Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  febbraio 22 Martedì calendario

LETTERE

Man mano che si avvicina la data del 17 marzo 1861 che festeggia i 150 anni dell’Unità d’Italia, fioccano le pubblicazioni, le manifestazioni e le mostre risorgimentali, come quella intitolata «Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana. Francesco De Sanctis e l’Unità d’Italia», che il 22 febbraio a Roma, al Palazzo del Quirinale, sarà aperta al pubblico fino al 3 aprile.
L’iniziativa lodevole cade in un Paese che da tempo ha smarrito il senso del Risorgimento e delle sue radici, e che perciò rischia in concreto di diventare «un volgo disperso che nome non ha», diviso com’è tra l’antirisorgimento dei nordisti e le nostalgie neoborboniche dei meridionali.
Filo conduttore della mostra sarà il manoscritto autografo della celebre «Storia della letteratura italiana» del critico-scrittore irpino, con il quale si intende rendere omaggio alla lingua e alla letteratura italiana ma anche valorizzare la figura di De Sanctis letterato, filosofo e uomo politico geniale quanto poco letto e conosciuto. E questo perché la sua opera è stata paradossalmente museificata tramite due edizioni critiche meritorie (una completa, presso l’editore Einaudi, diretta da Carlo Muscetta, e l’altra incompleta, presso l’editore Laterza, diretta da Luigi Russo) e improntate a criteri testuali rigorosi, ma che in pratica hanno impedito al pensiero desanctisiano di incontrare il lettore mediamente colto e non specializzato.
In questo senso legittimo era il disappunto di Giulio Einaudi quando, in un libro-intervista pubblicato nel 1991, dichiarava a Severino Cesari di essersi «stufato di pubblicare tutto De Sanctis», perché «non è mai stata molto Einaudi questa linea dei mattoni, delle opere complete di un autore che rimangono poi lì confinate in se stesse e non vivono come opera singola, come avventura del libro e del pensiero nell’incontro con un lettore».

Lorenzo Catania, insegnante di Italiano e Storia, 58 anni, Catania