Alessandro Calvi, Il Riformista 19/2/2011, 19 febbraio 2011
SULLA PROSTITUZIONE POTREBBE SFANGARLA
SULLA CONCUSSIONE MENO -
La battaglia accusa e difesa se la giocheranno in dibattimento. Potrebbero giocarsela soprattutto sulla prostituzione minorile. Quella sulla concussione, infatti, potrebbe essere una battaglia già persa per il Cavaliere. E, visto che i tempi della prescrizione sono piuttosto lunghi, Berlusconi potrebbe doversi preparare a una condanna. Forse, anche da ciò dipendono i frenetici tentativi di evitare il giudizio, inclusa quella idea - già stoppata dalla Consulta - di trascinare il Parlamento in un conflitto di attribuzioni di fronte alla Corte Costituzionale. Si finirà, invece, in Cassazione. Il processo, però, il 6 aprile inizierà. Ed è da qui che si deve partire. Già, perché tutto ciò che è accaduto sinora, potrebbe diventare carta straccia, o quasi.
I tre giudici entreranno in aula con in tasca il solo decreto del gip, senza conoscere - processualmente parlando, ovvio, ché i giornali li avranno letti - niente altro che quelle 27 pagine. Sono pagine importanti, certo, e sono anche insolitamente tante. Ma rappresentano il passato, sono soltanto la premessa perché si possa celebrare un dibattimento. È qui, in dibattimento, che il processo trova la propria sostanza e che le prove si formeranno. Questo, sempre che non si ricorra al rito abbreviato o al patteggiamento. In questo caso, il giudizio avverrebbe allo stato degli atti, ovvero sulla base delle carte che accusa e difesa hanno già prodotto. Sembra però che questa possibilità vada esclusa e che si procederà col rito ordinario. E, allora, tutto può accadere.
Potrebbe capitare, per dire, che anche fatti all’apparenza certi, e addirittura certissimi, finiscano per perdere «in pienezza di contraddittorio ed in considerazione degli apporti difensivi, la già ritenuta valenza probatoria». Sono parole del gip Cristina Di Censo o, meglio, parole che il gip ha preso a prestito dalla Cassazione e che doverosamente ha utilizzato per definire i contorni del concetto di evidenza della prova in relazione al tipo di valutazione che spetta al gip, il quale giudica sulla fondatezza delle accuse - stabilendo, come in questo caso, che ce ne è abbastanza per andare a dibattimento senza passare per l’udienza preliminare - e non sulla responsabilità dell’imputato. Eppure, è significativo che tanto spazio - oltre una pagina - il gip dedichi al punto per dire, tra l’altro, che «l’evidenza probatoria positivamente valutata dal gip in ragione degli esiti d’indagine dovrà misurare la propria effettiva consistenza e capacità di resistenza nell’alveo del contraddittorio inter partes, che trova nella fase dibattimentale la massima espansione normativa».
Detto altrimenti, potrebbe capitare che uno dei testimoni chiamato a ripetere quanto già messo a verbale di fronte al pm, fornisca in aula una versione diversa. Certo, il pm, potrà contestargli questa decisione, e sicuramente chiederà l’acquisizione agli atti del verbale il cui contenuto non è stato confermato in aula. Il giudice, a quel punto, nel confronto tra la versione fornita in aula e quella contenuta nel verbale, si formerà una opinione. Ma, naturalmente, non è lo stesso che farsi una opinione sulla base soltanto di un verbale. Ciò detto, è ovvio che peseranno anche le 27 pagine con le quali il gip ha accolto la richiesta della Procura di Milano, disponendo il giudizio immediato per Silvio Berlusconi, imputato di concussione e prostituzione minorile.
Ebbene, quanto alla concussione, il gip scrive che «il fatto è storicamente acclarato» ed è «come tale da consegnarsi al giudizio del tribunale competente per le spettanti valutazioni di diritto e di merito». Quanto al secondo reato, invece, scrive che «le molteplici fonti di prova acquisite, di natura dichiarativa, documentale, intercettativa e investigativa pura convergono nel senso della ricostruzione delittuosa prospettata dall’accusa né, allo stato degli atti, tali esiti probatori paiono efficacemente contrastati dai contenuti delle investigazioni difensive, che in più punti stridono in termini netti con le acquisizioni dell’indagine pubblica, di talché la sede naturale della dialettica probatoria che già si profila è, a maggior ragione, quella processuale richiesta dal pm». È evidente che il tono delle conclusioni del gip in ordine ai due reati siano diverse.
