Claudio Fazzi, Il Messaggero 21/2/2011, 21 febbraio 2011
ALL’AQUILA “DECLASSATO” SHERLOCK HOLMES
Una ripresa lenta, invocata con forza e disappunto, tra richieste inascoltate, polemiche e aiuti non sempre convinti. Così appassisce il fiore all’occhiello dell’Aquila, quella Università da cui (era stato auspicato da più parti) ripartire immediatamente dopo il sisma. Una “casa” che, prima della notte del 6 aprile 2009, ospitava ventisettemila studenti e che ora incontra difficoltà strutturali e sociali nell’opera improba di mantenere un numero accettabile di iscritti, attraverso un’offerta all’altezza e magari superiore. Gli sforzi che passano, in particolare, per spin-off, ricerca e protocolli d’intesa spesso all’avanguardia, sono frenati da “cadute rovinose” legate, da due anni, a strutture e servizi e, adesso, improvvisamente, pronte a coinvolgere, in un “passo del gambero”, l’immagine e l’offerta innovativa dell’Università. Scienze dell’Investigazione, primo corso di laurea di questo genere istituito in Italia, è da 10 anni un punto di riferimento nazionale per migliaia di studenti. Le crescenti richieste di immatricolazione dimostrano che si dovrebbe potenziare o addirittura creare una facoltà della Sicurezza, tema che assume sempre maggiore rilevanza.
E, invece, gli “Sherlock Holmes” rischiano di ritrovarsi mescolati ai futuri psicologi. Perché è questo il quadro che potrebbe delinearsi il prossimo anno accademico nell’Università dell’Aquila alla luce della possibile, anzi, probabile, chiusura del corso di Scienze dell’investigazione, che verrebbe declassato a curriculum di un corso della facoltà di Psicologia. La terribile prospettiva viene fuori leggendo il verbale della riunione dello scorso 31 gennaio del gruppo di lavoro che si è costituito dentro la Commissione didattica di Ateneo per valutare i problemi della facoltà di Scienze della formazione e, in particolare, del corso di laurea di Scienze dell’investigazione. Problemi relativi al rispetto dei requisiti fissati dal decreto ministeriale del 22 settembre 2010. Nel documento si evidenziano i problemi della facoltà di Scienze della formazione per soddisfare nel prossimo anno accademico i requisiti: quelli quantitativi, 35 prof necessari e solo 22 disponibili, e quelli qualitativi, con nessuno dei tre corsi di studio che raggiunge la copertura del 60 per cento dei settori scientifico - disciplinari: Scienze dell’educazione e della formazione si ferma al 56.8 per cento, Scienze e tecniche psicologiche al 50 per cento, Servizio sociale e politiche sociali al 31.3 per cento.
La soluzione pare peggiore del male. In base al decreto del ministro Gelmini, il gruppo di lavoro afferma che la facoltà «è costretta a “ridimensionare” la sua offerta» e propone un piano, in cui, tra gli altri accorgimenti, è prevista «l’attivazione di un curriculum aggiuntivo di Scienze dell’investigazione nell’ambito del corso di laurea di Scienze psicologiche applicate». Non più corso di laurea, quindi, ma declassamento a curriculum. Scienze dell’investigazione ha un gran numero di docenti a contratto e, quindi, i risvolti occupazionali non sarebbero un problema. I prof di ruolo dovrebbero semplicemente fare le valigie e cambiare facoltà.
«Sarebbe auspicabile - raccomanda, infatti, il gruppo di lavoro - che i docenti maggiormente impegnati nell’attuale corso di laurea di Scienze dell’investigazione, data l’esperienza acquisita nel tempo, fossero disponibili alla “mutuazione”». Francesco Sidoti, presidente e “papà” del corso di Scienze dell’investigazione, senza alcuna polemica, annuncia che non lo è. Spera che non si dia seguito al “progetto”, tanto più che è stato predisposto «un altro documento, in cui si farebbe un passo indietro, anche se non si capisce bene e non si chiarisce». Sidoti, però, è certo che, «se accadesse, non sarebbe un “declassamento”, bensì assisteremmo alla chiusura di Scienze dell’investigazione e all’invenzione di un’altra “cosa”, con altri docenti, altri insegnamenti e altri scopi». «Sarebbe un grave danno per gli studenti passati e presenti in quanto si troverebbero in mano un titolo di dubbia entità; per l’Università intera e per L’Aquila» conclude. Un colpo di spugna, insomma, definito: «Una porcata», dagli studenti di Azione Universitaria, pronti, «se la notizia non sarà smentita, a gesti eclatanti, mirati a non far dimenticare che tali scellerate scelte non possono essere fatte sulla testa degli studenti».