THOMAS SCHMID, La Stampa 21/2/2011, 21 febbraio 2011
“Berlusconi ha i mezzi per difendersi nel processo” - Signor Presidente della Repubblica, tra poche settimane l’Italia celebra il 150˚anniversario della fondazione del proprio Stato
“Berlusconi ha i mezzi per difendersi nel processo” - Signor Presidente della Repubblica, tra poche settimane l’Italia celebra il 150˚anniversario della fondazione del proprio Stato. Il Paese, invece di gioirne, deve prepararsi ad assistere ad un processo nei confronti del Presidente del Consiglio. Ed il Presidente della Provincia autonoma dell’Alto Adige si rifiuta persino di aderire ai festeggiamenti per l’Unità, dicendo che per lui non c’è nulla da festeggiare. Continua a piacere fare il Presidente della Repubblica viste tali circostanze? «Non è per divertirsi che si è Presidenti della Repubblica. Tra i miei doveri rientra anche quello di gestire situazioni difficili. Tra l’altro io sono molto impaziente di veder svilupparsi le celebrazioni dell’Unità d’Italia. Per me e per tanti altri saranno una buona occasione per renderci conto di quello che abbiamo realizzato per questa nazione con questo Stato. L’Italia è uno Stato tardivo che però, - come la Germania - è riuscito ad assumere un buon ruolo nel concerto delle nazioni. A proposito della Germania: nel nostro Paese i monumenti in memoria all’Unità tedesca sono risultati di dimensioni grandissime, gigantesche – non tanto perché la nostra identità nazionale sia così forte, ma anzi perché è debole. Passando poco fa qui a Roma a Piazza Venezia davanti al Vostro monumento nazionale di Vittorio Emanuele II, ho visto che si tratta di una costruzione poderosa che sovrasta tutto il resto. È debole anche l’identità nazionale italiana? «Un tempo era debole. I nostri due Paesi hanno diverse cose in comune. Come ho già detto, siamo diventati uno Stato nazionale relativamente tardi – si è trattato di un processo laborioso e doloroso. Probabilmente ha a che fare con le insufficienze dei nostri Stati nazionali così come si sono formati, il fatto che successivamente Italia e Germania abbiano imboccato la via del totalitarismo, gli Italiani quella del Fascismo, i Tedeschi quella del Nazismo. Delle affinità tra i rispettivi percorsi storici, entrambe le nazioni se ne resero conto ben presto. Lo si può vedere se si prendono le due figure maggiori per la fondazione dello Stato nazionale, Cavour e Bismarck. Lo Stato nazionale italiano è stato fondato nel 1861, dieci anni prima di quello tedesco. Bismarck ha seguito molto attentamente l’operato del sapiente politico Cavour nel processo dell’unificazione – che all’opposto di lui era un liberale». In questo periodo, tra il 1943 ed il 1945, fascisti ed antifascisti lottarono gli uni contro gli altri. Fu una guerra civile? «Diciamo che c’è stata una componente di guerra civile. C’è stata una guerra di liberazione, una guerra patriottica, perché l’obiettivo fondamentale della Resistenza, sia dei partigiani, sia dei militari che non vollero aderire alla Repubblica di Salò, era di riconquistare l’indipendenza nazionale, insieme con la libertà. Poi è stata anche guerra civile, senza dubbio. Su questo siamo andati oltre una rappresentazione retorica della Resistenza. Ne abbiamo vissuto tutte le facce. Italia e Germania continuano ad essere nazioni deboli? «Decisamente no. Le preoccupazioni che la Germania potesse prendere una strada diversa con la riunificazione, si sono rivelate inconsistenti. E anche l’Italia è divenuta, dopo essersi liberata dal fascismo, una nazione affidabile e sicura di sè. Ciò ha molto a che vedere con l’Europa. È una fortuna immensa che si sia riusciti a creare con l’Unione Europea un’entità responsabile di aver promosso il benessere e in grado di offrire sotto il proprio tetto un’esistenza sicura in una