MARCO ZATTERIN, La Stampa 21/2/2011, 21 febbraio 2011
Che cosa fa l’Ue contro gli sbarchi? - La crisi in Libia e nel Maghreb scatena una nuova ondata di sbarchi a Lampedusa
Che cosa fa l’Ue contro gli sbarchi? - La crisi in Libia e nel Maghreb scatena una nuova ondata di sbarchi a Lampedusa. Esiste una politica europea comune per l’immigrazione? «Sì e no. Nonostante i molti impegni presi dal Consiglio europeo, ovvero dai capi di stato e di governo dei 27 stati dell’Ue, un vero e proprio impianto di norme e regole comuni per affrontare i problemi e opportunità legate ai flussi migratori non ha visto la luce. Bruxelles agisce a complemento delle capitali, si occupa soprattutto dell’aspetto dei diritti umani e civili dei cittadini e solo recentemente ha cominciato a intervenire per rafforzare la vigilanza alle frontiere dell’Unione». Non basta l’azione dei singoli Stati? «Quando uno scafista lascia dieci persone a Lampedusa non le abbandona in Italia, ma in Europa, perché c’è la libera circolazione dei cittadini. Il problema di come accogliere il clandestino non è pertanto solo una questione dello stato dove egli sbarca. Ecco perché si richiedono soluzioni collettive». Cosa si è fatto sinora? «Non molto. Una proposta di direttiva del 2001, con cui la Commissione (l’organo esecutivo e il guardiano dei Trattati dell’Ue) fissa una serie di condizioni per accettare gli immigrati non è stata approvata a causa delle divergenze degli stati. Nel 2005 è seguito un piano di azione di più ampio respiro. Oggi ci sono alcune norme comuni, ad esempio per il rimpatrio dei clandestini e la concessione del diritto di asilo. Il pieno consenso fra i Ventisette su un piano da condividere è lontano». Come si pone l’Ue verso l’immigrazione clandestina? Le regole sono contenute nel Patto siglato dai leader nel 2008. I principi chiave accettano la regolarizzazione caso per caso, invitano a concludere accordi di riammissione a livello comunitario o bilaterale con i rispettivi paesi extra-UE, a prevenire i rischi di migrazione clandestina nell’ambito delle politiche di ingresso, rafforzare la cooperazione con i paesi di origine, a lottare con fermezza contro chi sfrutta gli immigrati senza permesso di soggiorno. L’Ue rifiuta inoltre la logica del respingimento indiscriminato. Quanti sono gli illegali che entrano in Europa? Nel 2009 gli stati dell’Ue hanno rilevato 106.200 casi di attraversamento illegale delle frontiere esterne. Dato in calo del 33% sul 2008. Dove puntano i flussi? Una serie di accordi bilaterali ha permesso a Italia e Spagna di ridurre il numero dei casi, mentre in Grecia la dinamica è esplosa, passando dal 50% al 75% del totale dell’Ue. Negli ultimi mesi gli sbarchi sono ricominciati pesantemente anche da noi, risultato della tempesta politica in Nord Africa. La difesa delle frontiere è questione collettiva, no? La responsabilità dei controlli spetta agli stati. Il Patto del 2008 stabilisce che si debbano mobilitare le risorse disponibili per assicurare una vigilanza più efficace di tutte le frontiere esterne. Per questo c’è Frontex. Che cos’è Frontex? Posto che la responsabilità dei controlli delle frontiere spetta agli stati, l’agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne - Frontex - è l’organismo di coordinamento che interviene per assicurare il rispetto delle regole europee. Un controllore che agevola il lavoro del personale nazionale. Esiste dal 2005, ha sede a Varsavia. Che cosa può fare Frontex per l’Italia? Può mettere a disposizione una serie di mezzi europei, in questo caso imbarcazioni e tecnici. La partecipazione alle missioni è comunque lasciata alla solidarietà fra gli stati. E’ un problema? Si, lo è. Sinora i Paesi del Nord non hanno affrontato con entusiasmo la sfida della difesa della frontiera mediterranea. Il loro contributo è stato ridotto e questo ha in parte isolato Roma e Madrid. Il terremoto algerino e egiziano ha risvegliato l’interesse della Francia, che ha guadagnato la consapevolezza di essere una destinazione ambita per chi parla francese. Ci sono altri strumenti comuni? Ci sono numerosi fondi per finanziare iniziative comuni e una serie di entità, fra cui Rabit (Forza rapida di intervento) e il neonato Uesa (Ufficio di sostegno per l’asilo). Ora cosa succede? Su richiesta italiana, l’immigrazione sarà sul tavolo dei leader il 24 marzo. Si spera che l’attualità drammatica risvegli le coscienze. Ma Berlino e le altre capitali settentrionali non hanno ancora deciso di togliere il freno. Un esempio? Germania, Gran Bretagna, Finlandia, Svezia e Danimarca sono schierate apertamente contro il rafforzamento di Frontex. Non sarà una passeggiata.