Par di capire, e sul punto in questi giorni si è raggiunta la quasi unanimità nei commenti, che per l’imputazione di concussione la partita sia praticamente chiusa. Secondo la ricostruzione che il gip avalla, infatti, nella notte tra il 27 e il 28 maggio quando Ruby finì in Questura, Silvio Berlusconi «si metteva in contatto con il Capo di Gabinetto del Questore, dr. Pietro Ostuni e rappresentandogli che tale ragazza minorenne, di origine nordafricana, gli era stata segnalata come nipote di Mubarak, (circostanza peraltro palesemente falsa), lo sollecitava ad accelerare le procedure per il suo rilascio, aggiungendo che il Consigliere Regionale Nicole Minetti si sarebbe fatta carico del suo affido e, quindi, induceva il dr. Pietro Ostuni a dare disposizioni alla dr.ssa Giorgia Iafrate [...] , affinché la citata minore El Mahroug Karima […] venisse affidata a Minetti Nicole, così sottraendola al controllo e alla vigilanza delle autorità preposte alla tutela dei minori e in contrasto con le disposizioni al riguardo impartite dal pm di turno».
Sembra una pietra tombale sul destino processuale del premier. D’altra parte, non soltanto lo stesso Silvio Berlusconi nel difendersi ha ammesso quella telefonata: lo stesso ha fatto il ministro Roberto Maroni, riferendo alle Camere, pur cercando di preservare i funzionari di polizia. E su quella telefonata si regge anche la difesa imbastita dai legali del premier. Insomma, non sembrerebbero esserci dubbi su come finirà. Ma, così ragionando, si nega qualsiasi ragion d’essere al dibattimento che, invece, rimane centrale. Non si può, ad esempio, dare per scontato l’atteggiamento processuale dei 3 funzionari di polizia coinvolti nella vicenda. Cosa diranno in aula? E cosa dirà Ruby? E, soprattutto, cosa dirà Nicole Minetti? Alcuni indizi, infatti, non consentono di escludere del tutto che la sua linea difensiva possa entrare in contrasto con quella del premier. E ancora: essendo difficile contestare la ricostruzione storica degli eventi, gli avvocati del premier potrebbero puntare sull’elemento psicologico, sostenendo che la minaccia non fu percepita come tale dai funzionari della Questura.
Ma, soprattutto, il codice dice che c’è concussione quando il concussore «abusando della sua qualità o dei suoi poteri costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro o altra utilità». Ecco, al di là di tutti gli altri elementi che verranno valutati in dibattimento, è proprio l’ultimo a destare - forse anche nello stesso gip - qualche perplessità sulla possibilità di resistenza «nell’alveo del contraddittorio inter partes». Ci si riferisce, qui, alla utilità che, secondo l’accusa, sarebbe consistita nell’occultamento dell’altro reato contestato al premier, la prostituzione minorile, o «per esso l’impunità». Siamo arrivati, insomma, al secondo capo d’accusa.
Dice il codice penale che commette il reato «chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica». Stando a quanto si conosce, sarà difficile smontare l’accusa: ci sono bonifici, intercettazioni, dichiarazioni. E c’è la prova della presenza di Ruby ad Arcore. C’è tutto, insomma, per rinviare a giudizio il premier. Di più: trattandosi di una minorenne, perché si integri la prostituzione non sarebbe neppure necessaria la prova della consumazione di un vero atto sessuale, essendo sufficiente, per così dire, un bunga bunga pesante, circostanza che appare molto più facile da provare per la Procura. Ma, sarà anche banale ricordarlo, rinvio a giudizio non significa ancora condanna. Nel processo basta un granello di sabbia per bloccare la macchina, come accadrebbe se non si riuscisse a provare che Berlusconi conosceva l’età della ragazza. L’argomento, come è noto, è scivoloso, e non serve ricordare la selva di ricostruzioni, affermazioni dichiarazioni comparse in televisione, sui giornali, ovunque, ad opera dei protagonisti che hanno detto e si sono contraddetti proprio su questo punto.
Insomma, il destino di un processo è contenuto nello stesso processo che è una macchina complessa e difficilissima da governare, la quale a volte prende direzioni del tutto inaspettate. È inutile e pericoloso fare previsioni sulla base delle carte dell’accusa e di quelle della difesa. Si dovrebbe piuttosto lasciare ai giudici la serenità di svolgere la propria funzione. Quanto alla politica, ce ne sarebbe comunque già abbastanza per inchiodare Berlusconi, senza legarsi mani e piedi all’esito di un processo. Basterebbe, e sarebbe già un bel passo avanti, ricominciare a fare politica.