condizione di stabile pace. Il Risorgimento, il movimento di liberazione italiano, è stato animato dal senso di superiorità culturale basata sulla grande storia dell’Italia antica e medievale. E allo stesso tempo da un forte senso di reale arretratezza. Non è rimasto più nulla di questo modello romantico? «La fondazione dello Stato nazionale italiano segna per l’Italia l’ingresso nella modernità. Si è trattato della prima condizione per poter superare l’arretratezza in cui nel complesso eravamo rimasti. La frammentazione in tanti piccoli Stati, tra i quali il più solido Regno di Sardegna, il Regno delle due Sicilie e lo Stato della Chiesa, ci rendevano privi di forza, un’entità insignificante ai margini dell’Europa. Facendo della nazione uno Stato, siamo entrati sulla scena europea. Malgrado tutti i disastri che si sono succeduti, lo Stato nazionale è stata la forma grazie alla quale siamo riusciti a diventare un soggetto politico essenziale in Europa. Ciò è oggi indiscusso». Circa 20 anni fa è crollato il vecchio sistema partitico italiano. Ci sarebbe da pensare che 20 anni sarebbero dovuti essere sufficienti per crearne uno nuovo e stabile. A mio avviso, però, non sembra proprio. «La Sua impressione è giustificata e ben motivata. Non siamo riusciti a trovare un nuovo assetto politico che fosse stabile. Speravamo di pervenire, attraverso riforme elettorali, ad un sistema partitico bipolare solido: da una parte il centro-destra, dall’altra il centro-sinistra, nella chiarezza dell’alternanza. Sembrava essere tanto semplice, ma non lo fu. Vi sono state invece nuove escrescenze, nuove frammentazioni. A ciò si aggiunge che ci sono anche molti personalismi dentro e attorno ai partiti, il ché, in effetti, non contribuisce neanche alla stabilità». Aprendo i giornali italiani, ogni giorno mi imbatto con tenace regolarità già nelle prime pagine in scandali politici, intrighi – ogni giorno, come si usa dire in Germania, «si manda in giro per il paese una nuova scrofa». Non è certo qualcosa di accattivante nei confronti della politica italiana. «In effetti, non è piacevole. Troppo spesso si scelgono toni troppo clamorosi, troppo eccessivi, nel giudizio si manca di misura, molte analisi sono contraddistinte da un certo estremismo. Tutto questo contribuisce a inasprire la tensione politica. I partiti si scontrano, si dividono – tutto questo in un certo modo è normale in una democrazia. In Italia, tuttavia, ciò degenera in una vera e propria guerriglia politica». Fra i partiti? «Sì, fra i partiti, fra i partiti del Governo e quelli dell’opposizione. E poi anche all’interno dei due fronti». Lei crede che l’attuale Governo guidato da Silvio Berlusconi reggerà? «Io credo che un Governo regge finché dispone della maggioranza in Parlamento e opera di conseguenza». È stato appena deciso che il 6 aprile inizierà il processo nei confronti del presidente del Consiglio Berlusconi. Lei che ne pensa? «Penso che abbia le sue ragioni e buoni mezzi giuridici per difendersi contro le accuse. Sia la nostra Costituzione, sia le nostre leggi garantiscono che un procedimento come questo, in cui si sollevano gravi accuse che il Presidente del Consiglio respinge, si svolgerà e concluderà secondo giustizia. Confido nel nostro Stato di diritto». Lei conosceva personalmente lo scrittore e regista Pier Paolo Pasolini ed ha più volte litigato pubblicamente con lui. Pasolini criticò aspramente la politica e la società italiana, Lei lo accusò di dipingere tutto di nero. Come vede le sue critiche oggi? «Conoscevo bene Pasolini, ci incontrammo spesso e ci stimavamo a vicenda. Fu un poeta, un visionario – e le sue visioni erano spesso cupe. Ma senza dubbio presagì alcuni sviluppi che poi si verificarono veramente. Il suo pessimismo non era del tutto infondato». Copyright «Welt am Sonntag»