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 2011  febbraio 22 Martedì calendario

FELTRI, C’È UN SEGRETO SUL CASO BOFFO

Vittorio Feltri custodisce un grande segreto. Quello sul caso Boffo: «Una storia che non è ancora stata raccontata fino in fondo. Io so come è andata veramente, di chi sono le responsabilità. Mi sono preso tutta la colpa, sono rimasto col cerino in mano, ci ho messo la faccia e sono stato punito dall’Ordine dei giornalisti.

Ma, in realtà, io non c’entravo nulla. La notizia me la portò Alessandro Sallusti. E a lui non la passò di certo il portinaio sotto casa, ma qualcuno di molto importante». È questa, secondo Feltri, l’unica storia ancora da raccontare sui suoi 15 mesi (agosto 2009 - dicembre 2010) al Giornale. Non ci sono misteri, invece, sui motivi per i quali ha divorziato dal quotidiano a fine 2010 per tornare a Libero. Anche se l’attuale direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, sottolineava domenica sera a Niente di personale, su La7, che «sarebbe interessante che Feltri spiegasse la vera storia per cui ha lasciato Il Giornale. Feltri, ogni tanto, entra in conflitto con sé stesso. Si diverte col gossip tra me e la Santanchè. Ma io e Daniela formiamo una accoppiata, non una coppia».

Domanda. Allora, direttore Feltri, ci dica i veri motivi per i quali ha mollato Il Giornale...

Risposta. Se Sallusti sa qualcosa, che lo dica. Ma lui sa bene che non ci sono segreti. Ho ricevuto un’offerta da Libero, l’ho ritenuta interessante, l’ho accettata. Poi al Giornale mi hanno fatto una controproposta ancor più interessante, da un punto di vista remunerativo. Ma avevo già dato la mia parola a Maurizio Belpietro, volevo andarmene, l’ho fatto. Stop.

D. Ma Sallusti dice che ci sono altri motivi. Perché?

R. Sallusti forse non ricorda un po’ di cose. Per esempio, io sapevo che sarei stato sospeso dall’Ordine. E, un paio di mesi prima di andarmene dal Giornale, mi sono dimesso da direttore responsabile e ho fatto sì che a quell’incarico salisse proprio Sallusti. Con lui mi sono sempre comportato bene: l’ho portato a Libero, l’ho portato al Giornale, e quando me ne sono andato non l’ho abbandonato su una scrivania in un ufficio periferico. No, l’ho fatto diventare direttore. Da lui mi aspettavo almeno un mazzo di fiori. E invece arrivano solo battutine. Capisco che in tv uno debba dire cose un po’ forti. Ma, lo ripeto, non ci sono segreti.

D. Lei, in una intervista pubblicata su ItaliaOggi dell’11 gennaio 2011, disse: «Sallusti e la Santanchè sono una coppia. Non so se sono una accoppiata». Sallusti, però, dice di aver smentito in tutte le salse di essere fidanzato con la Santanchè. Quindi?

R. Guardi, nella mia carriera mi sono occupato di tante cose, ma mai di cronaca rosa. Secondo me Sallusti-Santanchè non sono un’accoppiata, e, ho detto allora, al massimo sono una coppia. Non è che vado a chiederglielo, a me cosa me ne frega. Però, a un certo punto, uno fa delle ipotesi. Comunque, non posso dire con certezza del rapporto tra i due. Diciamo che c’è una forte amicizia.

D. Sallusti, però, ci tiene a sottolineare che lui con la Santanchè forma una accoppiata...

R. A me non piaceva dire che erano una accoppiata. Potrebbe sembrare, per esempio, che la Santanchè partecipi a dettare la linea del Giornale. Ma so con certezza che lei non ingerisce.

D. Anche lei a battutine non è male... Quindi nessun lato oscuro, siamo proprio sicuri?

R. Niente di oscuro. Io di giornali ne ho diretti una decina, e sono tantini. E quando me ne sono andato l’ho sempre fatto o perché ero stanco, o perché avevo ricevuto offerte interessanti. A fine 1997, per esempio, sono andato via dal Giornale, nonostante i successi, perché ero stanco e avevo avuto uno scazzo con l’editore Paolo Berlusconi. Ma ho deciso io di lasciare, non sono mai stato licenziato. Uno, allora, dovrebbe chiedermi anche come mai nel 1989 lasciai Il Corriere della Sera: ero inviato, facevo la bella vita, eppure lasciai. Perché?

D. Perché?

R. Mi offrirono la direzione dell’Europeo. Era il momento di crescere, di mettermi alla prova.

D. Vabbè, allora tutto chiaro sulla sua seconda direzione al Giornale, non c’è più nulla da dire?

R. Mah, a dire la verità ci sarebbe qualcosa ancora da raccontare...

D. Cosa?

R. Per esempio, perché è successo il fatto di Boffo. Io mi sono preso tutte le responsabilità, ma so bene di non averne alcuna. Il cosiddetto caso Boffo è nato perché qualcuno è venuto da me e mi ha raccontato qualcosa in maniera, diciamo così, molto autorevole. Io, poi, ci ho messo la faccia e sono rimasto col cerino in mano. Gli altri, invece, hanno tirato indietro il sedere.

D. Chi fu a raccontarle la vicenda Boffo?

R. Fu Sallusti. Ma a lui la notizia non era arrivata dal portinaio sotto casa. La ricevette da fonti molto autorevoli...

D. Da chi?

R. No, la vera storia non la racconto. Mi sono preso la condanna dall’Ordine dei giornalisti, e ora non dico niente. Però qualcuno potrebbe raccontarla...(alcune indiscrezioni portano a fonti interne alla Chiesa, altre ai servizi segreti, ndr)

D. In che rapporti è rimasto con Sallusti?

R. Buoni. Pochi giorni fa siamo andati a cena insieme con la Santanchè. Non ho litigato con lui. Ma non c’è nessun segreto sui motivi del mio addio al Giornale.

D. Lei è direttore editoriale e socio di Libero: un bel problema lo stop ai contributi pubblici arrivato dall’Agcom, vero?

R. Sì. Credo che Libero possa andare avanti lo stesso, grazie all’aumento delle diffusioni e della raccolta pubblicitaria. Però è seccante che per colpa del Riformista si siano affossati i contributi di Libero. Penso anche che la decisione dell’Agcom sia stata presa sulla base di sensazioni, con un giudizio più politico che sul merito della vicenda.