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 2011  febbraio 21 Lunedì calendario

Storie di ordinario delirio - La prossima volta che vi acco­modate ai tavolini esterni di un bar, guardatevi intorno

Storie di ordinario delirio - La prossima volta che vi acco­modate ai tavolini esterni di un bar, guardatevi intorno. Osservate i dettagli:le sedie,l’ombrellone pa­rasole, le fioriere, il menu scritto col gesso sul treppiede. Guardate, e dedicate qualche secondo a que­sto pensiero: perché io potessi gu­stare questo caffè sotto il sole, c’è chi è dovuto scendere all’inferno. Perché sappi, caro Kafka, che in confronto alle fortezze della buro­crazia italiana, i tuoi tribunali sono placidi come delle bocciofile. Tre tavolini da sistemare fuori, per aumentare un po’ i posti a sedere, per intercettare magari qualche tu­­rista: questo sognava,l’aprile scor­so, la titolare di un bar nel centro di Perugia. Ma in Italia anche i deside­ri più semplici - almeno per chi de­cide di seguire le regole - devono passare sotto il giogo di pratiche, bolli e delibere. La signora lo sa be­ne, e chiede a un architetto (non­ché vicino di casa e amico) di pre­pararle la pratica. L’architetto ac­cetta. Ed entra nell’incubo. Oggi quei tre tavolini ci sono, e il delirio affrontato per averli è diventato un articolo, a firma dello stesso archi­tetto, Luigi Fressoia, sul periodico Perugia, Italia . Ottenuto l’incarico, Luigi si mette di buona lena al lavoro per prepara­re la Dia (dichiarazione inizio atti­vità). Disegna in pianta le pedane in legno sulle quali dovrebbero poggiare i tavolini; elabora dei foto­montaggi per rendere meglio l’idea; allega fotografie - non espressamente richieste, ma Luigi è un professionista scrupoloso - di esemplari di stile (ferro battuto con volute liberty). Il tutto oltre al­la documentazione standard: le planimetrie di inquadramento, il piano regolatore e similari. Nel gi­ro di due giorni Luigi è al Comune di Perugia: sotto il braccio il suo la­voro e in mano una marca da bollo da 14,62 euro, oltre ad altri 60 euro per le spese disegreteria. L’obietti­vo è semplice: ottenere un’autoriz­zazione ambientale. «Manca la do­manda all’Asl per l’autorizzazione alla somministrazione di cibo e be­vande all’esterno e la domanda ai vigili per l’occupazione di suolo» sancisce il funzionario comunale. Luigi quindi va all’Asl, ottiene un modulo e un bollettino da pagare: altri 114 euro. Poi va alla caserma dei vigili. Una gentile funzionaria gli chiede un’altra marca da bollo prima di spiegargli che lei la sua do­manda non può accettarla, perché «manca l’autorizzazione ambien­tale ». Luigi le spiega che è proprio per ottenere l’autorizzazione am­bientale che dal Comune l’hanno mandato lì. La funzionaria riflette, sbuffa e fa uno strappo alla regola. Luigi esce dalla caserma, torna in Comune e consegna tutto. È soddi­sfatto. Il più è fatto. Ora c’è solo da aspettare un po’. Il po’ si tramuta in un mese e mez­zo. È maggio inoltrato quando fi­nalmente Luigi, dopo innumerevo­li­telefonate, scopre che la sua prati­ca è ferma alla Commissione co­munale Paesaggio. «E perché?» do­manda Luigi. «Manca l’autorizza­zione della Sovrintendenza dei Be­ni culturali» spiega il funzionario. «Per tre tavolini? Ma li metto in stra­da, mica in un museo», commenta Luigi; ma la sua è solo logica, quin­di senza effetto contro il moloch burocratico. A Luigi non resta quin­di che andare alla carica della So­vrintendenza. «La pratica è in fase d’istruttoria», gli rispondono alla prima telefonata. «È stata manda­ta dall’architetto per la firma» alla seconda. «È alla firma del Sovrin­tendente » alla terza. «È al protocol­lo d’uscita» alla quarta. «È alla So­vrintendenza archeologica» alla quinta. Luigi esplode: «Ma che c’entra l’archeologia coi miei tre ta­volini? ».«In quella zona c’è il vinco­lo archeologico » la risposta. «Sì ma io mica scavo!». «C’è il vincolo ar­cheo- lo-gi-co» compita il funzio­nario. Burocrazia contro logica, due a zero. I giorni passano, Luigi è sempre più angosciato e la barista, che nel frattempo ha dovuto pagare altri 500 euro tra bolli e bollettini, si af­faccia triste alla soglia del bar so­gnando i tavolini. Alla fine, all’ini­zio di luglio, tre mesi dall’inizio di tutto, dal Comune arriva la telefo­nata: «la pratica è pronta, manca solo l’ultima firma, del dott. R.». «Oggi la firmo», assicura il dott. R. a Luigi,che l’ha subito cercato al tele­fono. «Oggi la firmo», ripete il gior­no dopo. E il giorno dopo ancora. E ancora. È il 9 luglio quando Luigi entra di forza al Comune. Indivi­dua il funzionario, gli porta di pro­pria mano la pratica. Ottiene la fir­ma. Ottiene l’autorizzazione per i tavolini. Esce trionfante dal Comu­ne. E va a prendersi un caffè.