al regime. Anche un’unità dell’esercito tentò di marciare su Tripoli. Una sessantina di ufficiali furono arrestati e giustiziati, silenziosamente. La prima volta, precursori sfortunatamente in anticipo sui tempi: oggi i nomi di quei ribelli sfortunati diventeranno forse strade e piazze di una Libia liberata e riconoscente. L’esercito non è mai stato l’architrave del potere di Gheddafi: semmai i servizi segreti, che sono monopolizzati dai suoi fedelissimi parenti. Per tenere a bada l’esercito, infido e ripetutamente golpista in questi 40 anni, il colonnello ha costruito, secondo il modello delle dittature degli Anni 30, una forza alternativa, di miliziani. Contro la piazza in rivolta utilizza come ultima difesa i mercenari. I soldati sono stati però decisivi contro gli islamici nel 1996. I folli di Dio arroccati nel fortilizio della regione di Jebel al Akhbar, la montagna verde a Est del Paese (regione ribelle che aveva già dato del filo da torcere al generale Graziani negli Anni 20) sognavano di creare un’altra Algeria. Utilizzando anche gli aerei, 45 mila militari si scontrarono per giorni con le milizie islamiche annientandole, con parte della popolazione che li appoggiava. Il bilancio dei morti è rimasto ignoto. La stampa ufficiale parlò di «manovre di addestramento».