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 2011  febbraio 22 Martedì calendario

MOSCA RILANCIA I GASDOTTI

Gli scontri che anche ieri hanno insanguinato la Libia pongono da giorni il problema dei rifornimenti di petrolio e di gas dal paese nordafricano, tra i principali produttori mondiali e terzo in Africa per risorse. Ed è altrettanto scontato che i concorrenti non si lascino sfuggire l’occasione per mettere in risalto la sicurezza dei loro rifornimenti, a confronto delle incertezze provenienti da Tripoli e da altre capitali dell’area.

A «riflettere» su questa nuova situazione è stato ieri, in una tavola rotonda internazionale, Aleksey Miller, a.d. del colosso russo dell’energia, Gazprom.

Secondo il manager serve «una nuova riflessione sull’affidabilità delle forniture all’Unione europea e soprattutto all’Italia». La stessa Gazprom ha firmato per altro, la settimana scorsa, un accordo con Eni che assicura l’ingresso alla sua controllata petrolifera, la GazpromNeft, nel progetto di sfruttamento del giacimento libico Elephant.

Dunque, per Miller, la sicurezza del progetto South stream, cui partecipa Eni, è fuori discussione e «vedrà presto l’ingresso di nuovi partecipanti. Non abbiamo dubbi che la prima parte del progetto verrà conclusa per il 2015», ha affermato Miller. La realizzazione della pipeline, progetto nato da un accordo tra Gazprom ed Eni nel 2007, tarda a partire. Miller ha voluto fugare la teoria che a rallentare il progetto contribuiscano perplessità italiane, assicurando che nell’ultimo incontro a Roma, la settimana scorsa, «le due parti non hanno rilevato alcuna divergenza fondamentale. Accordi e negoziati con nuovi azionisti vanno avanti. Noi ed Eni speriamo che nel prossimo futuro, già nel 2011, si arrivi a un accordo finale con i francesi di Edf».

L’a.d. di Gazprom ha anche annunciato che la Russia potrebbe presto siglare una road map con la Ue sul gas sino al 2050. «Stiamo discutendo questioni che vanno oltre il quadro decennale, in particolare una road map sul gas», ha detto durante un incontro stampa a Mosca. «Lavoriamo sulla base di contratti a lungo termine e con ogni probabilità dobbiamo fare previsioni fino al 2050». La questione di un’agenda del gas con l’Ue sarà discussa nel fine settimana a Bruxelles, dove è atteso il premier Vladimir Putin.

Gazprom ha poi negato le indiscrezioni circa la sospensione della seconda fase del progetto del gasdotto Nord Stream. La seconda fase procede invece secondo le previsioni, ha ribadito il portavoce, Sergei Kupriyanov. Il Nord Stream, per il 51% di proprietà di Gazprom, gestirà un gasdotto di 758 miglia che collegherà la Russia e la Germania attraverso il Mar Baltico, passando attraverso le acque di Finlandia, Svezia e Danimarca.

Sul fronte libico, intanto, così come molti altri gruppi italiani e internazionali, Eni sta rimpatriando i dipendenti non «strettamente operativi» e tutti i familiari dei dipendenti. La società ha precisato tuttavia, in una nota che, almeno per ora, «non ravvisa alcun problema agli impianti e alle strutture operative» in Libia. Eni, in Libia dal 1959, è il primo produttore straniero nel paese, con una produzione di circa 244 mila barili di petrolio equivalente al giorno.

Inevitabili, anche ieri, le ripercussioni della crisi libica sui prezzi petroliferi. Dopo i rincari registrati la settimana scorsa, i listini sono decisamente aumentati. A metà seduta, a New York, il prezzo del Wti era di 91,94 dollari al barile; ma soprattutto il prezzo del Brent del Mare del Nord, più indicativo dell’andamento dei prezzi petroliferi in Europa, è schizzato a 105,58 dollari.

Di fatto, in Libia è stata bloccata la produzione di 50 mila barili al giorno, secondo David Fyfe, a capo della divisione Industria petrolifera e mercati dell’Aie. Fyfe ha inoltre affermato che l’Aie è in «forte allerta» per potenziali interruzioni della fornitura petrolifera a causa delle proteste politiche in Nord Africa e in Medio oriente. Secondo diversi analisti, tuttavia, sarebbero da escludere gravi ripercussioni sulle forniture di greggio. Messi insieme, i paesi produttori di greggio, dove si registrano tensioni sociali, garantiscono circa 4 milioni di barili di petrolio al giorno, secondo Lawrence Eagles, di JP Morgan. Mentre secondo l’Agenzia internazionale per l’energia il resto dell’Opec dispone di un argine di aumento delle forniture da 5 milioni di barili al giorno.